sabato 31 luglio 2021

Chi si ferma sogna


FEDERICO GARCÍA LORCA

CORRENTE

Chi cammina
s’intorbida.

L’acqua corrente
non vede le stelle.

Chi cammina
dimentica.

E chi si ferma
sogna.

(da Sonetti dell’amore oscuro, 1936)

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Chi è l’uomo che in questa poesia di Federico García Lorca siede sul bordo di un fiume guardando scorrere l’acqua che trascina via ogni cosa confondendone le immagini e intanto si abbandona al sogno? Ma è naturalmente un poeta che, per la sua stessa attitudine, astrae dal tempo.

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FOTOGRAFIA © BUWANEKA BORALESSA/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mondo ha sorde penombre e disordine / ai primi limiti che frequenta l'uomo.
FEDERICO GARCÍA LORCA, Sonetti dell’amore oscuro




Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936), poeta e drammaturgo spagnolo). Voce tra le più originali del Novecento spagnolo, amico di Salvador Dalí e Luis Buñuel, partecipò ai vari tentativi modernisti, specialmente impressionisti. Morì durante i primi giorni della guerra civile, fucilato dai franchisti.


venerdì 30 luglio 2021

Tamara Kamenszain


“Poetessa è una parola dolce, che abbiamo messo da parte perché ci imbarazzava, e tuttavia ancora torna nel fazzoletto che le nostre antenate legavano alla gola delle loro liriche rauche”: rivendicava la libertà di essere poetessa e non “una poeta”, l’orrendo termine che va di moda adesso per indicare una donna che scrive poesie, l’argentina Tamara Kamenszain scomparsa l’altro ieri dopo aver lottato contro il cancro. Le sue poesie sono intense, barocche, e fanno pensare, contestualizzare, elaborano le tesi dei suoi ispiratori, Alejandra Pizarnik e Nicanor Parra. Sullo scrivere femminile, disse in un’intervista: “Le donne non scrivono per convincere nessuno. Ecco perché la poetessa che è in ognuna di noi cerca di uscire allo scoperto in questo momento, verso un nuovo destino che era già scritto e che sull'orlo della sua stessa storia rivisitata, non si è mai stancato di aspettarci".

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SCUDO DI DAVID

Sotto al suo basco nero
c’è un tetto infiammabile
turbolenze
le nubi rosse del tropico
sventolano furiose
a mezz’asta su l’Avana vecchia
dove nessuno sa dire
dove riposino i resti
ciò che resta di me
mi lascia in balia
del mio personale mausoleo

jinetera
prigioniera dei propri piedi
non aspetto nessuno
e insisto che qualcuno
deve venire
un messia
sul suo basco nero inclinato
l’occhio del ciclone
il manto celestiale che strappa
punte stellate
dagli occhiali di Trockij
schegge che un eroe si affonda
tra il petto e la spalla
una maglietta strappata
fa da scudo.

(da Il ghetto, 2012 – Traduzione di Chiara De Luca)

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CON MIA SORELLA PARLIAMO DI LEI

Con mia sorella parliamo di lei.
Hai visto quel che ha detto hai sentito quel che non dice
ti ricordi quel che diceva.
Con mia sorella le diamo
una vita da bambola la investiamo
di ciò che ci resta delle sue grandezze passate
continuiamo a decorarla
di ciò che permane della sua dignità presente
non sappiamo che altro fare è la nostra protagonista
la sua lettera ci esce dalla bocca
e diciamo cose che nessuno
che non provenga da una stirpe panica
potrebbe arrivare a comprendere.
Sono monologhi di due perdite in famiglia
mandiamo segnali ammiccamenti ad altri tempi
quando il padre ascoltava e rispondeva
quando la madre sosteneva l’eco della sua voce
ciao ciao diceva al telefono
ciao le rispondevamo all’unisono
Novità?
niente niente niente ripete ora
in questo limbo che giorno dopo giorno la ripete
quella che legge annunci funebri al contrario
dio rovescia La Nación al mattino
e la lascia stremata finché non si addormenta
perché non si è accorta di niente.
Prima non era così diciamo con mia sorella
questo ci consola seguiamo questa traccia
e anche noi stesse ci componiamo
come bambole dell’altra
poste nella pancia della matrioska
soppesiamo quell’oscurità
che mia madre decifra senza occhiali
la accompagniamo ovunque vada
gli annunci funebri non la trovano ancora
e lei, da poco analfabeta, si difende bene
mettendo noi a coprirle le spalle.

(da L’eco di mia madre, Kolibris, 2014 – Traduzione di Chiara De Luca)

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LA FRASE DEL GIORNO
Leggere e scrivere sono un binomio che può essere separato solo quando sollevi la testa dalle pagine di altre persone per appoggiarla sulle tue.
TAMARA KAMENSZAIN, Piccoli libri




Tamara Kamenszain (Buenos Aires, 9 febbraio 1947 – 28 luglio 2021), poetessa e saggista argentina. Laureata in Filosofia, si dedicò al giornalismo e all’insegnamento della letteratura. Ispirata dalle poesie di Alejandra Pizarnik e Nicanor Parra, fu inserita nella corrente poetica degli Anni ‘70 chiamata “noebarocca”.


giovedì 29 luglio 2021

Mille verdi


EGON SCHIELE

LE VECCHIE CASE

Le vecchie case
riscaldate d’aria terra-di-Siena:
dappertutto ci sono persiane bruciate dal sole
biancorosse e per giunta un vecchio organino melenso suona;
l’ampia, annosa giubba scura del musicante cieco
è d’un antiquato verde bruno, disfatta e scorticata.
Ti chiamo per mostrarti tutto quanto è concesso;
ecco grandi e piccoli occhi di bambini che ridono
e parlano forte di me.
Su in giardino ci sono tutti i verdi
e fiori e fiori antropomorfi.
Fuori in un prato di colori
sono disciolte figure colorate,
bruni irsuti contadini sul sentiero bruno
e gialle ragazze sul prato di mughetti.
Senti? –
Interno all’albero in foglie c’è un uccello che ha un colore smorto,
si muove appena e non canta,
– mille verdi si specchiano nei suoi occhi.

(da Io eterno fanciullo, Studio Tesi, 1992 – Traduzione di Silvia Alfonsi)

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Le vecchie case sono quelle della campagna boema di Krumau dove il pittore austriaco Egon Schiele si è trasferito nel 1910, raggiunto poi dalla sua musa Wally. È il momento in cui Schiele ama dipingere anche paesaggi: “Io penso all’accostamento dei colori più caldi, che sfumano, che si liquefanno, rifrangono, stanno in rilievo, carica terra di Siena grumosa con verdi o grigi, e accanto una stella di un azzurro freddo, bianca, biancoazzurra”. Quei colori che visivamente parlano anche attraverso le parole di questa poesia.

