lunedì 30 settembre 2019

La ricerca


ADONIS

CENTO POESIE D’AMORE, 4

Ho visto il tuo volto attorno alla casa dipinto su ogni ramo,
mi sono scrollato l’aurora dalle spalle e ho iniziato la ricerca: è venuta?
ho domandato alla rugiada sui rami, ho
domandato al sole se avesse letto
i tuoi passi, dove la notte ti aveva vista, come si erano incamminati
accanto a te i fiori della casa e gli alberi.
Quasi disgiungo i miei giorni e me stesso:
là è il mio sangue e qui il mio corpo - fogli
che le scintille trascinano tra le rovine del mondo.


(da Cento poesie d’amore, Guanda, 2003 – Traduzione di F. Al Delmi)

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L’amore assente eppure così presente: è bellissima l’immagine scelta dal poeta siriano Adonis, “Quasi disgiungo i miei giorni e me stesso”, si vive là dove l’amore è, almeno con il pensiero, anche se distante, anche se perduto, lo si cerca in ogni cosa.

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DIPINTO DI ANASTASIA VALICHLINA

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LA FRASE DEL GIORNO
Certo, quando ci incontreremo / le foreste dei nostri giorni rinnoveranno le foglie, / quei campi che nei nostri corpi sospirano / cambieranno i fiori, e il luogo dell’incontro sembrerà / un letto che la mano / della terra intesse di desiderio e incanto.
ADONIS, Cento poesie d’amore




Adonis o Adunis, pseudonimo di Alī Ahmad Saʿīd Isbir (Al-Qassabīn, 1º gennaio 1930) è un poeta e saggista siriano. È attivo nella la volontà di una rinascita culturale araba, rileggendone il patrimonio in una chiave non nazionalistica o religiosa, ma di apertura alla modernità. È stato più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.


domenica 29 settembre 2019

Poca roba


KARMELO C. IRIBARREN

RITRATTO DEL POETA ADOLSECENTE

Un pacchetto di tabacco,
un libro di poesie
duecento pesetas
per bere qualche birra…

Poca roba, è vero:
ma per me
era sufficiente.
Poi apparvero le donne.


(da Certo che questa storia ti suona. Antologia 1985-2005, 2012)

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L’adolescenza che procede così, tranquilla, tra fumo e birre, motociclette, pochi amici con cui condividere il bar o il sole di una piazzetta. Anche quella del poeta spagnolo Karmelo C. Iribarren. Una comoda e placida età, un cielo azzurro in cui all’improvviso si affaccia un lampo sotto forma di ragazza, un po’ come accade nel Pulp di Charles Bukowski: “Poi la porta si spalancò. Ed entrò quella donna”.

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IMMAGINE DA PINTEREST

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LA FRASE DEL GIORNO
Non so cosa abbiano [le donne] / (oltre quello che hanno) / ma senza dubbio / è magico.
KARMELO C. IRIBARREN, Certo questa storia ti suona





IribarrenKarmelo C. Iribarren (San Sebastián,  19 settembre 1959), è un poeta spagnolo, autodidatta. Associata al “realismo sporco” di Bukowski e Carver, in realtà la sua è una poesia più minimale, molto spesso frutto di osservazione della strada e dei bar, che l’ha fatta definire “realismo pulito” e “poesia di esperienza”. Tra le sue raccolte poetiche Serie B, Dal fondo del bar, Ondata di gelo, Attraversando la notte, La pelle della vita.


sabato 28 settembre 2019

Vestita di suono


MANUEL ALTOLAGUIRRE

MONDO SONORO

Vestita di suono,
con la sua pelle di parole,
esce alla luce del giorno
la mia vita ricordata.

Non pensate di vedere
in nebbia l’ombra sua vaga.
Sotto la luce del sole
ve la vorrei mostrare,

senza un solo fiume mancante,
senza celare montagne,
con un cielo completo
coi suoi mari e le sue spiagge.

Di fronte al mondo sonoro
il silenzio dell’anima.


(da Poesie complete, 1960 – Traduzione di Oreste Macrí)

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Vestiti di suono. Così il poeta surrealista spagnolo Manuel Altolaguirre vuole che i suoi ricordi vengano visti. Eppure, la sua è poesia spoglia, scarna fino all’inverosimile, povera di suoni e di colori: la luce del sole, la nebbia evocata, fiumi, montagne, spiagge e cieli senza alcuna indicazione, proprio come si vedono sulle mappe. E una mappa egli viene a creare, una cartina geografica della sua vita dove alla fine, libera da ogni orpello, in opposizione alla sonorità del mondo, risplende silenziosa l’anima.

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VLADIMIR KUSH, “DIARIO DELLE SCOPERTE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non son ricordi, è la vita.
MANUEL ALTOLAGUIRRE, Poesie complete




Manuel Altolaguirre Bolín (Malaga, 29 giugno 1905 – Burgos, 26 luglio 1959), poeta surrealista spagnolo della Generazione del '27. Con i suoi toni intimisti e spirituali cantò l'amore e la solitudine Egli stesso indicò Juan Ramón Jiménez e Pedro Salinas come suoi ispiratori.


venerdì 27 settembre 2019

Sotto i cieli stellati


PEJO JAVOROV

VIENI!

I tuoi occhi sono cieli stellati.
I capelli il velo crepuscolare
della tarda sera, i tuoi capelli!
Il tuo respiro – fresco, di fanciulla,
è il fresco alito del sud che dà vita,
uno zefiro addormentato in mezzo ai fiori.

