sabato 31 agosto 2019

Centenario di Amrita Pritam



Il 31 agosto di cento anni fa nasceva a Gujranwala – ora in Pakistan – la poetessa e scrittrice indiana Amrita Pritam, considerata una dei principali letterati della letteratura in lingua punjabi. Divenne celebre con un'elegia al poeta punjabi del XVIII secolo Waris Shah, espressione della sua angoscia per i massacri durante la divisione dell’India. Come narratrice si fece apprezzare per il personaggio della ragazza hindi Puro, epitome contro la violenza sulle donne, protagonista del romanzo Pinjar. Spirito libero, Amrita Pritam, rifuggiva da ogni convenzione e catalogazione, senza pregiudizi e preconcetti.

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UNA LETTERA


Io – Un libro in soffitta.
Forse una convenzione o un innario.
O un capitolo del Kama Sutra,
o un incantesimo per intime afflizioni.
Ma pare che non sia nessuno di questi.
(Se lo fossi, qualcuno mi avrebbe letto).

Parrebbe che a un’assemblea di rivoluzionari
abbiano ottenuto una risoluzione,
e io ne sono una copia a lungo termine.
Ha stampigliato il timbro della polizia
e non è mai stata aperta in seguito.
È conservata solo a scopo procedurale.

E ora sono venuti alcuni passeri,
con la paglia nei becchi,
e si sono posati sul mio corpo
e si occupano della prossima generazione.
(Che meraviglia occuparsi della prossima generazione!)
I passeri le coprono con le loro ali,
ma le risoluzioni non hanno ali
(o le risoluzioni non hanno seconde generazioni).

Talvolta penso di sentirne l’odore -
cosa c’è nel mio futuro?
La preoccupazione mi fa uscire la rilegatura.
Quando provo ad annusare,
sento solo esalazioni di guano.
O mia terra, il tuo futuro!
Io – il tuo stato attuale.
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UNA CIT


Il grano seminato dalle stelle
È rivenduto al mercato nero;
Scuoto un sacco di nuvole,
Il mercato stasera chiuderà.
La luna è un vitello affamato
Che succhia mammelle inaridite.
Legata a un palo la madre-terra
Lecca la mangiatoia del cielo.

All'ingresso dell'ospedale
Quante parole giacciono malate,
Come verità, giustizia, fede,
— tutta la folla dei valori.
Qualcuno forse prescriverà
Un farmaco salutare,
Ma sembra per il momento
Che il limite è stato raggiunto.

In questa città ci sono posti
Dove vivono i senza-fuoco-né-luogo.
Sono in realtà bisognosi
E la loro vita dolcemente se ne va
La prima notte di vecchiaia
Gli ha detto all'orecchio
Che in questa città la loro giovinezza
Eterna è stata rubata.

La notte è stata fredda, all'alba hanno trovato
Nella via un corpo non identificato.
Il falò brucia e nessuno piange.
È morto un filosofo, un poeta, un mendicante.

Tra le braccia di un uomo una ragazza
Ha gridato, si è morsa a sangue:
Al posto di polizia ridono,
Nei caffè se la godono;
Gli strilloni passano per le strade
Vendendo le notizie per un paisa
Facendo a pezzi il suo corpo.

Sotto un albero di fuoco la gente
Si incontra e ride e canta.
Vorrebbero nascondere che sono morti
Ognuno porta una pietra bianca,
Ognuno vegli sul suo cadavere.

Si sente il rumore delle macchine.
La città è una stamperia
E ogni uomo è una parola isolata,
Ogni profeta un tipografo
Che vuole metterle assieme,
Ma non ne nasce mai una frase.

Questa città si chiama Delhi,
Ma potrebbe averne un altro:
Che importanza ha un nome?

Tra le lenzuola sporche del presente
La notte sogniamo il futuro,
O meglio ci pensiamo, lo immaginiamo,
Prima di inghiottire un sonnifero.




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LA FRASE DEL GIORNO
Pace non è soltanto assenza di violenza. Pace è quando il fiore sboccia.
AMRITA PRITAM




Amrita Pritam nata Amrita Kaur (Gujranwala, Pakistan, 31 agosto 1919 – Delhi, 3 ottobre 2005), scrittrice indiana, considerata la prima donna importante della letteratura del Punjab. Nel 1947, con l’indipendenza del Pakistan, si trasferì in India e iniziò a scrivere anche in lingua hindi.

venerdì 30 agosto 2019

Centenario di Jiří Orten


Jiří Orten, poeta ceco, nasceva a Kutná Hora, capoluogo della Boemia centrale, il 30 agosto di cento anni fa. La sua fu una vita breve, intensa, concentrata sulla poesia che gravitava intorno al gruppo Ohnice (malerba) durante l’occupazione nazista della Cecoslovacchia, e sulle leggi razziali – di famiglia ebrea, si servì di pseudonimi per pubblicare le sue poesie. E tuttavia, in quei pochi anni, prima di essere travolto da un’ambulanza tedesca, e morire due giorni dopo, rifiutato dall’ospedale germanico in quanto ebreo, riuscì a mettere su carta la sua concezione negativa dell’esistenza, caratterizzata dal dolore e dall’angoscia che permeavano del resto tutta una generazione cresciuta con l’incubo nazista.

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IMMAGINE © MUSEO EBRAICO BOLOGNA

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DI CHI SONO?

Io sono dei piovaschi e delle siepi
e delle erbe chinate dalla pioggia
e della chiara canzone che non gorgheggia,
del desiderio che sta chiuso in lei.
Di chi sono?
Io sono di ogni piccola cosa smussata
che mai spigoli ha conosciuto,
dei piccoli animali che reclinano la testa,
sono della nuvola quando è straziata.
Di chi sono?
Io sono del timore che mi ha tenuto
con le sue trasparenti dita,
del coniglietto che in un giardino in penombra
esercita il suo fiuto.
Di chi sono?
Io sono dell’inverno ostile ai frutti
e della morte, se il tempo lo chieda,
io sono dell’amore, di cui sbaglio la porta,
al posto di una mela ai vermi lasciato in preda.