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EGON SCHIELE, "VECCHIE CASE A KRUMAU"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il pittore può anche guardare. Ma vedere è qualcosa di più. Stabilire un contatto con un’immagine che ci riguarda, è molto. La volontà di un artista.
EGON SCHIELE, Lettera a Oskar Reichel, 20 giugno 1911




Egon_Schiele_photoEgon Leon Adolf Schiele, meglio conosciuto come Egon Schiele (Tulln an der Donau, 12 giugno 1890 – Vienna, 31 ottobre 1918), pittore e incisore austriaco. Avvicinatosi alla Secessione viennese di Klimt e all’Art Nouveau nel 1907, la superò a favore di un Espressionismo basato soprattutto sulla figura umana. Le sue poesie sono riunite nella raccolta Note di un pittore.


mercoledì 28 luglio 2021

Una stanza tutta per sé


MONTSERRAT ABELLÓ

OGNUNO DEVE AVERE

a Virginia Woolf

Ognuno deve avere
una stanza tutta per sé.
E un cortile azzurro
dove far passeggiare i dubbi.

Oltre il sole
vivranno il desiderio
e la nostalgia
della prima parola.

E il sorriso
che si è perduto
e non si ritrova più.

Ma dolce sarà
l'ombra della sera,
dietro le nubi,
aperta come un giglio.

(da Parole non dette, 1981)

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Un buen retiro, un luogo dove ritirarsi per scrivere e pensare, per applicarsi alle proprie passioni: tutti ne abbiamo uno. Un posto dove ci sentiamo bene, dove ci mettiamo quando abbiamo bisogno di prendere del tempo tutto per noi, come Virginia Woolf, cui non a caso la poetessa catalana Montserrat Abelló ha dedicato questa poesia, che scrisse il saggio Una stanza tutta per sé.

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TAVIK FRANTISEK SIMON, "VILMA CHE LEGGE SUL DIVANO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Vivo e torno / a vivere / ogni poesia, / ogni parola. / Amo tanto / la vita /che la faccio mia / ancora e ancora.
MONTSERRAT ABELLÓ, Il fuoco nelle mani




Montserrat Abelló Soler (Tarragona, 1° febbraio 1918 – Barcellona, 9 settembre 2014), poetessa e traduttrice spagnola in lingua catalana. Nel 1939, dopo la guerra civile, visse in esilio per vent’anni in Francia e in Cile. Tradusse Agatha Christie, E.M. Forster, Iris Murdoch e soprattutto Sylvia Plath.


martedì 27 luglio 2021

L’acqua di un fiume


WENDELL BERRY

ROTTURA

Credevo di avere le idee chiare?
Era come l’acqua di un fiume
che scorre esigua sotto il ghiaccio. Adesso
che l’acqua è salita e ha rotto
il ghiaccio, vedo che quello che credevo
luce era una parte del buio.

(da Poesie scelte, 1998)

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La forza dirompente dell’acqua che rompe il ghiaccio e provoca il disgelo serve al poeta statunitense Wendell Berry come analogia per la riflessione: quel meditare sulle cose, quel rimuginare sulle idee porta sovente a rovesciare il proprio pensiero, a vedere diversamente quello che superficialmente era sembrato certezza.

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Questa è una cosa importante: devi tornare a guardare, ascoltare e pensare di nuovo.
WENDELL BERRY, The New Yorker, 14 luglio 2019




Wendell Erdman Berry (Henry County, Kentucky, 5 agosto 1934), poeta, narratore e ambientalista statunitense. Dal 1965 vive in una fattoria di 50 ettari, Lane’s Landing, dove coltiva grano e cereali. La sua poesia non poteva che essere elegiaca e pastorale.


lunedì 26 luglio 2021

Speak white


MICHÈLE LALONDE

SPEAK WHITE

Speak white
è bello sentirvi
parlare di
Paradise Lost
o del profilo grazioso e anonimo che freme
nei sonetti di Shakespeare

siamo un popolo ignorante e balbuziente
ma non siamo sordi al genio di una lingua
parlate con l’accento di Milton e Byron e Shelley e Keats
speak white e perdonateci se non abbiamo altra risposta
che i canti rauchi dei nostri avi
e il dolore di Nelligan

speak white
parlate di un po' di tutto
parlateci della Magna Charta
o del monumento a Lincoln
del grigio fascino del Tamigi
dell’acqua rosata del Potomac
parlateci delle vostre tradizioni
siamo un popolo poco brillante
ma forte, capace di apprendere
la grande importanza delle focaccine
o del Boston Tea Party
ma quando voi
really speak white
quando voi get down to brass tacks

per parlare del gracious living
e parlare del tenore di vita
e della Grande Société
un po’ più forte allora
speak white
alzate le vostre voci da caporeparto
siamo un popolo duro d’orecchie
viviamo troppo vicino alle macchine
e sentiamo solo il nostro respiro sugli strumenti

speak white and loud
che vi si sente
da Saint-Henri a Sainte-Dominique
oh che lingua meravigliosa
per assoldare
dare degli ordini
fissare l’ora della morte sul lavoro
e della pausa che rinfresca
e fa salire il dollaro

speak white
tell us that God is a great big shot
and that we’re paid to trust him
speak white
parlateci di profitti e percentuali
speak white
è una lingua ricca
per comprare
ma per vendersi
ma per vendersi a perdita d’anima
ma per vendersi

ah! speak white
big deal
ma per dirvi
l’eternità di un giorno di sciopero
per raccontare
la storia del popolo-portiere
ma per rincasare la sera
all’ora in cui il sole muore sui vicoli
ma per dirvi sì che il sole tramonta sì
ogni giorno delle nostre vite all’est dei vostri imperi
niente vale una parolaccia
il nostro linguaggio non proprio pulito
macchiato di fango e di olio

speak white
siate a vostro agio nelle parole
siamo un popolo risentito
ma non incolpiamo nessuno
di avere il monopolio
del linguaggio giusto

nella lingua dolce di Shakespeare
con l’accento di Longfellow
parlate un francese puro e atrocemente bianco
come in Vietnam o in Congo
parlate un tedesco impeccabile
una stella gialla tra i denti
parlate russo parlate chiamate all’ordine parlate repressione
speak white
è una lingua universale
siamo nati per comprenderla
con le sue parole lacrimogene
con le sue parole sfollagente

speak white
tell us again about Freedom and Democracy
sappiamo che libertà è una parola nera
come la miseria è dei neri
e come il sangue si mescola alla polvere nelle strade di Algeri o di Little Rock

speak white
da Westminster a Washington diffondetevi
speak white come a Wall Street
white come a Watts
be civilized
e capite il nostro parlare di circostanza
quando ci chiedete gentili
how do you do
e ci sentite rispondervi
we’re doing all right
we’re doing fine
We are not alone

sappiamo
che non siamo soli.

