domenica 27 settembre 2020

Una pavida tortora


UMBERTO BELLINTANI

LA TORTORA E L’URAGANO

Il mio piccolo germe di grandezza
vorrei urlasse come
questo fuoco nel cielo divampante.

Come le nubi.
Come il gigante platano che s’incendia nel tramonto,
come la grandiosa morte della belva immane,
come la foresta.

Ma il piccolo germe di grandezza è tenuto in un serraglio
come un gorilla.
E temo che un giorno non riesca a spezzare queste sbarre
e muoia quale un povero
merlo senza un grido.

Amante come sono della bufera vorrei vedere il mondo
avvolgersi di fuoco,
e ogni uomo urlasse d’ebbrezza,
ogni uomo fosse un incendio nell’incendio,
e nel mattino una strepitosa mattina,
un rullo dei tamburi della guerra,
un uragano.

Questo vorrei.
Ma nel mio fondo non sono che una pavida tortora
che fa cru-crù e fugge
a un lieve battito di mani.

(da E tu che m'ascolti, Mondadori, 1963)

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Il poeta mantovano Umberto Bellintani, riecheggiando il Cecco Angiolieri di  “S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo”, vorrebbe avere la potenza di fuoco del tramonto, ardere come un incendio nella sera, rendere visibile la sua grandezza come un uragano. Ma è una mite tortora, timida e spaventata da ogni piccolo rumore.

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FOTOGRAFIA © MRCLEAN1982

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LA FRASE DEL GIORNO
Oh, ma non ho voce per dire quanto credo / che la notte non è per il giorno, / che la pena non è per la pace.
UMBERTO BELLINTANI, Forse un viso tra mille




Umberto Bellintani (Gorgo di San Benedetto Po, 10 maggio 1914 – San Benedetto Po, 7 ottobre 1999), poeta italiano. Diplomatosi in scultura, prese parte alla Seconda guerra mondiale in Grecia e Albania, finendo prigioniero dei tedeschi dal 1943 al 1945. Esordì nel 1953 con Forse un viso tra mille, cui seguì nel 1955 E tu che mi ascolti. Dopo un lungo periodo di silenzio pubblicò nel 1998 Nella grande pianura.


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