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ECCO LA GRANDE PIOGGIA

Ecco, anima mia, la grande pioggia, da oasi nel deserto,
da paesaggio di pietra, dove non filtra goccia,
ecco, la grande pioggia, diluvio che ci sommerge,
sogno di noi assetati, sogno dove berremo,
sogno dimenticato, sogno di pace perfetta,
sogno di una canzone, da tempo nella tastiera,
ecco, anima mia, la grande pioggia, da nubi
di parole e d’estate, ronzio di finestre e di ruote,
caduta, ma senza dolore, in cui la bellezza non si perde,
soltanto una quiete dolce, paese di biondi capelli,
labbra dischiuse, e mai sul limite estremo,
nembo che passerà fino al cader delle foglie,
e tempo a quel momento, tempi ancora,
che anche all’eterno verranno grigi i capelli,
ecco, anima mia, la grande pioggia, la pioggia che sognavi,
prima che la bonaccia venga, che tu ti risvegli.

(27.3.1940)

(da La cosa chiamata poesia, Mondadori, 1991 - Traduzione di Giovanni Giudici e Vladimir Mikeš)

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LA FRASE DEL GIORNO
La cosa chiamata poesia / quella vorresti fare? / In solitudine singhiozzare / e tanto volere bene.
JIŘÍ ORTEN, La cosa chiamata poesia




Jiří Orten, pseudonimo di Jiří Ohrenstein (Kutná Hora, 30 agosto 1919 – Praga, 1º settembre 1941), poeta ceco. La sua è una poetica che rivela la concezione negativa della vita, fatta di dolore e di angoscia, storicamente rapportata al periodo dell’invasione nazista della Cecoslovacchia.


giovedì 29 agosto 2019

Pensare la gioia


GIOVANNI RABONI

MAI DEL TUTTO FELICE

Mai davvero felice e mai del tutto
infelice – oh, l’ho capito; e mi regolo.
Ma pensare la gioia, almeno quello:
pensarla! e qualche volta , senza farsi
troppe idee, senza montarsi la testa,
annusarla, sfiorarla con le dita
come se fosse (non lo è?) l’avanzo
della vita d’un santo, una reliquia…


(da Barlumi di storia, Mondadori, 2003)

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Andate pure di continente in continente, di regno in regno, di ricchezza in ricchezza, di piacere in piacere: non troverete la felicità che cercate. La terra e quanto contiene non possono appagare un'anima immortale più di quanto un pizzico di farina, in bocca ad un affamato, possa saziarlo” scriveva Giovanni Maria Vianney, più noto come Curato d’Ars. In effetti, come da poesia di Giovanni Raboni, spesso non raggiungiamo la felicità completa - e nemmeno la totale infelicità, per fortuna - ma la avviciniamo, la sfioriamo.

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FOTOGRAFIA © SEBA DEL VAL/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
O forse la felicità / è solo degli altri, d’un altro tempo, / d’un’altra vita e a noi non è possibile / che recitarla come viene viene.
GIOVANNI RABONI, Barlumi di storia




Giovanni Raboni (Milano, 22 gennaio 1932 – Fontanellato, 16 settembre 2004), poeta, critico letterario, giornalista, traduttore e scrittore italiano appartenente alla "generazione degli anni Trenta. Nel solco della tradizione lombarda, elaborò sin dalla prima raccolta Le case della Vetra (1966) una poetica d'intonazione civile ma anche esistenziale con toni piani e sommessi.


mercoledì 28 agosto 2019

Giochi di strategia


ROSARIO CASTELLANOS

SCACCHI

Perché eravamo amici e, a volte, ci amavamo;
o forse per aggiungere un altro interesse
ai tanti che già ci impegnavano
decidemmo di giocare a giochi di strategia.

Collocammo un tavolo davanti a noi
con equità di pezzi e di valori
con possibilità di mosse.

Imparammo le regole, ne giurammo il rispetto
e cominciò la partita.

Siamo rimasti qui per un secolo, seduti, meditando
ferocemente
come sferrare il colpo finale che debelli
in modo inappellabile, e per sempre, l’altro.


(da Giochi di strategia. Antologia poetica, 1989)

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Un gioco di strategia è anche l’amore, secondo la poetessa messicana Rosario Castellanos: del resto non è un contratto il matrimonio? Allora ci sono regole da seguire e mosse che si possono compiere. L’importante è rispettare le norme che regolano il gioco e partire da una base in cui i valori sono identici. La Castellanos rivendica questa parità, che non era certo annoverata in Messico ai tempi in cui visse.

HERBERT ASHWIN BUDD, "LA SCACCHIERA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Per l’amore non esiste cielo, amore, ma solo questo giorno.

ROSARIO CASTELLANOS




Rosario Castellanos Figueroa (Città del Messico, 25 maggio 1925 - Tel Aviv, Israele, 7 agosto 1974), scrittrice, poetessa e diplomatica messicana, inserita nella Generazione dei ‘50, è considerata una delle voci più importanti del XX secolo​, impegnata nelle lotte per i diritti delle donne e degli indigeni.


martedì 27 agosto 2019

I misteri del popolo


PABLO NERUDA

TU TRA QUELLI CHE SEMBRAVANO ESTRANEI

Tu, chiara e oscura, Matilde bruna e dorata,
simile al frumento e al vino e al pane della patria,
lì nelle strade aperte da regni poi divorati,
facevi cantare i tuoi fianchi e somigliavi, antica e terrestre araucana,
all’anfora pura che arse col vino in quella regione
e ti conosceva l’olio insigne delle casseruole
e i papaveri crescendo nel polline di antichi aratri
ti riconoscevano e si dondolavano
danzando nei tuoi piedi rumorosi.
Perché sono i misteri del popolo esser uno ed essere tutti
e uguale è la tua madre campestre che giace nelle crete di Ñuble
alla raffica etrusca che muove le trecce tirrene
e tu sei una brocca nera di Quinchamalí o di Pompei
eretta da mani profonde che non hanno nome:
per questo nel baciarti, amor mio, e nel premere con le mie labbra la tua bocca,
con la tua bocca mi desti l’ombra e la musica del fango terrestre
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(da I versi del capitano, 1952 – Traduzione di Giuseppe Bellini)

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Nel 1951 tra Matilde Urrutia, fisioterapista araucana conosciuta in Messico quando ebbe una flebite, e il poeta cileno Pablo Neruda scoccò una scintilla: lui era sposato da otto anni con Delia Del Carril, una donna argentina, eppure mandò tutto all’aria per la sua nuova Musa. Con Matilde sentiva di poter attingere a qualcosa di arcano che non riusciva a raggiungere: lei era un legame con la terra, era la materia con cui finalmente comprendere l’umanità e la vita, il desiderio e l’amore, la poesia e la bellezza.