1968

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Il 1968 era anno di rivolta. La poetessa canadese Michéle Lalonde, scomparsa lo scorso giovedì a Montréal all’età di 83 anni, colse l’occasione per scagliarsi contro il razzismo degli anglofoni contro i francofoni: l’espressione “Speak white”, parla bianco è l’insulto utilizzato nel Canada occidentale per aggredire coloro che, appartenenti al gruppo minoritario di lingua francese, si permettono, in un luogo pubblico, di parlare nella loro lingua e non in inglese. La poesia, che accusava l’egemonia politica ed economica anglo-americana, accolta favorevolmente dal pubblico, fu adottata dagli indipendentisti del Québec, cosa che spiacque alla Lalonde - il figlio Laurent Duchastel ha ricordato: “Mia madre si sentiva ostracizzata per il fatto che si riduceva la sua opera a una sola poesia che è stata sviata dal suo senso originale per dargli una connotazione nazionalista del Québec che non c’era nel testo originale.

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MICHÈLE LALONDE LEGGE SPEAK WHITE ALLA NUIT DE LA POÉSIE DEL1970
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LA FRASE DEL GIORNO
La lingua madre è una lingua edenica, nativa, naturale e libera.
MICHÈLE LALONDE




Michèle Lalonde (Montréal, 28 luglio 1937 –  22 luglio 2021), poetessa, scrittrice e drammaturga canadese. Laureata in Arte, lavorò alla rivista Situations e ai giornali Liberte e Maintenant. Autrice di opere teatrali storiche e di poesie, ha insegnato storia della civilizzazione alla scuola del Teatro Nazionale Canadese.


domenica 25 luglio 2021

Orologio di sabbia


OCTAVIO PAZ

CALMA

Luna, orologio di sabbia:
la notte si svuota,
l'ora si illumina.

(da Un albero dentro, 1987)

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"L’haiku è una piccola capsula carica di poesia capace di far saltare la realtà apparente” scrisse il poeta messicano Octavio Paz, Premio Nobel 1990. E riesce pienamente ad esprimere molto dicendo il minimo, ricreando questa atmosfera di calma e tranquillità in cui il lento scorrere della luna illumina il passare del tempo.

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MIHAI CRISTE, "RAGGIUNGERE L'IMPOSSIBILE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Per sentire un testo poetico occorre capirlo; per capirlo, ascoltarlo vederlo contemplarlo; convertirlo in eco ombra nulla. La comprensione è un esercizio spirituale.
OCTAVIO PAZ, Corrente alterna




Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998),  poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. La sua poesia è fatta di sperimentazione e anticonformismo, un continuo mettersi in discussione del linguaggio, “lotta continua contro la significazione”.


sabato 24 luglio 2021

Guillermo Sucre


Il poeta, saggista, traduttore e critico letterario venezuelano Guillermo Sucre è morto due giorni fa a Caracas. Nato nel 1933, fu docente per molti anni alla Scuola di Lettere dell’Università Centrale del Venezuela. Da studente si trovò a combattere la dittatura di Marcos Pérez Jiménez e incarcerato per un breve periodo. Esule a Santiago del Cile, vi continuò i suoi studi. La sua poesia è caratterizzata da una correlazione tra il senso e la coscienza e da una tensione verbale che gioca spesso con l’alterazione tipografica, l’alternarsi di poesia e di prosa, l’uso di giochi di parole in una specie di prova cui sottopone il linguaggio.

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E MI RIVEDO ABBRACCIATO AL SUO CORPO

E mi rivedo abbracciato al suo corpo
mi rivedo respirare la sua pelle i suoi capelli che appena sfioro
di nuovo la pioggia la notte come un albero scintillante
       ha coperto la casa
l’occhio torrenziale del cielo mi giudica mi condanna
odo le gocce rapide cadere in cortile la sottomissione delle pietre
l’angelo che combatte nell’ombra aguzza il suo profilo di fuoco
e vivo tutto come se fosse il ricordo dell’esilio
ma gli anni passeranno
                                        l’adolescente si bagna
       nel fiume che non lo riflette più
       espone la sua nudità alla luce selvatica del mezzogiorno che gli ferisce gli occhi
       con la mano con cui idolatra il sesso scrive sulla sabbia
       il battito di questo spazio selvaggio
passeranno gli anni
                                 ma resterà lì solo a riposare
       la testa
                       vicina al corpo
respirando l’ultima lucentezza della sua pelle la trama cinerea dei suoi capelli
nella chiarezza che ha diviso il tempo

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SCRIVO CON PAROLE CHE HANNO L’OMBRA

Scrivo con parole che hanno ombra ma che non fanno ombra
appena inizio questa pagina l’insonnia la brucia
non le parole ma ciò che consumano ciò che occupa la realtà -
il luogo senza luogo
l’agonia del gioco l’illusione di stare al mondo

l’illusione non è ciò che fa la realtà ma il lampo scisso -
simulazione dove si svolgono le cerimonie gli scambi di riflessi
del vuoto del desiderio

non c’è più posto per la scrittura perché essa è il posto stesso -
da ciò che è stato cancellato
scopriamo il mondo lo descriviamo nel suo ostinato aggiramento


non tornerò al mare ma il mare vive di quell’assenza che è
il mare quando lo dice la parola
e si riversa sulla pagina come una mano
non sarò nel bosco ma nella foglia che scrivo e intravedo
tra i suoi rami passare il vento
non ci sarà più estate ma quel sole che divora la memoria
e viene la notte della sabbia che copre gli occhi e solo
possiamo leggere quello che non è stato scritto

(da La vastità, 1988)

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LA FRASE DEL GIORNO
La verità è che ci sono molte cose oscure che non possiamo cambiare: devono essere oscure e questo molta gente non lo capisce. Ci sarà sempre una poesia oscura.
GUILLERMO SUCRE, Cuadernos hispanoamericanos, 6 marzo 2020




Guillermo Sucre Figarella (Tumeremo, 15 maggio 1933 - Caracas, 22 luglio 2021), poeta, traduttore e critico letterario venezuelano. Esule in Cile dopo la dittatura di Pérez Jiménez, insegnò a Pittsburgh e a Caracas. La sua poesia ha una tensione poetica che gioca con il linguaggio e si biulancia tra senso e coscienza.


venerdì 23 luglio 2021

Per credere nelle rose


SIMONE CONSORTI

I CIECHI CONOSCONO I CIELI

I ciechi conoscono i cieli
e spesso hanno un loro concetto
degli arcobaleni
Più di tutto sono esperti di spazi immensi
e di giorno vanno di notte nei deserti

Ci vuole immaginazione
per credere nelle rose
ci vuole un bel po’ d’esperienza
per setacciare la realtà dall’apparenza

A volte un cieco giovane
si scopre un cieco vecchio
ma ho visto ciechi che hanno visto ciechi
che hanno visto ciechi
che hanno visto se stessi allo specchio

(da Nell’antro del misantropo, L’arcolaio, 2014)

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Un intervistatore chiese a Ray Charles "Ho sentito dire che se Dio le volesse restituire la vista, lei non accetterebbe. È vero?" Il cantante confermò: "Quando non si vede, si apprezzano di più gli altri e talvolta la tua vita viene toccata da persone meravigliose, che magari non sono confezionate meravigliosamente, ma se sei cieco non lo sai”. A questo mi ha fatto pensare la poesia di Simone Consorti, all’infinita immaginazione che chi è privo della vista deve sviluppare per conoscere il mondo.