Vieni, morta e fredda è la giornata.
In questa notte di luna, coi capelli sciolti,
china su di me,
vieni e respira sul mio volto,
vieni e riscalda il freddo cuore,
in questa notte di luna, sotto i cieli stellati.


(da Poesia, 125, Febbraio 1999 - Traduzione di Valeria Salvini)

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Il desiderio dell’amata, assente e lontana, fa esprimere nel suo periodo simbolista il poeta bulgaro Pejo Javorov in versi che – ancora una volta in poesia – riecheggiano la descrizione della sposa del Cantico dei Cantici, qui adattato agli sterminati campi di rose della Bulgaria.


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LUCIEN FREUD, "RITRATTO DI CAROLINE BLACKWOOD"

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LA FRASE DEL GIORNO
Io non  vivo: ardo.
PEJO JAVOROV




Pejo Javorov pseudonimo di Pejo Totev Kracholov (Čirpan, 1º gennaio 1877 – Sofia, 29 ottobre 1914), poeta bulgaro. Avvicinatosi al realismo, passò poi al simbolismo. Le sue opere e la sua vita sono caratterizzate dalla vicinanza al movimento di liberazione macedone. Non resse al suicidio della moglie Lora e si uccise a 37 anni.


giovedì 26 settembre 2019

Centenario di Matilde Camus


Nasceva a Santander il 26 settembre di cento anni fa la poetessa spagnola Matilde Camus. Legatissima al territorio cantabrico, che non abbandonò mai tranne per brevi viaggi, iniziò a pubblicare solo nel 1969, a cinquant’anni, dopo la morte del padre, cui era legatissima, e l’uscita dei figli dall’adolescenza. Frequentando l’Ateneo di Santander, iniziò a riprendere in mano le vecchie poesie e a lavorarci sopra, leggendole in pubblico e ascoltando i suggerimenti: a Voci, il primo libro, ne seguirono ben 34, fino all’Antologia poetica del 2011. La sua è una poesia che nasce dal territorio cantabrico, dalle radici contadine dei suoi avi, assumendo la funzione, come lei stessa la definì di “una necessità dello spirito”.

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MATILDE CAMUS IN UNA ILLUSTRAZIONE DI BEATRIZ CEA

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VOGLIO ALZARMI

Voglio alzarmi dalla polvere della terra.
Essere poesia pura, essere parola,
ascendere nel giusto pensiero
di equilibrio, di frutto, di preghiera.
Così potrò pregare se piange il Cielo
convertendo il dolore in speranza.
Con dolcezza nelle mani, in punta di piedi,
asciugherò con amore lacrime tanto dolci.

Voglio alzarmi dalla polvere della terra.
Vagare per lo spazio in pace, silenziosa,
meditando gli errori nel tempo
fino a ripulirmi di tutte le mancanze.
Così potrò cantare se canta il Cielo
versando allegria nell’alba.
La forza espressiva del mio accento
smusserà gli spigoli che mi saranno nati.

(da Canzoniere di Liébana, 1977)

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ILLUSIONE

Proprio come gli uccelli,
risalire la vetta ordinatamente
in una smania senza limite.

Nell’anima, sempre nuovi,
fantasia e sogno
chimere impigliate nella luna
soggette a un fascino misterioso
nell’alveo infinito della speranza.

Continuerò a sfogliare fiori nuovi
con l’immaginazione e il sentimento
sebbene ogni petalo caduto
non si sia trasformato in nulla.

(da Destriero nel tempo, 1979)

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è troppo breve per l’eternità dei sentimenti.
MATILDE CAMUS




Aurora Matilde Gómez Camus (Santander, 26 settembre 1919 – 28 aprile 2012​), conosciuta come Matilde Camus, scrittrice, saggista e poetessa spagnola. Ha cantato in particolare la sua terra, la Cantabria, il suo popolo e i suoi figli, seguendo sempre il motto “Vivere, sognare e sentire”.





mercoledì 25 settembre 2019

Dal campo del poeta


ALDO PALAZZESCHI

PIZZICHERIA

“Etto grammo chilo mezzochilo,
cacio burro prosciutto salame,
acciughe salacche baccalà…”
Sono voci del gergo
in questo untuoso reame.
“Mi serve o non mi serve, diobonino,
ho tanta fretta!”
“Aspetti”
“Mi dia retta”
“Venga qua”
“Mi mandi via”.
S’infuria una servetta,
una s’acqueta.
“Il solito formaggio
ma con poca corteccia”.
E una sicura mano
apre la breccia
nel parmigiano.
Molla e tira tira e molla
poca corteccia e dimolta midolla.
Aver fretta ed aspettare,
pesare tagliare affettare,
entrare andar via…
sono le note costanti
della quotidiana sinfonia
in un’antica pizzicheria.
“Mamma mia!
E che poesia
volete che ci sia
dentro un negozio di pizzicheria?
Se diceste di fiori o seteria…
se aveste detto in quello dell’antichità,
certo ce ne sarà,
ma non in quello lì
venite via,
per carità!
Mio caro, siatene persuaso,
per la fretta che avete di giungere alla mèta
questa volta siete evaso
dal campo del poeta.
Non ce n’è non ce n’è, restate franco”.
Basta, miei cari, basta
che ci vada il poeta dietro il banco.
Le file dei formaggi
l’un sull’altra ammassate,
vi sembrano villaggi,
borgate soleggiate,
coi tetti di lavagna,
le oscure cortecce,
come paesini di montagna.
E nei luoghi più vicini
del panorama,
non vi par di riposare
sui morbidi cuscini
dei pecorini?
O se no di passeggiare
pei verdeggianti viali,
per i verdi giardini del gorgonzola?
Di spiare ai suoi fronzuti finestrini?
Non vi sembra di sognare
dame medioevali
affacciate alle superbe finestre
tonde e ovali
del palazzo dei granduchi:
quello coi buchi ?
Tavole regali
di mosaici fini,
bizantini veneziani fiorentini:
soprassate salami salamini,
e la più bella,
quella proprio del re:
la mortadella!
Agate alla portata di tutti
vi sembrano i prosciutti;
e le acciughe, le salacche
dalle lucide corazze,
nei barili allineate,
inginocchiatevi:
sono i guerrieri delle Crociate.