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MARY FOX, "DAYDREAMS"

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LA FRASE DEL GIORNO
Due amanti felici fanno un solo pane, / una sola goccia di luna nell'erba, / lascian camminando due ombre che s'uniscono, / lasciano un solo sole vuoto in un letto.
PABLO NERUDA, Cento sonetti d’amore




Pablo Neruda, pseudonimo di Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto (Parral, 12 luglio 1904 – Santiago del Cile, 23 settembre 1973), poeta, diplomatico e politico cileno, è considerato una delle più importanti figure della letteratura latino-americana del Novecento. Fu insignito del Premio Nobel nel 1971.

lunedì 26 agosto 2019

Principessa lontana


DIEGO VALERI

NUVOLADORO

Nuvoladoro, principessa lontana,
lo so che siete una forma bellissima e vana
del mio sogno: una chiara una dolce parola
d’illusione – e null’altro: null’altro; ben so…
Ma pure è per voi, per voi sola,
che il mio cuore smarrito si consola
e alla vita non dice no:
per voi, fiore d’isola perduta,
per voi, riso d’oasi sconosciuta,
amore che ignoro e tanto amo,
amore che disperatamente chiamo:
Nuvoladoro!

(da Crisalide, Taddei, 1921)

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Una principessa lontana, eterea, crepuscolare, è protagonista di questa poesia-favola di Diego Valeri, poeta veneto che amava anche accostarsi alla letteratura infantile. E assomiglia molto ad un’altra figura della poesia crepuscolare, quella Carlotta, amica di Nonna Speranza di Guido Gozzano, “ Ove sei / o sola che, forse, potrei amare, amare d'amore?”

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IMMAGINE © MARTA ORLOWSKA/TREVILLON IMAGES

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LA FRASE DEL GIORNO
Dove vai, stagione d’amore, / luce alta e profumo di prugna, / felicità che mi vuoti il cuore?
DIEGO VALERI, Poesie




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


domenica 25 agosto 2019

Il cerchio è nella squadra


PIERO BIGONGIARI

AL FONDO DELLE IMMAGINI

La zona vicino a Dio è poco battuta,
qualche anatra nera, qualche sterpo, qualche bestemmia,
persino qualche sparo, e un gran silenzio.

Un gran silenzio, una luce falsa, un’aurora che non piglia,
un parapiglia improvviso come un vento di chissà dove,
muta l’atmosfera, un coniglio drizza le orecchie.

Ma io che non ti attendo e non ti cerco ti ho trovato
nella tasca del ladro appesa all’osteria
con poca refurtiva e un attaccapanni di ruggine.

Rugge il fuoco come un’acqua su un carico acceso all’improvviso
dove il gioco si fa attento, manca la carta ladra
cercata nella manica; ma il cerchio è nella squadra

e l’inimmaginabile al fondo delle immagini.


8 novembre ‘68

(da Antimateria, Mondadori, 1972)

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L’incipit e la chiusa sono indubbiamente i pilastri portanti di questa poesia di Piero Bigongiari. Lo scrittore fiorentino indaga a tentoni nell’invisibilità del vero, esplora come Eraclito le zone meno battute, l’inaspettato, l’inconcepibile per trovare infine l’inimmaginabile.

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ANDREW WYETH, "LA GIACCA DI WILLARD"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il caso è il radicarsi che si sradica, così come lo sradicarsi che si radica (s’intende nel proprio moto alternativo). Insomma è l’avverarsi in loco della contraddizione.
PIERO BIGONGIARI, Giornale 1933-1997




Piero Bigongiari (Navacchio, 15 ottobre 1914 – Firenze, 7 ottobre 1997), poeta e critico letterario italiano. Insegnò storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze. È considerato esponente di un ermetismo purista in cui dominano metafisicamente il tema dell’assenza, un forte anelito religioso e la trasfigurazione simbolica della realtà.

sabato 24 agosto 2019

Gioventù menzognera dell’anno


GESUALDO BUFALINO

APPUNTAMENTO PRESSO UN BUNKER ABBANDONATO

Io ti dico parole imparate a memoria:
le ascolti appena, frastornata dalla pioggia
che cade sul bunker di Punta Scalambra
e annunzia lungamente un altro addio.

Com’è lontano il mare, a guardarlo da qui,
da questi strombi sbreccati e inermi,
come lontana anche tu, e cangiata da ieri…
Per rivederti devo chiudere gli occhi.

Devo chiudere gli occhi per rivedere i tuoi,
invaghiti e ridenti, per risentire il fatuo
minuetto tra i tuoi capelli,
i chiusi trambusti del cuore.

Così dunque ci gioca il tempo e ci convince:
basta una raffica sbieca, un giornale che voli,
stremata procellaria, sul dirotto frangente;
quel cencio d’alga che ripugna fra le dita…

poco basta per dirci che l’estate è già morta,
gioventù menzognera dell’anno,
e che di noi, di lei non rimane che un solo
cieco pugno di polvere e di pioggia.

Anch’io, come un maltempo, sopra i tuoi giorni d’oro
recato non ho che deformi
relitti e presagi di fine
e qualche lamentosa fuggitiva pietà.

Un regalo di morte che butterai domani,
questo di me ti lascio, e null’altro, perdonami:
non potevo di più, io non so camminare
che a braccio d’un fantasma, oppure solo.

Ora lo sai, lo vedi: che servirebbe torcersi
le mani, piangere, stampare in un libro
che siamo stati felici, che un altr’anno
incontrandoci qui sorrideremo?