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PABLO PICASSO, "IL PASTO DEL CIECO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo diversi, ciechi e vedenti, l'uno dall'altro, non nei nostri sensi, ma nell'uso che ne facciamo, nell'immaginazione e nel coraggio con cui cerchiamo la saggezza oltre i sensi.
HELEN KELLER, Il mondo a cinque sensi




Simone Consorti (Roma, 1973). Insegnante di liceo, ha esordito con L’uomo che scrive sull’acqua “aiuto” (1999). Oltre ai romanzi e alla pièce Berlino kaputt mundi, tra numerose raccolte poetiche spiccano Nell’antro del misantropo (2014) e Le ore del terrore (2018). Si occupa di street photography tenendo mostre personali in Italia e partecipando a collettive in Russia.


giovedì 22 luglio 2021

Henri Deluy


Il 20 luglio è morto all’età di 90 anni il poeta francese Henri Deluy, fondatore nel 1958 della rivista Action poétique, che diresse fino alla sua chiusura, nel 2012. Secondo Eric Loret di Le Monde, “la sua scomparsa viene a segnare la fine di un’epoca, quella delle riviste e della dominazione della poesia nel campo teorico della creazione francese: desiderio di cambiare il mondo, di aprirsi ad esso (…) o più modestamente di interrogare la lingua che permette di dargli forma”. Una questione che si poneva lo stesso Deluy, che nel 1933 aveva chiesto tramite Action poétique ai suoi colleghi: “La forma poesia va sparendo, può, deve sparire?”. La sua poesia, influenzata da Breton, Peret, Majakovskij e Gelman, trasse linfa dall’incontro, grazie alla prima moglie, con l’avanguardia olandese di Cobra.

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UN PO’ D’AMORE

Non so dove ti ho vista la prima volta.
forse era sotto un portone.
il giorno dei regali. Pioveva per me.
Ti facevano male le braccia.
Ero quel bambino che percorre i fiumi.

Oggi,
per finire,
tu ripassi i tuoi aghi e il tuo falso filo in me.

Nudo nel canile,
stasera berrò
sdraiato quest'acqua di cui sei fatta.

Ho il tuo compleanno a portata di mano.

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L’ACQUA PIÙ BELLA

Il giglio al giglio
liliacea tu stessa

Ma in fondo
nel profondo del sesso
l’acqua manca ancora e sempre.

(da L’infrazione, 1974)

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LA FRASE DEL GIORNO
Dire che un poeta scrive ciò che vuole è sbagliato. Scrive quello che può. Ma scrive con quello che è.
HENRI DELUY




Henri Deluy (Marsiglia, 25 aprile 1931 – 20 luglio 2021), poeta e traduttore francese. Fondò e diresse per 54 anni la rivista Action poétique. Attivista politico del PCF, considerava suoi ispiratori André Breton e Benjamin Peret e, in seguito ai suoi viaggi, Vladimir Majakovskij e Juan Gelman. Deluy era noto anche come cuoco eccellente.


mercoledì 21 luglio 2021

Passi nel vento


BERTOLT BRECHT

A M.

Quella notte che tu non venisti
io non mi addormentai ma andai
più volte sulla porta e pioveva, e di nuovo rientrai.

Non lo sapevo allora: ora invece lo so:
quella notte era già come quelle altre notti
che non venisti più e io non dormivo
e già quasi non aspettavo più
ma andavo spesso sulla porta
perché lì pioveva ed era freddo.

Ma dopo quella notte ed anche in anni successivi ancora
udivo, quando la pioggia gocciolava, i tuoi passi
sulla porta e nel vento la tua voce
e il tuo pianto all’angolo freddo,
perché non potevi entrare.

Così mi alzavo spesso nella notte e
andavo sulla porta e l’aprivo e
facevo entrare chi non aveva patria.
E vennero mendicanti e puttane, marmaglia
e gente d’ogni sorta.

Ora molti anni sono trascorsi e
anche se ancora gocciola pioggia e c’è vento
se tu venissi ora nella notte, lo so
io non riconoscerei più te, non la tua voce
e non il tuo viso, perché è mutato.
Ma odo ancor sempre passi nel  vento
e pianto nella pioggia e che qualcuno
vuole entrare.

(Sebbene tu allora non sia venuta,
amore, ed ero io che aspettavo!)
E io voglio andar fuori sulla porta
e aprire e vedere se qualcuno è venuto.
Ma non mi alzo e non vado fuori e non vedo
e neppure viene qualcuno.

1922

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La M. cui è dedicata questa poesia è l’attrice e cantante d’opera Marianne Zoff, con cui Bertolt Brecht fu brevemente sposato. È una poesia struggente sulla delusione e sulla nostalgia amorosa, ricorda certi lirici greci dell’Antologia Palatina ma con una voce più delicata, più malinconica, fa pensare a Pavese e al suo amore disperato, quello che ispirò a De Gregori i versi della canzone Alice: “Cesare perduto nella pioggia / sta aspettando da sei ore / il suo amore ballerina”. Un’illusione che svanisce lentamente, trasformandosi da speranza in abitudine e poi in accettazione.

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FOTOGRAFIA © GEORGE HODEN

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LA FRASE DEL GIORNO
È stato molto tempo fa, e ora / non so più nulla di lei che una volta / era tutto. / Ma tutto / passa.
BERTOLT BRECHT




Eugen Bertolt Friedrich Brecht (Augusta, 10 febbraio 1898 - Berlino Est, 14 agosto 1956), teorico del teatro, poeta, regista e drammaturgo tedesco, è noto soprattutto per le opere teatrali: “L’opera da tre soldi”, “Madre Coraggio e i suoi figli”, “Vita di Galileo”.


martedì 20 luglio 2021

L’aglio apre il suo pugno


LUZ MACHADO

L’AGLIO

L'aglio apre il suo pugno,
il suo bianco pugno odoroso che trattenne libellule
non nate.
Ma quando arriva a casa mia
e spoglio le sue mezzelune fragranti
e schiaccio la sua piccola colombaia impazzita,
l'aglio grida per tutto il tempo che è stato nascosto.

Allora sa
quanto è breve la libertà sulla terra.

