GIOVANNI PASCOLI
LA FELICITÀ
Quando, all'alba, dall'ombra s'affaccia,
discende le lucide scale
e vanisce; ecco dietro la traccia
d'un fievole sibilo d'ale,
io la inseguo per monti, per piani,
nel mare, nel cielo: già in cuore
io la vedo, già tendo le mani,
già tengo la gloria e l'amore.
Ahi! ma solo al tramonto m'appare,
su l'orlo dell'ombra lontano,
e mi sembra in silenzio accennare
lontano, lontano, lontano.
La via fatta, il trascorso dolore,
m'accenna col tacito dito:
improvvisa, con lieve stridore,
discende al silenzio infinito.
(da Myricae, 1903)
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Giovanni Pascoli sembra ritenere possibile la felicità, ma ahimè essa sfugge inesorabilmente, scompare lasciando un senso di tristezza leopardiana, una disillusione che riporta come in un gioco dell’oca all'antico dolore: si inseguono i desideri, dice il poeta romagnolo, dall’alba al tramonto della vita, ma tutto è vano.
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DIPINTO DI RAFAL OLBINSKI
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LA FRASE DEL GIORNO
Rivedo i luoghi dove un giorno ho pianto: / un sorriso mi sembra ora quel pianto. / Rivedo i luoghi, dove ho già sorriso... / oh! come lacrimoso quel sorriso!
GIOVANNI PASCOLI, Myricae
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.
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