Lasciami allora andare solo incontro alla notte.
Tu resta a guardare la striscia di sole che torna,
l’airone sul grigio cemento lavato
che s’asciuga le vecchie penne.

(da La festa breve, in Opere. Vol. I 1981-1988, Bompiani, 2006)

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Un’estate che finisce, con malinconica dolcezza. E finisce anche un giovane amore, incapace di sopravvivere a settembre, all’autunno, alle occupazioni quotidiane. In questi versi giovanili di Gesualdo Bufalino - “rulli di pianola o vecchie fotografie” come li definì – ambientati in un paesaggio squallido di per sé, il presente si fa già ricordo, è memoria viva da cui è possibile soltanto fuggire.

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FOTOGRAFIA DI WILLY RONIS

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LA FRASE DEL GIORNO
C’è qualcosa che non convince negli amori corrisposti e felici. Sembra quasi che non possa darsi sentimento genuino, se non lo insidia un’impossibilità.
GESUALDO BUFALINO, Il malpensante




Gesualdo Bufalino (Comiso, 15 novembre 1920 – Vittoria, 14 giugno 1996), scrittore, poeta e aforista italiano. Insegnante, si rivelò tardi alla letteratura pubblicando nel 1981 Diceria dell'untore, con cui vinse il Premio Campiello. Con il romanzo Le menzogne della notte vinse nel 1988 il Premio Strega. Il suo stile ricercato, ricco e  "anticheggiante" gli deriva dall’abilità linguistica e da una vasta cultura.

venerdì 23 agosto 2019

O carnale Diotima


GHIANNIS RITSOS

PAROLA CARNALE, 10

Tutti i corpi che ho toccato, che ho visto, che ho preso, che ho sognato,
tutti addensati nel tuo corpo.
O, tu carnale Diotima nel gran simposio dei Greci.
Se ne sono andate le flautiste,
se ne sono andati filosofi e poeti.
I begli efebi dormono già
lontano, nei dormitori della luna.
Tu sei sola nella mia preghiera innalzata.
Un sandalo bianco dai lunghi lacci bianchi è legato alla gamba della sedia.
Sei l’oblio assoluto: sei il ricordo assoluto.
Sei la non incrinata fragilità.
Fa giorno.
Fichi d’ India carnosi scagliati dalle rocce.
Un sole rosa immobile sul mare di Monemvasià.
La nostra duplice ombra
si dissolve alla luce sul pavimento di marmo pieno di cicche calpestate,
coi mazzetti di gelsomini infilati negli aghi di pino.
O, carnale Diotima,
tu che mi hai partorito e che ho partorito,
è ora che partoriamo azioni e poesie, che usciamo nel mondo.
Davvero, non scordare quando vai al mercato
di comprare mele in abbondanza,
non quelle d’oro delle Esperidi,
ma quelle grosse e rosse
che quando affondi nella polpa croccante i tuoi splendidi denti resta impresso,
come l’eternità sui libri, pieno di vita, il tuo sorriso.


(da Erotica, Crocetti, 1981 - Traduzione di Nicola Crocetti)

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L’eros è per il poeta greco Ghiannis Ritsos un elemento che assurge a valore assoluto: è un prorompere di sensualità, incarnato qui in Diotima - il nome della figura sapienziale di donna maestra di Socrate sull’eros nel Simposio di Platone - forza capace di generare amore come quella lussureggiante natura greca fatta di mare e di sole, di fichidindia e gelsomini, di mele e di pini, nella quale continua ad albergare da millenni il mito.

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FOTOGRAFIA © PIXTURY

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LA FRASE DEL GIORNO
Non avevo da aggiungere / altro verso, / altra parola. / Nel tuo corpo vivevo / tutta la poesia.
GHIANNIS RITSOS, Erotica




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.

giovedì 22 agosto 2019

L’alba uguale a un tramonto


IRENE GRUSS

PARLA JOSEPH M. W. TURNER


Cerco di ottenere il tono esatto dell'alba con l'aspetto
del tramonto  La verità non è come la si dipinge.
Nessun mercante può acquistarlo perché
ottenerlo è... impagabile.
Come quando mi sono fatto legare all’albero maestro,
pensi che abbia visto qualcosa?
Mi piacerebbe dire al momento della mia morte,
con un colpo ad effetto, The sun is gone!
Ma no, niente è come si dipinge,
pura distorsione di luce, l'alba
uguale a un tramonto.


(da De piedad vine a sentir, 2019)

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“Il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire” cantava nel 1980 Franco Battiato in Prospettiva Nevskij. Lo stesso tormento del pittore inglese Joseph Mallord William Turner, più noto come William Turner, cui qui dà voce la poetessa argentina Irene Gruss. Turner scavallò il romanticismo nell’impressionismo grazie ai suoi paesaggi, nei quali cercava di interpretare il sublime grazie alla dirompente energia della luce.

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WILLIAM TURNER, "NORHAM CASTLE: ALBA"
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LA FRASE DEL GIORNO
Il mio mestiere è dipingere quel che vedo, non quel che so.
WILLIAM TURNER, citato nel Diario di Ghiorgos Seferis




ireneIrene Gruss (Buenos Aires, 31 agosto 1950 - 25 dicembre 2018), poetessa argentina. Prese parte negli anni ‘70 al gruppo letterario “Mario Jorge De Lellis” innovando il colloquialismo. Tra le sue opere La luz en la ventana(1982), El mundo incompleto (1987), La calma (1991), Sobre el asma(1995) e La mitad de la verdad (2008), opera completa.

mercoledì 21 agosto 2019

Divina estate


DIEGO VALERI

ESTATE

Un fresco sussurrio d’acque correnti:
è il pero che stormisce sul mio capo,
tocco appena da un alito di vento.
Levo lo sguardo dalla bianca pagina
su cui da’ rami piovono fuggevoli
occhiatine di sole abbarbaglianti.
Intorno a me non è che un dondolio
lungo di steli dalla grossa testa
e uno svolio di vespe e di mosconi.