(da La casa dentro, 1965)

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Ci sono odi alla cipolla – di Pablo Neruda e Wisława Szymborska, ad esempio – e al pomodoro e all’anguria, sempre di Neruda. La poetessa venezuelana Luz Machado si sofferma su un altro ingrediente molto usato nelle cucine di tutto il mondo, particolarmente apprezzato in quella mediterranea: l’aglio. E partendo da una serie di immagini surrealiste arriva a una riflessione sulla libertà.

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LA FRASE DEL GIORNO
Nelle mie mani, come una scheggia cosmica, un solo ago / compie i miracoli più semplici, senza uscire di casa.
LUZ MACHADO, La casa dentro




Luz Machado (Ciudad Bolívar, 3 febbraio 1916 – Caracas, 11 agosto 1999), poetessa, giornalista e attivista venezuelana. Fondò il Circolo degli Scrittori e diresse il movimento femminista venezuelano. Le sue poesie trattano della città, del luogo natale, dell’anima, dell’amore desiderato e perduto, e riflettono sulla parola.


lunedì 19 luglio 2021

Lo sperperatore


FABIO PUSTERLA

BILANCIO DELLO SPERPERATORE

Tutte le mie ricchezze
le ho gettate al vento
in una sola notte
o forse due.

I talenti che avevo: sperperati.
Scomparse le onde del mio mare,
asciutti i fiumi. Le stelle
ho voluto spegnere una dopo l'altra:
come un gioco. E ho regalato il buio
a un commerciante di luce.

Non ho tenuto fede
a nessuna promessa,
ho perso ogni cosa
con piena volontà
.

(da Pietra sangue, Marcos y Marcos, 1999)

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Un figliol prodigo non pentito, un personaggio degno dell’Antologia di Spoon River questo che mette in scena il poeta svizzero Fabio Pusterla. Si tratta in realtà di quello che per la società è un fallito ma che rivendica la propria libertà e richiama alla mente il conte Mascetti di Amici miei Atto II, film cult del 1982 di Mario Monicelli: “Come quando i Conti Mascetti andavano fuori con l'Isotta Fraschini, lo chauffeur, il maggiordomo e un orso bruno al guinzaglio. Io in cinque anni mi sono fatto fuori tutto il patrimonio mio e quello di mia moglie Alice. Eh sì, calcolato al giorno d'oggi saranno circa 6 miliardi e me ne vanto, me ne vanto!

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REMBRANDT VAN RIJN, "IO E SASKIA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Essere avaro vuol dire rubare agli altri scialacquare vuol dire rubare a sé ed agli altri.
PAOLO MANTEGAZZA




PusterlaFabio Pusterla (Mendrisio, 1957) è un poeta, traduttore e critico letterario svizzero di lingua italiana. Laureato in Lettere Moderne, insegna al Liceo Cantonale di Lugano 1 e all’Università della Svizzera Italiana. Ha vinto il Premio Montale 1986.


domenica 18 luglio 2021

Ti ricordi di me?


TUA FORSSTRÖM

PENELOPE

1

Sono la moglie, reclusa.
Gli anni sono fuggiti come acqua,
una ci si abitua. È successo
che mi sono separata dalla mia attesa
e ho guardato i miei Pretendenti, negandoti.
Ho dimenticato me, ho dimenticato
le notti sotto le tue mani
come ci si dimentica di un sogno
finché non ritorna. Tanti anno sono passati
come istanti. C’è
un’attesa tale che ci si separa.


2

Quello che chiamiamo tempo
è talvolta addestrarsi
ai dubbi, alle assenze.
Quello che chiamiamo tempo
è forse infine rinunciare
Io dimentico! Dimentico
il suo nome!
La guerra deforma.
La memoria diminuisce.
Recludersi o essere reclusa
alla fine è uguale. Ma
che dire dell’abbraccio negato
come acqua versata?


3

Ossa capelli piume squame!
Gli anni passano allegri e si fa notte
Inviolabili sono le leggi dei minerali
nella terra, le superfici colorate si staccano:
sul volto incustodito che era quello del sogno
sul volto incustodito che era la maschera incustodita
dei sogni


4

Un corpo è uno scrigno che contiene
reliquie, ossa come porcellana
Io non sono ancora
vecchia, questo mi dà fastidio!
Tesso una tela. Stanotte
ho sognato una nave che andava alla deriva
verso una costa lontana
Ti ricordi di me? Chi
ritorna è sempre un altro
con le ombre della guerra sulla fronte,
con cicatrici d’oltremare
incise sul corpo
Chi ritorna com’era?
Quello che si perde è vero:
quello che si perde lo si serba
per sempre. Un’attesa,
un uomo. Ti ricordi di me?
Fai in fretta, se puoi.

(da I parchi, 1992)

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Ancora Penelope. Dopo il rimpianto letto da Ghiannis Ritsos, la nostalgia su cui ha puntato lo sguardo Katerina Anghelaki-Rooke, l’affermazione dell’indipendenza femminile sognata da Carol Ann Duffy, ecco una lettura psicologica da parte della poetessa finlandese Tua Forsström: è una Penelope che si macera nei dubbi, che si dibatte nell’ansia dell’attesa, incerta se cedere e dimenticare o resistere e mantenere viva la speranza del ritorno di Odisseo, irresolutezza che si propagherà del resto anche al ritorno dell’eroe omerico, prima della scena del riconoscimento nel libro XXIII dell’Odissea: “Creatura mia, il cuore nel mio petto è attonito: / non riesco né a dirgli parola, né a interrogarlo, / né a guardarlo nel viso. Ma se è davvero / Odisseo che in patria è tornato, oh molto bene / e facilmente potremo conoscerci: abbiamo per noi / dei segni segreti, che noi sappiamo e non gli altri”.

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SASSAN TABATABAI, "L'ATTESA DI PENELOPE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Che cos'è l'attesa? Una freccia che vola e che resta conficcata nel bersaglio. Che cos'è la sua realizzazione? Una freccia che oltrepassa il bersaglio
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SØREN KIERKEGAARD, Diario




Tua Birgitta Forsström (Porvoo, 2 aprile 1947), poetessa e scrittrice finlandese di lingua svedese. Vincitrice del Nordisk råds litteraturpris nel 1998 per la raccolta di versi Dopo aver passato una notte tra i cavalli, nel 2019 è stata eletta all'Accademia svedese.


sabato 17 luglio 2021

Rimanere, andarsene


JOHN MONTAGUE

NON C’È MUSICA

Ti dirò una dolorosa verità, poco compresa
è più difficile lasciare che essere lasciati:
rimanere, andarsene, fa comunque male.
Avrai sempre me da incolpare,
puoi sognare che avremmo potuto navigare;
dalla costola dell’assenza alla cordiale finzione.
Per strappare il vecchio amore dalle radici,
calpestare gli affetti passati:
non c'è musica per una canzone così dura.