(da Tutte le opere, Mondadori, 1958)

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Una pioggia di analogie e di metafore: ecco la proposta di Aldo Palazzeschi al Futurismo, cui aderì per un breve periodo. Il poeta che si mette dietro il banco del pizzicagnolo passa da una descrizione della realtà di tipo prosastico a una poetica, fantasticando e andando al di là della pura materialità delle cose, trasformandone la banalità e la quotidianità in poesia.

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IMMAGINE TRATTA DA UNA PUBBLICITÀ NEGRONI

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LA FRASE DEL GIORNO
Le persone felici hanno poco tempo da leggere e meno da scrivere, e perché l'uomo ama la lotta al disopra della felicità. E tutto incanalare e condurre verso una cima fulgente: la poesia.

ALDO PALAZZESCHI, Palazzeschi allo specchio




Aldo Palazzeschi, pseudonimo di Aldo Pietro Vincenzo Giurlani (Firenze, 2 febbraio 1885 – Roma, 17 agosto 1974), scrittore e poeta italiano, uno dei padri delle avanguardie storiche. Dall'esordio come crepuscolare e dalla breve adesione al Futurismo, attraversò il «ritorno all'ordine» degli anni Venti e la ripresa sperimentale delle avanguardie degli anni Sessanta con inconfondibile giocondità, enigmatica e inafferrabile.


martedì 24 settembre 2019

Il passo breve delle cose


ALDA MERINI

ASCOLTA, IL PASSO BREVE DELLE COSE

Ascolta, il passo breve delle cose
- assai più breve delle tue finestre -
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
È fatta di ombre e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero
e tu non lo sai dare…
Con le mani sfiori profili di una lunga serie di segni
che si chiamano rime.
sotto, credi,
c’è presenza vera di foglie;
un incredibile cammino
che diventa meta di coraggio.


(da La volpe e il sipario, Girardi, 1997)

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Fermarsi ad ascoltare: è quello che non siamo ormai più capaci di fare in questa vita frenetica che corre a mille all’ora e non ci lascia che ritagli di tempo. Soffocati dall’ipocrita abbraccio dei media, abbiamo perduto l’antica abitudine di rimanere in silenzio a osservare le cose (e le persone), a sentire quello che ci chiedono. Lo dice in versi la poetessa milanese Alda Merini.

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DIPINTO DI MIHAI CRISTE

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è la pelle del poeta.
ALDA MERINI, Aforismi e magie




Alda Giuseppina Angela Merini (Milano, 21 marzo 1931 - 1º novembre 2009),  poetessa, aforista e scrittrice italiana. Vide pubblicate le prime poesie a diciannove anni. L’amore agitato con Giorgio Manganelli riportò alla luce i disagi psichici: dal 1965 al 1972 fu internata in ospedale psichiatrico. Dimessa, visse nella sua casa sui Navigli, spesso in stato di emarginazione, circondandosi di artisti.


lunedì 23 settembre 2019

La vita non muta


SANDRO PENNA

GIÀ MI PARLA L'AUTUNNO

Già mi parla l'autunno. Al davanzale
buio, tacendo, ascolto i miei pensieri
piegarsi sotto il vento occidentale
che scroscia sulle foglie dei miei neri
alberi solo vivi nella notte.
Poi mi chiudo nel letto. E mi saluta
il canto di un ragazzo che la notte,
immite, alleva: la vita non muta.

(da Poesie, Garzanti, 1973)

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Insiste spesso il tempo nelle poesie di Sandro Penna: “La mattina d’estate è ancora fresca”, “la mattina di ottobre è ancora buia”, “Era il settembre, riandava la gente”. E ora, carico di vento che scuote le prime foglie secche, ecco l’autunno – quell’autunno che inizia alle 8.50 del mattino di oggi - a vellicare ulteriormente l'inquietudine del poeta.

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EGON SCHIELE, “QUATTRO ALBERI”, 1917

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LA FRASE DEL GIORNO
È forse detto che l’amore umano / vano non debba rimanere mai… / se la vallata è così chiara, il sole / - ormai sul monte - con leggero amore / vi scherza. Né si duole più la terra.
SANDRO PENNA, Poesie




Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).


domenica 22 settembre 2019

Spiegami amore


THANASSIS LAMBRU

SPIEGAMI AMORE

Spiegami tutte le cose, amore,
la luce e l’oscurità, la morte e la vita,
come si abbracciano nell’abbraccio più armonico
e danzano vorticando in un frullo d’ali,
spiegami amore, come ritrovare
l’anima perduta nella violenza del mondo,
come aggirarmi con fiducia nudo sulla terra
nei sentieri che il raggio non perfora.


(da Poesia, 327, Giugno 2017 - Traduzione di Nicola Crocetti)

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Eh, già... Spiegami, amore, spiegami tutto quello che del mondo non so o non riesco a comprendere. Spiegami ogni cosa, erudiscimi sulla realtà e sul trascendente - così come chiede il poeta greco Thanassis Lambru - perché se c’è un posto dove le cose trovano spiegazione è proprio nell’amore.