Null’altro vedo dal mio letto d’erba,
se non, in cima al colle, un filaretto
d’azzurri ulivi, dentro il cielo candido.
Ma sento, sento che un’immensa gioia
e un’infinita pace è in ogni cosa,
che in ogni fibra e in ogni infinitesimo
atomo vivo è penetrata e regna
la tua felicità, divina Estate…


(da Umana, Taddei, 1916)

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La pace dell’estate, la dolcezza del riposo - il poeta Diego Valeri legge appoggiato al tronco di un pero carico di frutti maturi e spazia con lo sguardo nel rigoglio del prato, nei filari di ulivi che segnano il dorso di una collina. In quel silenzio, in quel fiorire della natura, in quel cielo azzurro dove galleggiano nuvole bianche si può gustare per un po’ il segreto della felicità.

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CAMILLE PISSARRO, “IL GIARDINO DI FAMIGLIA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Felicità di vaste arie, di nubi / grondanti luce, / di frutti d’oro appesi a rami d’oro. / Felicità del vecchio cuore, / vivo, in amore.
DIEGO VALERI, Calle del vento




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


martedì 20 agosto 2019

Le nostre estati


VITTORIO SERENI

GLI SQUALI

Di noi che cosa fugge sul filo della corrente?
Oh, di una storia che non ebbe un seguito
stracci di luce, smorti volti, sperse
lampàre che un attimo ravviva
e lo sbrecciato cappello di paglia
che questa ultima estate ci abbandona.
Le nostre estati, lo vedi,
memoria che ancora hai desideri:
in te l’arco si tende dalla marina
ma non vola la punta più al mio cuore.
Odi nel mezzo sonno l’eguale
veglia del mare e dietro quella
certe voci di festa.

E presto delusi dalla preda
gli squali che laggiù solcano il golfo
presto tra loro si faranno a brani.

(da Gli strumenti umani, Einaudi, 1965)

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Bocca di Magra, un’estate di vacanza per il poeta luinese Vittorio Sereni: Sembra quasi essere un intervallo nel flusso della vita, un momento in cui le cose si fermano, c’è tempo anche per il ricordo, al riposo si alternano le classiche attività di una località di villeggiatura. Eppure, all’occhio del poeta che analizza le cose con gli “strumenti umani”, con quei mezzi pur precari e insufficienti “con cui noi - uomini, umanità - intratteniamo il rapporto col reale”, già si manifesta quello che avverrà alla ripresa.

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FOTOGRAFIA © NEWSPAGE

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LA FRASE DEL GIORNO
La parte migliore? Non esiste. O è un senso / di sé sempre in regresso sul lavoro / o spento in esso, lieto dell'altrui pane / che solo a mente sveglia sa d'amaro.
VITTORIO SERENI, Gli strumenti umani




Vittorio Sereni (Luino, 27 luglio 1913 – Milano, 10 febbraio 1983), poeta italiano, è il capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, detto “Linea lombarda”. Ufficiale di fanteria, viene fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943. Nel dopoguerra è direttore letterario di Mondadori e cura la prima edizione dei Meridiani.

lunedì 19 agosto 2019

Un ricordo senza nome


LARS GUSTAFSSON

GLI ABITANTI

C’erano alcuni che abitavano su un corso d’acqua,
uno dei fiumi più grandi del mondo, ampio e lucente.
Non lasciavano mai quel luogo, ma vedevano

tutta la vita che c’era a nord e a sud,
le chiatte pesanti e le vele chiare,
la corrente, i vortici e la luce,

e tutte le merci che passavano, davanti ai loro occhi,
c’erano sempre cose grandi e sconosciute,
ma passavano così lente e chiare

che lasciavano un ricordo senza nome.
E restavano comunque un po’ insieme a loro.

Quando poi un vento più sferzante cominciava a soffiare
e arrivavano stagioni senza navi di passaggio,
stavano là come ciechi, con occhi spalancati.

(da Sulla ricchezza dei mondi abitati, Crocetti, 2010 – Trad. di Maria Cristina Lombardi)

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“La vita scorre attraverso il mio tempo, / (…) / Pensieri come bestiame, / avanzano sulla strada per bere, / estati perdute ritornano, ad una ad una”: in fondo tutti noi possiamo immedesimarci negli abitanti di questa città ideata dal poeta svedese Lars Gustafsson, quando ci rendiamo conto dello scorrere del tempo e ci sembra quasi di non avere vissuto, di essere spettatori di questa vita che fluisce.

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FOTOGRAFIA © 680451/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita scorre attraverso il mio tempo, / e io, un volto non rasato, / dove le rughe sono profonde, analizzo / le tracce.
LARS GUSTAFSSON, Sulla ricchezza dei mondi abitati




Lars_Gustafsson_02Lars Gustafsson (Västerås, 17 maggio 1936 – 3 aprile 2016), poeta e scrittore svedese. Dalla fine degli Anni ‘50 ha prodotto una copiosa opera letteraria composta da romanzi, saggi, poesie e racconti. Nominato al Nobel, ottenne la Medaglia di Goethe.


domenica 18 agosto 2019

La donna che ti ama


RAYMOND CARVER

ATTESA

Esci dalla statale a sinistra e
scendi giù dal colle. Arrivato
in fondo, gira ancora a sinistra.
Continua sempre a sinistra. La strada
arriva a un bivio. Ancora a sinistra.
C’è un torrente, sulla sinistra.
Prosegui. Poco prima
della fine della strada incroci
un’altra strada. Prendi quella
e nessun’altra. Altrimenti
ti rovinerai la vita
per sempre. C’è una casa di tronchi
con il tetto di tavole, a sinistra.
Non è quella che cerchi. È quella
appresso, subito dopo
una salita. La casa
dove gli alberi sono carichi
di frutta. Dove flox, forsizia e calendula
crescono rigogliose. È quella
la casa dove, in piedi sulla soglia,
c’è una donna
con il sole nei capelli. Quella
che è rimasta in attesa
fino ad ora.
La donna che ti ama.
L’unica che può dirti:
“Come mai ci hai messo tanto?”