(da Poesie scelte, 1982)

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Le poesie di John Montague trovano spesso la loro forma in sequenze estese che coinvolgono temi di viaggio ed esilio, identità nazionale e perdita personale. Qui il poeta irlandese si abbandona alla sfera privata raccontando la difficoltà di una separazione, quando l’amore finito rappresenta comunque una lacerazione.

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RICHARD BLUNT, "UNA STORIA DA RICORDARE"
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LA FRASE DEL GIORNO
Tutti di solito sono convinti che le persone si separano perché una si è stancata dell'altra, per propria volontà o per volontà dell'altra persona. Ma non è così. I periodi finiscono, come cambiano le stagioni. Semplicemente. È una cosa su cui la volontà individuale non ha nessun potere. Viceversa, si ha la possibilità, fino a quando verrà quel giorno, di godere di ogni momento.
BANANA YOSHIMOTO, H/H




MontagueJohn Patrick Montague (Brooklyn, New York, 28 febbraio 1929 – Nizza, 10 dicembre 2016), poeta irlandese, è uno dei poeti anglofoni più noti della seconda metà del ‘900. Nel 1998 fu il primo a occupare la nuova Ireland Chair of Poetry, nel 2010 fu insignito della Legion d’Onore.


venerdì 16 luglio 2021

Parlare di me


JOÃO CABRAL DE MELO NETO

DUBBI APOCRIFI DI MARIANNE MOORE

Ho sempre evitato di parlare di me,
parlarmi. Volevo parlare di cose.
Ma nella scelta di queste cose
non ci sarà un parlare di me?

Non ci sarà in questo pudore
di parlare di me, una confessione,
un’implicita confessione
piuttosto, un’assenza di pudore?

La cosa di cui parlare
fino a dove è pura o impura?
O sempre si impone, anche impura,
a chi di lei vuole parlare?

Come sapere se sono tante le cose
di cui parlare o non parlare?
E se evitarla, o non parlare,
è il modo di parlare delle cose?

(da Agrestes, 1985)

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I poeti si mettono a nudo nelle poesie – i dubbi che il poeta brasiliano João Cabral de Melo Neto mette nella penna di Marianne Moore, celebre poetessa statunitense che scriveva per compensare la propria insufficienza emotiva, sono naturalmente anche i suoi: ma scrivere di “cose” alla fine non è scrivere anche di se stessi e di quelle emozioni delle quali non si voleva parlare?

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DISEGNO DI JOHN SOKOL

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LA FRASE DEL GIORNO
Che cos’è più preciso della precisione?
MARIANNE MOORE




JJoão_Cabraloão Cabral de Melo Neto (Recife, 9 gennaio 1920 – Rio de Janeiro, 9 ottobre 1999), poeta e diplomatico brasiliano, vincitore del Premio Camões nel 1990. Vedeva la poesia con un forte rigore estetico, priva di confessioni del poeta tra le rime: poesia non emotiva, ma cerebrale fatta di linguaggio ricercato e pensiero.


giovedì 15 luglio 2021

Uno stesso orizzonte


RAFFAELA FAZIO

BIRDWATCHING

Ci appostiamo.
Voi tra i giunchi
io su un piano.
È dal fianco del monte ch’io aspetto
il levarsi di un segno. Voi studiate
lo stagno, chi scende a beccare l’insetto.
E poi a sera
ci scambiamo gli appunti. O restiamo in silenzio.

Forse un giorno
quei voli diversi
bucheranno la linea del tempo

fino a noi nuovamente.
E noi tre a guardarli
a guardarci distanti
ma uniti
su uno stesso orizzonte.

(da Un’ossatura per il volo, Raffaello, Rimini, 2021)

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“Al compimento dei miei cinquant’anni, sento di avere almeno una certezza. Delle tante cose che mi hanno resa ciò che sono, una mi è particolarmente cara: la maternità, che mi ricorda i miei limiti e, insieme, mi costringe a non gettare la spugna”: Raffaela Fazio celebra il mezzo secolo di vita con questa raccolta, radunando cinquanta poesie dedicate ai figli Juliette e David nel corso degli anni e alcuni inediti, tra i quali quello proposto, creando in questo modo un diario in cui registra i sentimenti un po’ come si fa con le altezze segnate di tanto in tanto sul muro della stanza dei bambini. Perché “dal mio posto / la sera sul divano / azzero i conti / e salpo più serena oltre i confini / se accanto / ho entrambi i vostri corpi”.

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FOTOGRAFIA © SKOLSKI PORTAL

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma forse insegna questo / la distanza: / vedere dove meno la si attende / la stella / ormai priva di materia / scoprire / diversa, sempre viva / una presenza.
RAFFAELA FAZIO, Un’ossatura per il volo




FazioRaffaela Fazio (Arezzo, 1971), laureata in lingue e politiche europee e specializzata in interpretariato, ha pubblicato Corolle, Per ogni cosa incompiuta, A un filo più lento, Ogni onda è il mare. Rime da regalare, A garante il mistero , La boîte, L’arte di cadere, Ti slegherai le trecce, L’ultimo quarto del giorno.


mercoledì 14 luglio 2021

Il colpo di straccio


LILIANE WOUTERS

RICORDI

Ricordi, sono i miei amici
così cari, partiti in fretta,
ricordi, sì, è la parola,
questi volti nelle fotografie,
questi destini che tessono la loro storia
in segreto intorno alla mia vita.

Sulla lavagna della mia memoria
non ritrovi più i loro tratti:
il colpo di straccio del passato
li ha cancellati per sempre.

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Oblio e memoria: la poetessa belga Liliane Wouters medita con un amaro fatalismo su questi elementi legati al passato, ricordando il passaggio nella sua vita di persone che le sono state care e contemporaneamente quell’incompletezza del vivere che è caratteristica di fondo della sua poetica: “Luogo, durata, ah, che mi importa, / tutto va sullo stesso treno. / Non coglierò che un granello / di sabbia del destino, /per coglierlo, io sono nata”.