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MARC CHAGALL, “INNAMORATI DAL VISO AZZURRO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma soprattutto devi uscire / dalle strade che percorrono in molti / (uomini scriteriati, sordi e ciechi) / per trovare – forse – un giorno / il sentiero celeste.
THANASSIS LAMBRU




Thanassis Lambru (Lamia, 20 dicembre 1962), poeta greco. Laureato in giurisprudenza presso l'Università Aristotele di Salonicco. Ha continuato i suoi studi di filosofia, letteratura classica e storia dell’arte in Germania presso l'Università di Friburgo.

sabato 21 settembre 2019

Un frassino


OCTAVIO PAZ

PROSSIMO LONTANO

Ieri sera un frassino
sul punto di dirmi
qualcosa - tacque.


(da Versante est, 1969)

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Nelle poesie del Premio Nobel messicano Octavio Paz la realtà appare come un luogo inaccessibile: “l’attività poetica“ allora “nasce dalla disperazione di fronte all’impotenza della parola e termina nel riconoscimento dell’onnipotenza del silenzio”. Da notare che quello che nei versi è espresso con sole dieci parole – nove in spagnolo – ha bisogno del doppio, venti parole, per essere detto in prosa nel saggio “Corrente alterna”.

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DIPINTO DI VLADIMIR KUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
Poesia è lotta continua contro la significazione.
OCTAVIO PAZ, Corrente alterna




Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998), poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. Il suo mondo poetico si basa sula poesia surrealista prima e sul pensiero orientale poi per superare l’io della filosofia occidentale e compiere un discorso ininterrotto sulla poesia stessa.


venerdì 20 settembre 2019

Ma non oso


UMBERTO SABA

PAURA

Nel mio cuor dubitoso
sento bene una voce che mi dice:
“Veramente potresti esser felice.”
Lo potrei, ma non oso.

(da Il Canzoniere, Einaudi, 1961)

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Si chiama cherofobia ed è la paura della felicità: un termine della psicologia che il poeta triestino Umberto Saba espone in una quartina in cui due settenari incernierano due endecasillabi. Un timore di essere felici, di abbandonarsi alla gioia quasi pudico, un ripiegarsi su se stessi, sulla “tranquillità” della propria tristezza, della propria malinconia per non abbandonarsi al rischio dell’euforia.

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FOTOGRAFIA © KHOLAKOLOM

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LA FRASE DEL GIORNO

In teoria vi è una perfetta possibilità di felicità: credere all'indistruttibile in noi e non aspirare a raggiungerlo.
FRANZ KAFKA, Aforismi di Zürau




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.


giovedì 19 settembre 2019

Non ancora musica


IOSIF BRODSKIJ

QUASI UN’ELEGIA

Un tempo anch'io aspettavo che cessasse
la pioggia fredda, sotto il colonnato della Borsa.
E immaginavo che fosse un dono di Dio.
Non mi sbagliavo, forse.
                                        Un giorno anch'io
sono stato felice. Prigioniero
degli angeli vivevo. Andavo a caccia di vampiri.
Una donna bellissima di corsa
scendeva la scalinata. Io l'attendevo al varco,
come Giacobbe, nel portone.
                                              Chissà dove
tutto questo è svanito, se n'è andato. Tuttavia
guardo dalla finestra e scrivo "dove"
senza mettere l'interrogativo.
È settembre. Di fronte a me c'è un parco.
Lontano un tuono mi occlude gli orecchi.
Nel fitto del fogliame le pere mature
pendono come testicoli. Oggi
l'udito nella mente sonnacchiosa
lascia passare solo l'acquazzone,
come il pitocco che accoglie in cucina
i parenti lontani:
non più rumore, non ancora musica.


Autunno 1968


(da Poesia n. 200, Dicembre 2005 - Traduzione di Giovanni Buttafava)

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“Esistono, come sappiamo, tre modalità cognitive: analitica, intuitiva e la modalità che era nota ai profeti biblici: rivelazione. Ciò che distingue la poesia dalle altre forme di letteratura è che le utilizza tutte e tre contemporaneamente (gravitando principalmente verso la seconda e la terza)”: così scriveva il poeta russo Iosif Brodskij. E così, mescolando citazioni bibliche e ricordi, connotazioni atmosferiche, sguardi dalla finestra e sorprendenti metafore, compone “quasi un’elegia”, ovvero quello che si avvicina a un componimento meditativo e malinconico in cui risalta la sua infelicità.

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FOTOGRAFIA © KRIS ATOMIC


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LA FRASE DEL GIORNO
Chi scrive una poesia la scrive soprattutto perché la scrittura in versi è uno straordinario acceleratore di coscienza, di pensiero, di comprensione dell'universo.
IOSIF BRODSKIJ




Iosif Aleksandrovič Brodskij (Leningrado, 24 maggio 1940 – New York, 28 gennaio 1996), poeta, saggista e drammaturgo russo naturalizzato statunitense, fu insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1987 e nel 1991 fu nominato poeta laureato degli Stati Uniti. Arrestato dal regime sovietico nel 1964 per “parassitismo”, fu costretto ai lavori forzati e successivamente all’esilio negli Stati Uniti. È sepolto nel cimitero di Venezia.

mercoledì 18 settembre 2019

Strappa dividi strappa ancora


PIERLUIGI CAPPELLO

VERSO LE DIECI, IN OZIO

Stacca dal colore della rosa
la prima volta che te ne portarono un mazzo

dal battere sui vetri della pioggia
il giorno in cui una finestra venne sfondata;

i sorsi bevuti
dal sapore del caffè;

strappa via dal colophon del libro appena richiuso
i mattini in cui studiavi, avevi cento anni,
andavi a scuola;

non sovrapporre l’ora di adesso
all’ora di buio e all’ora di consolazione,
il giorno senza connotati
al giorno senza connotati;

strappa dividi strappa ancora,
separa questo da quello,
la prima dall’ultima volta

e il suono dello strappo lasciato
chiamalo col mio nome.