(da Blu oltremare, 1986, in Orientarsi con le stelle - Tutte le poesie, Minimum Fax, 2006 - Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)

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Lo scrittore statunitense Raymond Carver era il profeta del minimalismo, con la sua capacità di scegliere la parola più semplice per condurci lungo la pagina. Appare anche da questa poesia d’amore, dove veniamo guidati passo passo - sì, sembrano un po’ le indicazioni di un navigatore all’inizio, ma poi riconosciamo anche noi quella casa immersa tra i fiori, quel luogo che abbiamo tutti quanti nella testa e nel cuore: siamo arrivati finalmente, abbiamo trovato l’amore.

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DIPINTO DI VICENTE ROMERO REDONDO

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LA FRASE DEL GIORNO
E hai ottenuto quello che / volevi da questa vita, nonostante tutto? / Sì. / E cos'è che volevi? / Sentirmi chiamare amato, sentirmi /amato sulla terra.
RAYMOND CARVER




Raymond Clevie Carver Jr. (Clatskanie, Oregon, 25 maggio 1938 - Port Angeles, Washington, 2 agosto 1988), scrittore, poeta e saggista statunitense. Maestro della narrativa breve, mette in scena gente comune, spesso disperata. La sua opera, concentrata sulla vita quotidiana, è espressa con un voluto linguaggio ordinario e minimale.


sabato 17 agosto 2019

La candida luna



VIVIAN LAMARQUE

ALLA LUNA I

Oh essere anche noi la luna di qualcuno!
Noi che guardiamo
essere guardati, luccicare
sembrare da lontano
la candida luna
che non siamo.

(da Poesie 1972 - 2002, Mondadori, 2002)

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La luna che guardiamo, che osserviamo, “abitante e abitata / inquilina pallida / finestrella e affacciata” per dirla con una seconda poesia della poetessa trentina Vivian Lamarque intitolata alla luna. La luna che ci piacerebbe essere per qualcuno, un bianco disco di luce che risplende nel buio, che mostra la sua apparente bellezza e perfezione.

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IMMAGINE DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Ognuno di noi è una luna e ha un lato oscuro che non mostra mai a nessuno.
MARK TWAIN, Seguendo l’Equatore




LamarqueVivian Comba Provera Pellegrinelli Lamarque (Tesero, 19 aprile 1946) è una scrittrice, poetessa e traduttrice italiana dal francese. Di origini valdesi, ha insegnato italiano agli stranieri e nei licei. Ha ottenuto il Premio Viareggio, il Premio Montale, il Pen Club e, per le fiabe, il Premio Rodari e il Premio Andersen.

venerdì 16 agosto 2019

La scuola che marinavo


EDGAR LEE MASTERS

JOHNNIE SAYRE

Babbo, non potrai mai sapere
quanta angoscia mi strinse il cuore,
per la mia disubbidienza, quando sentii
la ruota spietata della locomotiva
mordermi nella carne viva della gamba.
Mentre mi portavano dalla vedova Morris
vidi ancora nella valle la scuola
che marinavo per salire di nascosto sui treni.
Pregai di vivere finché potessi chiederti perdono
e poi le tue lacrime, le tue rotte parole di conforto!
Dal sollievo di quell’ora mi venne felicità infinita.
Tu fosti saggio a far scolpire per me:
“Strappato al male a venire”.

(da Antologia da Spoon River, 1915)

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Un ragazzo finito sotto un treno la mattina in cui ha marinato la scuola: il poeta statunitense Edgar Lee Masters nella sua Antologia di Spoon River ce lo presenta mentre scambia le sue ultime parole con il padre. La fine, seppure tragica, lo ha liberato dai mali che avrebbe avuto se fosse vissuto: è l’unica consolazione per quel povero padre.

Da questa poesia nel 1971 il gruppo rock progressivo dei Delirium, trasse una omonima canzone inserita nell'album Dolce acqua.

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JOHN ROSS, "JOHNNIE SAYRE"

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LA FRASE DEL GIORNO
La terra emana una vibrazione / là nel tuo cuore, e quello sei tu.
EDGAR LEE MASTERS, Antologia di Spoon River





Edgar Lee Masters (Garnett, Kansas, 23 agosto 1868 – Melrose Park, Pennsylvania, 5 marzo 1950), poeta, scrittore e avvocato statunitense, noto soprattutto come autore dell'Antologia di Spoon River, raccolta poetica di immaginarie epigrafi tombali del cimitero dell’altrettanto immaginaria città di Spoon River.


giovedì 15 agosto 2019

Come cani abbandonati


EWA LIPSKA

UN VERSO RANDAGIO

Un verso randagio vagabonda
nella materia oscura della carta.
Non ha padroni. L’autore l’ha lasciato
in balia del destino. Orfano di parole.

A volte
i versi sono come cani abbandonati
che abbaiano alla poesia.

(da Il lettore di impronte digitali, Donzelli 2017, traduzione di Marina Ciccarini)

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Ce ne sono di versi così, di poesie abbandonate nelle pagine dei libri, nel mare sterminato della Rete. Vagabondano simili a cani randagi, come dice la poetessa polacca Ewa Lipska. Eppure, quando trovano qualcuno che li scorge e li avvicina, abbaiano e lo seguono...

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DIPINTO DI EMANUEL OLOGEANU

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LA FRASE DEL GIORNO
Una piacevole occupazione è quella di prendere delle note, di scrivere degli schizzi. È un po’ come toccare le corde di un violino. Ma poi bisogna comporre la melodia o l’intero concerto.
EWA LIPSKA




Ewa Lipska, (Cracovia, 8 ottobre 1945), poetessa e giornalista polacca della generazione della “Nuova onda”. La sua poesia usa la povertà del linguaggio come strumento di percezione e comunicazione.


mercoledì 14 agosto 2019

Io ancora non ci sono


ADAM ZAGAJEWSKI

ANNI TRENTA

Anni Trenta
Io ancora non ci sono
Germoglia l’erba
Una ragazza mangia un gelato alla fragola
Qualcuno ascolta Schumann
(il folle Schumann,
smarrito)
Che felicità
Io ancora non ci sono
Sento tutto

(da Dalla vita degli oggetti, Adelphi, 2012 - Traduzione di Krystyna Jaworska)

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Guardando una fotografia di Paul Éluard e Salvador Dalí con le compagne Nusch e Gala a Port Llegat nel 1931, ho provato la nostalgia per un tempo in cui non sono mai vissuto – eppure provavo gli stessi sentimenti, sentivo quasi il vento marino passare sui pantaloni bianchi dell’estate. È una nostalgia così quella che prova il poeta polacco Adam Zagajewski per gli Anni Trenta, almeno sei anni prima che nascesse, forse guardando una fotografia che ritrae i suoi genitori in quella che allora era una città polacca, Leopoli, e che oggi è una città ucraina, Lviv.