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ÉDOUARD VUILLARD, "LA SIGNORA VUILLARD A COLAZIONE A LA TOQUADE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Scrutare una foto fa male: / come rovistare nella sabbia.
LILIANE WOUTERS




Liliane Wouters, (Ixelles, 5 febbraio 1930 – Gilly, 28 febbraio 2016), poetessa, drammaturga, traduttrice e saggista belga di lingua francese. La sua poesia è all’insegna del “grido controllato”, rigorosa, precisa ed elegante, generalmente espressa in brevi componimenti ricchi di immagini e di musicalità.


martedì 13 luglio 2021

Michael Horovitz


Michael Horovitz, poeta, editore, traduttore, e trovatore anarchico prestato al jazz, è morto a 86 anni al St. Mary Hospital di Londra il 7 luglio. Era ricoverato per le conseguenze di una caduta. Profeta della forma libera ispirata al jazz, cionsiderava come suo maestro William Blake e fu il padre del movimento Beat inglese, pubblicando sulla rivista New Departures, da lui fondata mentre ancora studiava a Oxford, i testi di William Burroughs, Allen Ginsberg e Jack Kerouac puntando l’attenzione sulla controcultura. Celebre è la sua presenza alla International Poetry Incarnation alla Royal Albert Hall di Londra l’11 giugno 1965, al fianco di Adrian Mitchell, Lawrence Ferlinghetti, Burroughs e Ginsberg. DI lui il giornalista e musicista MIles Kington ha detto: “Mike Horovitz è un poeta per vocazione, mestiere, impulso, abitudine e qualsiasi altra cosa tu voglia menzionare. La poesia per lui è parte della vita, parte dello spettacolo, parte del camminare per strada. Lo ricordo a Oxford all'inizio degli anni '60, con i capelli che minacciavano di fargli perdere gli occhiali, dichiarando, sfidando il pubblico a rendersi conto che la Verità e l'Arte erano nell'aria tra loro”.

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CANZONE PER FRANCES

Ti sento definire la mia testa una botte
In cui i bambini riempiono i secchielli
Mentre fluttuo e stormisco nel cielo
Il sole alla tua coda di sirena va in volo
La terra canta attraverso te da dove fluiscono gli oceani
Nutrendo foreste nel passato sommerse
In cui le meduse si dimenano verso il barile che spruzza
del cibo delle stelle – in cui nessun uomo litiga
Scacci le mosche con una bacchetta magica di fresche piccole felci
Giungi dolcemente alla mia mente in una radura di sogni
Mentre la luna si addormenta mentre il gallo saluta il sole
Camminiamo sull’aria, stiamo a galla
- uccello e pesce tutt’uno.

(Traduzione di Raffaella Marzano)

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L’ILLUMINAZIONE

L’Illuminazione
è
a volte
respirare
il lampione della strada
all’alba
e leggere
tra
i rami
una carta
del cielo
spazio

pura luce

(da Wordsounds and Sightlines: New and Selected Poems, 1994)

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LA FRASE DEL GIORNO
La mia speranza con tutto ciò che devo fare è cercare di unire pubblico e poesia.
MICHAEL HOROVITZ




Michael Yechiel Ha-Levi Horovitz (Francoforte sul Meno, 4 aprile 1935 – Londra, 7 luglio 2021), poeta, artista e traduttore inglese. La sua famiglia ebrea riparò in Inghilterra per sfuggire al nazismo. Nel 1959 fondò la rivista New Departures che contribuì a lanciare il Movimento Beat nel Regno Unito pubblicando testi di Burroughs, Ginsberg e Kerouac.


lunedì 12 luglio 2021

Un commovente azzurro


RAINER MARIA RILKE

ORTENSIA AZZURRA

Come su tavolozze ultimo verde
son queste foglie, secche, opache e ruvide
dietro le inflorescenze che un azzurro
non hanno in sé, ma da lontano specchiano.

Nebuloso lo specchiano e inesatto
come se già volessero riperderlo,
e come vecchia carta da lettera celeste
d’un tempo, hanno in sé il grigio, il viola e il giallo,

stinti, come un grembiule dell’infanzia,
smesso ormai, cui più nulla accade: senti
la brevità di una piccola vita.

Ma a un tratto in una delle inflorescenze
sembra il colore avvivarsi e si vede
un commovente azzurro rallegrarsi del verde.

Parigi, luglio 1906.

(da Nuove poesie, 1908 - Traduzione  di Giuliano Baioni)

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È l’azzurro a emergere sin dal titolo – in tedesco Blau Hortensie, senza articolo –, a farsi protagonista di questa poesia di Rainer Maria Rilke. il letterato austriaco pare quasi anticipare il Cubismo o svolgere un tema di Cézanne, in questo sonetto che è come una tavolozza in cui però un colore domina, quel blu che i fiori dell’ortensia assumono quando incontrano un terreno acido.

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FOTOGRAFIA © ADRIAN PELLETIER/PIXNIO

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LA FRASE DEL GIORNO
Puoi ordinare e disporre / parole senza posa, / ma come esprimerai / l’essenza di una rosa?
RAINER MARIA RILKE, Poesie




René Karl Wilhelm Johann Josef Maria Rilke, noto come Rainer Maria Rilke (Praga, 4 dicembre 1875 – Les Planches, 29 dicembre 1926), scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema. È celebre soprattutto per le Elegie duinesi  i Sonetti a Orfeo e I quaderni di Malte Laurids Brigge. La sua poesia, influenzata da Nietzsche, vede una realtà senza consolazioni.


domenica 11 luglio 2021

Una grande stella


ELSE LASKER-SCHÜLER

CONCILIAZIONE

Cadrà una grande stella nel mio grembo…
Vogliamo vegliare la notte,

pregare nelle lingue
intagliate come arpe.

Vogliamo conciliarci la notte,
tanto trabocca Dio.

Son bimbi i cuori nostri,
che vorrebbero dolci di stanchezza posare.

E vogliono baciarsi
le nostre labbra – di che cosa temi?

non confina il mio cuore
col tuo – sempre il tuo sangue mi colora
le guance in rosso

Vogliamo conciliarci la notte,
se ci abbracciamo non moriamo.

Cadrà una grande stella nel mio grembo.

(da Meine Wunder, 1911 – Traduzione di Nicola Gardini)

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Lo Yom Kippur, festa religiosa ebraica che cade in settembre, è il Giorno della Riconciliazione, il momento in cui si chiede perdono delle proprie colpe, non solo a Dio, ma a chiunque si è recata offesa, intenzionalmente o involontariamente. La poetessa tedesca Else Lasker-Schüler lo fa con questi versi espressionisti, che ispireranno poco dopo al pittore Franz Marc la litografia riprodotta qui sotto.

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FRANZ MARC, "RICONCILIAZIONE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Sempre devo fare come vuole la tempesta, / Sono un mare senza riva.
ELSE LASKER-SCHÜLER, Ballate ebraiche




LaskerElse Lasker-Schüler, all'anagrafe Elisabeth Schüler (Elberfeld, 11 febbraio 1869 – Gerusalemme, 22 gennaio 1945), poetessa tedesca. Frequentò l’ambiente espressionista, i cui autori la sostennero economicamente dopo il secondo divorzio. Nel 1933, pochi mesi dopo aver vinto il Premio Kleist, emigrò a Zurigo in seguito alle minacce naziste.


sabato 10 luglio 2021

Un grido buono


GIOVANNI PASCOLI

NEL CUORE UMANO

Non ammirare, se in un cuor non basso,
cui tu rivolga a prova, un pungiglione
senti improvviso: c’è sott’ogni sasso
                                  lo scorpïone.

Non ammirare, se in un cuor concesso
al male, senti a quando a quando un grido
buono, un palpito santo: ogni cipresso
                                  porta il suo nido.