(da Stato di quiete, Rizzoli, 2016)

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Sfrondare, eseguire un labor limae sulla propria vita, sulla memoria, sui ricordi, sulle sensazioni provate, sulle circostanze per ottenere alla fine null’altro che l’essenziale: è quello che fa il poeta friulano Pierluigi Cappello, ridurre all’osso per “puntare all'invisibile come sfera superiore” – come commenta il critico Walter Siti.

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DIPINTO DI VLADIMIR KUSH

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LA FRASE DEL GIORNO
Non per orgoglio del compito svolto / ma per orgoglio del compito / qualcosa rimane nel nostro dire / abbiamo inciso i nomi sul tronco folgorato, / siamo passati di lì.
PIERLUIGI CAPPELLO, Stato di quiete




CappelloPierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


martedì 17 settembre 2019

Io la inseguo


GIOVANNI PASCOLI

LA FELICITÀ

Quando, all'alba, dall'ombra s'affaccia,
discende le lucide scale
e vanisce; ecco dietro la traccia
d'un fievole sibilo d'ale,

io la inseguo per monti, per piani,
nel mare, nel cielo: già in cuore
io la vedo, già tendo le mani,
già tengo la gloria e l'amore.

Ahi! ma solo al tramonto m'appare,
su l'orlo dell'ombra lontano,
e mi sembra in silenzio accennare
lontano, lontano, lontano.

La via fatta, il trascorso dolore,
m'accenna col tacito dito:
improvvisa, con lieve stridore,
discende al silenzio infinito.


(da Myricae, 1903)

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Giovanni Pascoli sembra ritenere possibile la felicità, ma ahimè essa sfugge inesorabilmente, scompare lasciando un senso di tristezza leopardiana, una disillusione che riporta come in un gioco dell’oca all'antico dolore: si inseguono i desideri, dice il poeta romagnolo, dall’alba al tramonto della vita, ma tutto è vano.

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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI

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LA FRASE DEL GIORNO
Rivedo i luoghi dove un giorno ho pianto: / un sorriso mi sembra ora quel pianto. / Rivedo i luoghi, dove ho già sorriso... / oh! come lacrimoso quel sorriso!
GIOVANNI PASCOLI, Myricae




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.


lunedì 16 settembre 2019

In un’acqua innocente


JORGE DEBRAVO

APPUNTO INTERIORE

Oggi la mia vita non ha peso:
è vento, meno del vento, meno
di un raggio di luce.
                              Adesso nessuno
mi può gravare.
Non ci sono risentimenti
                                      terreni nella mia anima.
Il mio sangue è una rossa armonia viva.
Sono in armonia con la brace e la quiete,
con la voce d’amore e la voce della vendetta.

Sembra che le mie mani non esistano, sembra
che il mio corpo nuoti in un’acqua innocente.
Come un vento nudo il mio cuore fluttua
e fa suonare dolcemente le campane.


(da Antología mayor, 1986)

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Una leggerezza, questa espressa dal poeta costaricano Jorge Debravo, che fa pensare a un celebre dipinto di Gustav Klimt, le “Acque correnti”, in cui alcune donne fluttuano libere nella corrente. Un’armonia simile a quella di Saverio Piumatti, protagonista di un poco noto romanzo di Giovanni Arpino, “Il primo quarto di luna”, che sente il suo corpo svanire poco a poco, fino a diventare “fiato che ruscella quale acqua di gioia”.

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FOTOGRAFIA © STOCKSNAP/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo come una rete. Si avvicinano / vivi pesci di fuoco / e noi / addormentati – / non li vediamo.
JORGE DEBRAVO




Jorge Debravo (Turrialba, 31 gennaio 1938 - San José, 4 agosto 1967), poeta costaricano. Autodidatta, nelle sue poesie si notano influssi di Neruda, Vallejo, Amado Nervo, Bécquer e Whitman. Morì a 29 anni in un incidente di motocicletta mentre si recava al lavoro di ispettore delle assicurazioni.


domenica 15 settembre 2019

Indorati dal sole


SANDRO PENNA

LUNGO IL VECCHIO SOBBORGO

Lungo il vecchio sobborgo
non vive malinconia.
Vivon gli stracci una vita gentile
indorati dal sole. E così sia.

(da Poesie, Parenti, 1939)

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Sandro Penna sa organizzare la visione poetica in pochi versi spogli ed eleganti. Il sobborgo in cui ama vagabondare assume qui tutta la dignità di un quartiere dove aleggia sì “l’odore / casto e gentile della povertà”, ma non alberga la malinconia.