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FOTOGRAFIA © PENN STATE

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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivo viaggiando – perché volevo vedere, / e non solo sapere – vedere chiaramente.
ADAM ZAGAJEWSKI, Dalla vita degli oggetti




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945) è un poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.

martedì 13 agosto 2019

In ogni stilla


PATRIZIA VALDUGA

TUTTI I MIEI FALSI AMORI

Tutti i miei falsi amori e falsi affanni
mi hanno portata a questa verità.
Ho cinque dieci trenta cinquant'anni:
è un'assemblea di tutte le mie età.
Cara ferocia, crudeltà magnanima:
nel sangue, in ogni stilla stride l'anima.

(da Poesie erotiche, 2018)

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Patrizia Valduga, poetessa veneta, come citato nella presentazione di Poesie erotiche, scrisse che “la poesia è come l’amore, è nostalgia d’indivisibile: entrambi si prefiggono un po’ di perdita di coscienza, un qualche smantellamento di quell’equilibrio infelice che è la nostra identità. Hanno entrambe una funzione erogena e quindi ansiolitica”. Questi versi sono una sorta di presa di coscienza di quell’equilibrio infelice, una riflessione sugli amori perduti o illusori che però ancora lavorano nell’anima: “Scena muta di sogno, ombra di mondo, / un niente di due tutti e di due vite, / piccola eternità, e ore infinite, / pienissima di me, viva di un cuore / che mi sgocciola via senza rumore, / in me ringorgo sotto il mio dolore”.

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DIPINTO DI JACK VETTRIANO

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è in ciò che manca, è l’io che manca.
PATRIZIA VALDUGA, Lezione d’amore




Patrizia Valduga (Castelfranco Veneto, 20 maggio 1953), poetessa e traduttrice italiana, compagna per ventitré anni del poeta Giovanni Raboni. Ha fondato nel 1988 la rivista mensile Poesia che ha anche diretto per un anno. Nelle sue poesie ripristina in forma rigorosa tutti i generi metrici tradizionali, dal sonetto all'ottava, dalle terzine dantesche alle stanze di ballata.


lunedì 12 agosto 2019

Le crespe del prato


EMILY DICKINSON

LA BELLEZZA NON HA CAUSA

La Bellezza non ha causa:
esiste.
Inseguila e sparisce.
Non inseguirla e appare.

Sai afferrare le crespe
del prato quando il vento
vi avvolge le sue dita?
Iddio provvederà
perché non ti riesca.

(da Poesie, Cya, 1947 - Traduzione di Margherita Guidacci)

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La bellezza è inafferrabile: possiamo scorgerla talora, ma, poiché la vita è in un perenne movimento, il suo mistero svanisce e si confonde come un filo d’erba nel verde del prato. Ce lo ricorda con la solita limpidezza del linguaggio la poetessa statunitense Emily Dickinson.

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FOTOGRAFIA © HDQWALLS

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LA FRASE DEL GIORNO
Il guardare una cosa è ben diverso dal vederla. Non si vede una cosa finché non se ne vede la bellezza.
OSCAR WILDE




Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, Massachusetts, 10 dicembre 1830 –15 maggio 1886), poetessa statunitense, è considerata tra i migliori lirici del XIX secolo. La sua vita fu priva di eventi esteriori: dopo i trent'anni scelse un volontario isolamento nella casa paterna. La sua poesia spazia dalle piccole cose della vita quotidiana – la natura, le stagioni – ai grandi temi dell’anima innestati sul tema della solitudine.


domenica 11 agosto 2019

E nient’altro


CEES NOOTEBOOM

LA PRIMA FOTO DI DIO

Questo era il mio aspetto dopo quel primo giorno.
Io, solo con le mie pietre di pietra,
Io, solo con i miei venti di vento.

Era il giorno in cui ero ancora felice,
la terra ancora deserta e vuota,
solo più tardi ho creato gli alberi,
gli animali, l’esercito e quel fotografo.

Spesso ho nostalgia del giorno
in cui l’ho fatto, lui per primo.
Lui e io, insieme nella mia creazione,
io con la mia giacca viola tra i venti di vento,
lui con il suo occhio come uno specchio
sulle mie pietre di pietra,

e nient’altro

(da Bitterzoet, 2000 - Traduzione di Fulvio Ferrari)

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La nostalgia di un tempo perduto, di una pienezza ancora pregna di possibilità, di un futuro davanti ancora da compiere. Ne soffriamo tutti, ne soffre persino Dio, ritratto qui dallo scrittore e poeta olandese Cees Nooteboom in una impossibile istantanea in un suo “paradiso” di terra e di vento, di polvere e deserti.

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FOTOGRAFIA © NASA

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LA FRASE DEL GIORNO
La memoria è come un cane che si sdraia dove vuole.
CEES NOOTEBOOM, Rituali




Cees Nooteboom (L’Aia, 31 luglio 1933), scrittore olandese. La sua opera comprende lavori di poesia, narrativa, drammaturgia, commedia e cronaca di viaggio. È stato più volte candidato al Premio Nobel. Arguto umorista, filosofo penetrante, storico attento, viaggiatore curioso e appassionato, è spesso paragonato a Borges, Calvino e Nabokov.



sabato 10 agosto 2019

Uno stellato firmamento


JUAN RAMÓN JIMÉNEZ

SERA

A volte, le stelle
non si aprono nel cielo.
La terra è quella che brilla
come uno stellato firmamento.