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JANINE BORCHGREVINK, “PIAZZA SANTA MARIA IN TRASTEVERE”

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LA FRASE DEL GIORNO
Nella notte profonda / si consumano le stelle. / Un dolore m'inonda: / un amor di cose belle.
SANDRO PENNA, Poesie




Sandro Penna (Perugia, 12 giugno 1906 – Roma, 21 gennaio 1977), poeta italiano. Con toni epigrammatici, le sue poesie esprimono spesso un’intenso desiderio sensoriale di vita talora malinconico e cantano l’amore omosessuale (“Poeta esclusivo d’amore”, si definì egli stesso).

sabato 14 settembre 2019

Conosciuta tardi


MANLIO DAZZI

COME MI PIACI

Come mi piaci, conosciuta tardi,
nelle contraddizioni che ti fanno
così ragazza. Come dunque trepido
Se cammini sui margini del nulla.
Io, vecchio sasso che l’acqua ha travolto,
in breve poserò sul fondo. Pure
ho in me il riflesso dei tuoi occhi liquidi
quasi un antivedere. E te matura
penso, e placata armonia dei diversi,
nel nimbo delle stelle più vicine
cantare ai vivi un tuo materno canto.

(da Erano già voli di colombe, Ca’ Diedo, 1961)

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Con versi teneri e fraterni il poeta parmense Manlio Dazzi dipinge un’amicizia che supera l’età, che va al di là delle differenze, se non quella della malinconia dell’anziano e della freschezza della ragazza.

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DIPINTO DI VLADIMIR VOLEGOV

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LA FRASE DEL GIORNO
Noi buttiamo disordinatamente / fogliame di parole / impauriti del vuoto.
MANLIO DAZZI, Erano già voli di colombe




Manlio Dazzi (Parma, 17 aprile 1891 – Padova, 31 luglio 1968), bibliotecario e poeta italiano. Volontario di guerra nel 1915-18, fu in seguito professore di liceo e bibliotecario alla Malatestiana di Cesena prima e alla Queriniana di Venezia poi. Partito dal crepuscolarismo, virò in seguito verso una poesia più elegiaca.


venerdì 13 settembre 2019

Sei tramonti


CHARLES TOMLINSON

PROPOSTE PER MIGLIORARE UN TRAMONTO

Oscurandosi gli orli del paesaggio,
impercettibilmente ne fluiscono i colori
raccogliendosi in piena luce nel suo centro.

Sei punti di vantaggio ci offrono sei tramonti.

Il mare condivide il cielo. Ed è meno se stesso
dell’ultima pozza che, minacciata,
cattura lo splendore.

Lo stagno verde-vischio è ostile all’oro
e non accetta scambi se non con l’ombra.

Vista dall’alto la casa potrebbe essere
un violino dimenticato, perso nella sua notte.

Rimpicciolita nel fondo di un cannocchiale rovesciato
è un dado, caduto nell’imboscata di basse fronde.

Ritrovata la sua autentica misura, la pietra
rimanderebbe la luce assorbita nel giorno.

Interrotto da foglie e da finestre, il crepuscolo
conferma il trionfo del verde sul giallo.

(da La collana, 1955 – Traduzione di Silvano Sabbadini)

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È la cronaca di un tramonto quella che fa il poeta inglese Charles Tomlinson: la analizza quasi alla moviola, la osserva da diversi punti di vista, descrive quello che fanno i protagonisti, il mare, il cielo, la casa, lo stagno, gli alberi. E, in fondo, vale anche per lui la domanda senza risposta che si fece Antonio Machado: “Che cerchi, poeta, nel tramonto?”

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FOTOGRAFIA © HDQWALLS

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LA FRASE DEL GIORNO
Non nel cemento si cerchi la realtà, / ma nello spazio, reso articolato: / la spiaggia, per esempio, / che tra muro e muro s'allarga, / la voce del mare /
che dal silenzio il silenzio infrange.
CHARLES TOMLINSON, La collana




Alfred Charles Tomlinson (Stoke-on-Trent, 8 gennaio 1927 – 22 agosto 2015), poeta, traduttore, pittore e accademico inglese. Studiò a Cambridge e insegnò Letteratura Inglese all’Università di Bristol. Tra le sue traduzioni Antonio Machado, Vallejo, Tjutcev, Attilio Bertolucci e Octavio Paz.


giovedì 12 settembre 2019

Quando ancora non è tardi


MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN

SI VIVE UNA VOLTA SOLTANTO

Si vive una volta soltanto,
bisogna imparare ad amare e a vivere
quando ancora non è tardi per credere
propizio il giorno a venire
                                         meno duro
il selciato, meno buia la notte,
incerta la tristezza
                               a volte bastano
due pagine di un libro per credere
eterna l’eternità, eterni
                                      i tuoi baci
sempre tra il ricordo e la speranza.

(da Un’educazione sentimentale, 1967 – Traduzione di Hado Lyria)

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Non è solo una poesia, è anche uno stile di vita, quello che lo scrittore spagnolo Manuel Vázquez Montalbán estese anche al suo personaggio principe, il detective Pepe Carvalho, suo alter ego anche anagrafico. Sono consigli per apprezzare meglio la vita, lasciandosi andare al flusso che scorre, cavalcandone le onde.

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DIPINTO DI FABIAN PÉREZ

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LA FRASE DEL GIORNO
La gente ha scoperto di essere capace di fare soltanto ciò che riesce a fare. Nessuno si inventa la propria vita come se inventasse un romanzo.
MANUEL VÁZQUEZ MONTALBÁN




Manuel Vázquez Montalbán (Barcellona, 14 luglio 1939 – Bangkok, 18 ottobre 2003), scrittore, saggista, giornalista, poeta e gastronomo spagnolo, è celebre soprattutto per i romanzi gialli in cui è protagonista l’investigatore privato Pepe Carvalho.


mercoledì 11 settembre 2019

Nulla è cambiato


WISŁAWA SZYMBORSKA

TORTURE

Nulla è cambiato.
Il corpo prova dolore,
deve mangiare e respirare e dormire,
ha la pelle sottile, e subito sotto – sangue,
ha una buona scorta di denti e di unghie,
le ossa fragili, le giunture stirabili.
Nelle torture di tutto ciò si tiene conto.

Nulla è cambiato.
Il corpo trema, come tremava prima e dopo la fondazione di Roma,
nel ventesimo secolo prima e dopo Cristo,
le torture c’erano e ci sono, solo la Terra è più piccola
e qualunque cosa accada, è come dietro la porta.

Nulla è cambiato.
C’è soltanto più gente,
alle vecchie colpe se ne sono aggiunte di nuove,
reali, fittizie, temporanee e inesistenti,
ma il grido con cui il corpo
ne risponderà, è
e sarà un grido di innocenza,
secondo un registro e una scala eterni.

Nulla è cambiato.
Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze.
Il gesto delle mani che proteggono il capo
è rimasto però lo stesso,
il corpo si torce, si dimena e si divincola,
fiaccato cade, raggomitola le ginocchia,
illividisce, si gonfia, sbava e sanguina.

Nulla è cambiato.
Tranne il corso dei fiumi,
la linea dei boschi, del litorale, di deserti e ghiacciai.
Tra questi paesaggi l’anima vaga,
sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana,
a se stessa estranea, inafferrabile,
ora certa, ora incerta della propria esistenza,
mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è
e non trova riparo.


(da Gente sul ponte, 1986 - Traduzione di Pietro Marchesani)

 
Con il suo tipico stile che genera elenchi e che parla al lettore con semplicità, la poetessa polacca Wisława Szymborska, Premio Nobel 1996, pone l’attenzione sull’immutabilità del corpo umano nel corso dei millenni - sarà diventato certo più forte e resistente grazie alla medicina, ma rimane pur sempre il solito corpo, quello che avevano i romani e le genti del medioevo, uomini e donne del  Rinascimento e i francesi della rivoluzione. Il solito corpo che soffre, mangia, respira, ama mentre tutto intorno il mondo cambia...

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LEONARDO DA VINCI, “UOMO VITRUVIANO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Forse tutto questo / avviene in un laboratorio? / Sotto una sola lampada di giorno / e miliardi di lampade la notte?.
WISŁAWA SZYMBORSKA, La fine e l’inizio




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.

martedì 10 settembre 2019

Tra il mare giallo e le dune


DINO CAMPANA

VIAGGIO A MONTEVIDEO

Io vidi dal ponte della nave
I colli di Spagna
Svanire, nel verde
Dentro il crepuscolo d’oro la bruna terra celando
Come una melodia:
D’ignota scena fanciulla sola
Come una melodia
Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola...
Illanguidiva la sera celeste sul mare:
Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell’ale
Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...
Lontani tinti dei varii colori
Dai più lontani silenzi!
Ne la celeste sera varcaron gli uccelli d’oro: la nave
Già cieca varcando battendo la tenebra
Coi nostri naufraghi cuori
Battendo la tenebra l’ale celeste sul mare.
Ma un giorno
Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna
Da gli occhi torbidi e angelici
Dai seni gravidi di vertigine. Quando
In una baia profonda di un’isola equatoriale
In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno
Noi vedemmo sorgere nella luce incantata
Una bianca città addormentata
Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti
Nel soffio torbido dell’equatore: finché
Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,
Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore
Noi lasciammo la città equatoriale
Verso l’inquieto mare notturno.
Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi
Gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:
Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina
Una fanciulla della razza nuova,
Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: selvaggia a la fine di
[un giorno che apparve
La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina:
E vidi come cavalle
Vertiginose che si scioglievano le dune
Verso la prateria senza fine
Deserta senza le case umane
E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve
Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,
Del continente nuovo la capitale marina.
Limpido fresco ed elettrico era il lume
Della sera e là le alte case parevan deserte
Laggiù sul mar del pirata
De la città abbandonata
Tra il mare giallo e le dune
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(da Canti orfici, Tip. Ravagli, 1914)

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Non è un turista, il poeta toscano Dino Campana, ma un moderno viaggiatore spinto da una smania di vagabondaggio che sa esprimere nei versi la tensione visiva dietro il paesaggio: l’esperienza si trasforma quindi in un bisogno di evasione, in un’ansiosa ricerca del nuovo e dell’esotico – non è un caso l’accostamento di Campana a Rimbaud e al Baudelaire di “Invito al viaggio”: si possono trovare in questa poesia, indicata come un esempio unico nel panorama italiano per le novità formali e tematiche, le stesse suggestioni di colori, di suoni e di profumi di terre remote.

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MONTEVIDEO IN UNA CARTOLINA D'EPOCA

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LA FRASE DEL GIORNO
Qual ponte, muti chiedemmo, qual ponte abbiamo noi gettato sull'infinito, che tutto ci appare ombra di eternità?
DINO CAMPANA, Canti orfici




Dino Carlo Giuseppe Campana (Marradi, 20 agosto 1885 – Scandicci, 1º marzo 1932), poeta italiano. l’unico accostabile ai “maudits” del Decadentismo europeo quali Rimbaud. La sua poesia brucia le scorie della tradizione di Carducci e D’Annunzio con un atteggiamento visionario che va oltre le cose e i dati realisticamente intesi. Di lui è nota l’appassionata relazione con Sibilla Aleramo.


lunedì 9 settembre 2019

Scrivere sui tovaglioli


ALFONSO BREZMES

SONO TORNATO ALLA VECCHIA ABITUDINE

Sono tornato alla vecchia abitudine
di scrivere sui tovaglioli:
è troppo fredda la tastiera
e sono troppo diritti i quaderni-
In fin dei conti tutti sanno
che i caffè sono stati inventati
perché sopravvivessero i poeti,
e i poeti perché sopravvivessero i caffè.