(da Pietra e cielo, 1919 - Traduzione di Claudio Rendina)

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10 agosto, è tempo di Perseidi, di stelle cadenti che sfrecciano nel cielo notturno. Uno spettacolo affascinante che altro non è che la fine di un meteorite. È una bellezza effimera e illusoria, quella bellezza che il poeta spagnolo Juan Ramón Jiménez inseguì ansiosamente per tutta la vita nelle sue poesie, “contemplatore eterno, senza stanchezza / e senza fine, dello spettacolo grandioso ed unico / del sole e delle stelle, mare eterno!”.

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FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
Non stai in te, bellezza innumerevole, / che col tuo fine mi tenti, infinita, / a piaceri senza fine. // Stai in me, che ti penetro / fino in fondo, desideroso, ogni istante, / d’oltrepassare i più occulti nadir!
JUAN RAMÓN JIMÉNEZ, Pietra e cielo




JimenezJuan Ramón Jiménez (Palos de Moguer, 24 dicembre 1881 - San Juan, Portorico, 29 maggio 1958), poeta spagnolo premiato con il Nobel nel 1956, fu uno dei principali esponenti della Generazione del ’14 e del Modernismo. La sua ricerca poetica lo portò a privilegiare la poesia nuda ed essenziale, fatta solo di immagine e di parola al di là della musicalità esteriore.


venerdì 9 agosto 2019

Bussarono alla porta


ROBERT FROST

LA PORTA NON SBARRATA

Dopo molti anni
Bussarono alla porta
E pensai che la porta
Non aveva lucchetto.

Spensi la candela
In punta di piedi
Andai alla porta
A mani alzate.

Ma bussarono di nuovo
La finestra era grande
Misi le gambe fuori
E uscii nella notte.

Dalla finestra
Dissi «Chi è?»
A chiunque avesse
Bussato alla porta.

Bastò un tocco
Per uscire dalla gabbia
Nascondermi nel mondo
E cambiare nel tempo.

(da New Hampshire, 1923 - Traduzione di Luigi Civalleri)

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Questa poesia di Robert Frost si rifà a un evento realmente accaduto in un cottage della Ossippee Mountain nel 1895, dove il peta statunitense, che aveva paura del buio, dormiva solo: quando bussarono alla porta, scappò dalla finestra; solo il mattino dopo risolse il mistero, quando trovò un vicino di casa ubriaco nel prato davanti al cottage! L’episodio colpì molto il poeta, tanto da ricorrere più volte nelle sue poesie: “Quando alla sera chiudevamo casa, / Chiudevamo fuori anche i fiori, / Gli toglievamo la luce alla finestra. / La volta che sognai che frugavano alla porta / E un grattar di bottoni di maniche che la sfioravano / I fiori stavano fuori là con i ladri”.

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RENÉ MAGRITTE, "L'ATTO DI FEDE"
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LA FRASE DEL GIORNO
Una poesia inizia come un nodo alla gola, un senso di sbagliato, una nostalgia di casa, un mal d'amore.
ROBERT FROST




Robert Lee Frost (San Francisco, 26 marzo 1874 – Boston, 29 gennaio 1963), poeta statunitense, vincitore di quattro Premi Pulitzer. Le sue poesie, attraverso la raffigurazione con una notevole padronanza del linguaggio colloquiale della vita rurale del New England all’inizio del ‘900, indagano temi sociali e filosofici. La strada non presa è la sua poesia più celebre.

giovedì 8 agosto 2019

Dinamo d’amore


BARTOLO CATTAFI

A QUESTO PUNTO

A questo punto si giunse
chinati per terra a ringraziare
che il tuo fiato giunga
ai granelli di polvere
alle molecole celesti
che umilmente muova
una piccola dinamo d’amore.

(da L’osso, l’anima, Mondadori, 1964)

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Bartolo Cattafi è poeta dalla teologia negativa, più di Montale, più di Caproni:  Giorgio Bàrberi Squarotti scrive che “con amarezza Cattafi compie uno dei più acuti e mortali esami di coscienza della sua generazione”, realizzando alcuni dei testi più inquietanti del dopoguerra. “A questo punto” è una breve e accurata rappresentazione della condizione umana, sospesa all’infinito e capace di redimersi solo attraverso l’amore.
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RENÉ MAGRITTE, “IL BACIO”

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LA FRASE DEL GIORNO
La mano dell' informe agita scuote masse / di molli materie di molecole / sotto la spinta scivolanti l' una / sull' altra verso / forme sperate modelli progettati / lungo il cangiante cammino fantasioso.
BARTOLO CATTAFI




Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979),  poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi il tema del viaggio è una costante metafora del vivere.

mercoledì 7 agosto 2019

Le ginocchia della notte


MANUEL ALTOLAGUIRRE

NOTTE, ALLE UNDICI

Queste son le ginocchia della notte.
Nulla ancora sappiamo dei suoi occhi.
La fronte, l’alba, la rutilante chioma
verranno più tardi.
Il suo corpo percorso lentamente
da vite senza sogno,
in arance serali
affonda i vaghi piedi, ma le mani
assai per tempo albeggiano nell’aria.
Nel suo petto la luna.
E il sole nella mente.
Altiera. Nera. Sola.
Donna o notte. Alta.

(da Poesie complete, 1960 - Traduzione di Oreste Macrì)

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Del poeta surrealista spagnolo Manuel Altolaguirre scrive Vittorio Bodini: “l’immagine sorprende la struttura dell’oggetto poetico, suscitando nuove dimensioni e moltiplicando all’infinito le prospettive”. È il caso della notte, ritratta come una donna, che allora avrà ginocchia, le sole visibili alle 11, e poi occhi e un corpo e un seno dove come un diadema brillerà la luna.

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BRIAN WHITE, "NOTTE DI STELLE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Voglio salire alla spiaggia / bianca dove le verdi / onde d’un mare ignorato / spruzzano il manto di Dio, / a quel paesaggio infinito, / altissimo, illuminato.
MANUEL ALTOLAGUIRRE, Poesie complete




Manuel Altolaguirre Bolín (Malaga, 29 giugno 1905 – Burgos, 26 luglio 1959), poeta surrealista spagnolo della Generazione del '27. Con i suoi toni intimisti e spirituali cantò l'amore e la solitudine Egli stesso indicò Juan Ramón Jiménez e Pedro Salinas come suoi ispiratori.