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Il poeta spagnolo Alfonso Brezmes ha una visione romantica della poesia: scritta su tovaglioli di carta – come i famosi foglietti che Giuseppe Ungaretti raccoglieva nel suo tascapane di guerra, o come le sessioni di scrittura di Ernest Hemingway alla Closerie des Lilas di Parigi con davanti una risma di fogli bianchi, matite ben temperate e un bicchiere di cognac allungato con acqua. Ma sono tempi tecnologici, anzi informatici, e ormai è più semplice e comodo servirsi della tastiera di un computer o di quella virtuale di un iPad per scrivere poesia…

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FOTOGRAFIA © @MARKHEYBO/FLICKR

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LA FRASE DEL GIORNO
Dopo aver scritto un racconto ero sempre vuoto e triste e felice insieme, come se avessi fatto l'amore.
ERNEST HEMINGWAY, Festa mobile




Alfonso Brezmes (Madrid, 1966), poeta spagnolo, fotografo e funzionario statale. La sua poesia è al tempo stesso colta e popolare, tanto da farlo apprezzare sia da critici e lettori tradizionali sia da un più largo pubblico. Il suo immaginario si nutre di riferimenti letterari (Baudelaire, Rilke…) ma anche di cinema e di cultura pop.


domenica 8 settembre 2019

Noi iguane


VOLKER BRAUN

LE IGUANE

Giacciono indifferenti tra le rovine grigie
Del tempio, con le quali non si mescolano.
Di tanto in tanto, un occhio funziona!
Pietra grigia il corpo e anche angolare come pietre
Quando si alza sulle agili zampe
nell’atto di afferrare una zanzara.

Noi, iguane, specie futura
Stoccata in fragili magazzini,
In silenzio assistiamo al crollo delle banche.
Senza rabbia e senza ilarità.
Che cosa sono il tempo e il potere? Marciscono
Mentre arde il sole di un nuovo giorno.


(da Handbibliothek der Unbehausten, 2016)

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Le iguane immobili tra le rovine di un tempio e il sole che picchia: questa è la costante dell’umanità, dice il poeta tedesco (ex-DDR) Volker Braun, le banche crolleranno come molte civiltà prima di questa, il potere non è che una marionetta di cui il tempo regge i fili.

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FOTOGRAFIA © BERGADDER/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Il tempo fa le pietre e poi le divora.
PROVERBIO ITALIANO




Volker Braun (Dresda, 7 maggio 1939)  poeta, scrittore, narratore e autore di teatro tedesco. La sua lirica mira a recuperare la poesia come gesto pubblico e collettivo, come indagine della realtà storico-sociale e rivendica un socialismo dinamico, che consenta il dubbio e la trasformazione.


sabato 7 settembre 2019

Il senso della notte


ELIZABETH AZCONA CRANWELL

SI RIVELA E SI ILLUMINA

a Alejandra Pizarnik

Volevamo che l’amore dicesse il futuro, nel segreto meccanismo
del tempo, il rumore della vita.

Conoscevamo la sua voce, la sua musica oscura alle finestre.
E non è rimasto nulla, nemmeno un leggero bagliore che disdegna la sua
forma per le cose del mondo.

Tuttavia nella rosa tante volte osservata si è accesa
una luce che trasforma il senso della notte.

(da Antologia della poesia argentina, selezione di Raúl Gustavo Aguirre, 1979)

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L’amore secondo la poetessa argentina Elizabeth Azcona Cranwell con dedica – necessaria – all’amica Alejandra Pizarnik che nel 1980 lei stessa, a otto anni dalla morte, definì “poetessa sorella” per identico sentire. E dunque quando passa non lascia neppure un lampo, un bagliore l’amore… Anzi no: rimane quella luce ricordata che dà senso a tutto.

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FOTOGRAFIA © IHTAR/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Qualcosa dall’amore / trae una magia equivoca che mi inventa di nuovo. / Qualcosa per toccare la mia vita come un passero.
ELIZABETH AZCONA CRANWELL




Elizabeth Azcona Cranwell (Buenos Aires, 10 marzo 1933 – 2 dicembre 2004), poetessa surrealista, traduttrice e critica letteraria argentina. Tradusse William Shand, Dylan Thomas e Edgar Allan Poe e collaborò alla pagina letteraria del quotidiano La Nación.

venerdì 6 settembre 2019

L’idiozia della perfezione


WISŁAWA SZYMBORSKA

LA CIPOLLA

La cipolla è un'altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.

In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d'inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.

Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell'una ecco sta l'altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un'eco in coro composta.

La cipolla, d'accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l'idiozia della perfezione.

(da Grande numero, 1976 – Traduzione di Pietro Marchesani)

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Quasi con stupore la poetessa polacca Wisława Szymborska analizza la semplicità della cipolla, quel suo avvolgere foglie modificate una dentro l’altra, quel suo essere compiutamente cipolla in ogni sua parte. Non complessa come noi umani, priva di reticoli di vene, di organi e nervi: semplicemente  perfetta, stupidamente vuota.

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FOTOGRAFIA © ULLEO/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho dei nomi da darvi: / acero, bardana, epatica  / erica, ginepro, vischio, nontiscordardimé, / ma voi per me non ne avete nessuno.
WISŁAWA SZYMBORSKA, Attimo




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.