(da Myricae, Giusti, 1905)

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In ogni uomo convivono il bene e il male. Giovanni Pascoli si trasforma in poeta-filosofo e scruta l’animo umano alla ricerca di questa ambivalenza, e lo fa con i suoi classici esempi tratti dall’osservazione della natura: se il male è lo scorpione che si nasconde sotto i sassi, il bene è il nido vitale nel folto di un cipresso.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPERFLARE

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LA FRASE DEL GIORNO
Come il bene potrebbe amare il male senza soffrire? Anche il male soffre amando il bene.
SIMONE WEIL, L’ombra e la grazia




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.


venerdì 9 luglio 2021

Come sei bella


GHIANNIS RITSOS

PAROLA CARNALE, 9

Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa. Ho fame di te. Ho sete di te.
Ti supplico: nasconditi; renditi invisibile a tutti; visibile solo a me; coperta
dalle punte dei piedi ai capelli da un velo nero trasparente
screziato dei sospiri d’argento di lune primaverili. I tuoi pori emettono
vocali, consonanti di desiderio; si articolano parole segrete;
eruzioni rosa dall’atto dell’amore. Il tuo velo si gonfia, splende
sulla città annottata coi bar fiochi, le osterie sul mare;
la farmacia notturna illuminata da proiettori verdi, una sfera di vetro
rotea velocemente mostrando paesaggi della terra. L’ubriaco barcolla
in una bufera portata dal respiro del tuo corpo. Non andare. Non andare.
Così materiale e inafferrabile. Un toro di pietra
salta sull’erba secca dal frontone. Una donna nuda sale la scala di legno
con una bacinella d’acqua calda. Il vapore le nasconde il viso. Alto nell’aria
un elicottero in perlustrazione ronza in un punto indefinito. Mettiti in salvo.
Cercano te. Nasconditi più in fondo tra le mie braccia. Il pelo
della coperta rossa che ci copre cresce incessantemente,
diventa un’orsa incinta la coperta. E sotto l’orsa rossa
ci amiamo infinitamente, oltre il tempo e oltre la morte,
in un’unica unione universale. Come sei bella. La tua bellezza mi spaventa.
E ho fame di te. E ho sete di te. E ti supplico: nasconditi.

(da Erotica, 1981 - Traduzione di Nicola Crocetti)

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”La Poesia non ha mai camminato così / sotto i bianchissimi meli in fiore di nessun Paradiso” ha scritto Ghiannis Ritsos in una delle liriche di Parola carnale che precedono questa. Ecco perché vorrebbe tutta per sé la Bellezza di Diotima, perché ambisce ad essere l’unico fruitore di quell’amore capace di dare voce all’estasi sublime della parola. Ed è per questo che nei due versi immediatamente successivi dirà: “Tutti i corpi che ho toccato, che ho visto, che ho preso, che ho sognato, / tutti addensati nel tuo corpo”.

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JOHN WORTHINGTON, "IL SUSSURRO DEL MARE"

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia / ah la poesia – diceva – / un coito infinito.
GHIANNIS RITSOS, Erotica




Ghiannis Ritsos (Monemvasia, 1º maggio 1909 – Atene, 11 novembre 1990), poeta greco tra i maggiori del XX secolo. Fu candidato nove volte al Premio Nobel. La sua vita fu animata da un'incrollabile fede negli ideali marxisti e nelle virtù catartiche della poesia.


giovedì 8 luglio 2021

Quello che ti dice la memoria


JOSÉ EMILIO PACHECO

MEMORIA

Non prendere troppo sul serio
quello che ti dice la memoria.

Potrebbe non essere stato quel pomeriggio.
Forse tutto fu illusione.

La grande passione
è esistita solo nel tuo desiderio.

Chi ti dice che non ti stia raccontando balle
per prolungare la fine
e suggerire che tutto ciò
almeno ha avuto un senso.

(da La sabbia errante, 1999)

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Possiamo fare affidamento sulla nostra memoria? Il poeta messicano José Emilio Pacheco non ne è tanto convinto: il tempo sbiadisce ricordi, li altera, li scompone e li ricompone poi in forme differenti, arrivando all’autoinganno, sconfinando nel sogno – che spesso a sua volta è realizzazione di un desiderio: il falso ricordo sarà almeno servito a dare un senso ad ogni cosa.

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FOTOGRAFIA © BEKIR TAYFUN TOKUCU/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
La finzione / che chiamiamo memoria e che è oblio che inventa.

JOSÉ EMILIO PACHECO, Città della memoria




José Emilio Pacheco Berny (Città del Messico, 30 giugno 1939 - 26 gennaio 2014), scrittore, poeta, saggista e traduttore messicano. Fu parte integrante della Generazione dei ‘50. La sua poesia concentra l’attenzione sulla storia, sulla ciclicità del tempo, sull’universo dell’infanzia e sulla vita nel mondo moderno.


mercoledì 7 luglio 2021

Una nuova voce


MARY OLIVER

IL VIAGGIO

Un giorno, finalmente, hai capito
quel che dovevi fare e hai cominciato,
anche se le voci intorno a te
continuavano a gridare
i loro cattivi consigli;
anche se la casa intera
si era messa a tremare
e ti sentivi alle calcagna
l’antico contrasto.
“Sistema la mia vita!”,
gridava ogni voce.
Ma non ti fermasti.
Sapevi quel che andava fatto,
anche se il vento frugava
con le sue dita rigide
giù fino alle fondamenta,
anche se la loro malinconia
era terribile.
Era già piuttosto tardi,
era una notte tempestosa,
la strada era piena di sassi e rami spezzati.
Ma poco a poco,
mentre ti lasciavi alle spalle le loro voci,
le stelle si sono messe a brillare
attraverso gli strati di nubi
e poi c’era una nuova voce
che pian piano hai riconosciuto come la tua,
che ti teneva compagnia
mentre t’inoltravi sempre più,
di buon passo, nel mondo,
determinata a fare
l’unica cosa che potevi fare;
determinata a salvare
l’unica vita che potevi salvare.

(da Il lavoro dei sogni, 1986)

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Questa di Mary Oliver è una poesia che va per la maggiore nei siti di mindfulness e di supporto psicologico, e non è difficile capire perché: è un inno al cambiamento, alla forza di prendere in mano la propria vita, a prendere coscienza delle proprie capacità attraverso quel viaggio interiore che libera dalle catene.

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FOTOGRAFIA © STOCKVAULT

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LA FRASE DEL GIORNO
Dimmi, cosa pensi di fare / della tua unica vita selvaggia e preziosa?
MARY OLIVER, Casa di luce




Mary Oliver (Maple Heights, Ohio, 10 settembre, 1935 – Hobe Sound, Florida, 17 gennaio 2019), poetessa statunitense, vincitrice del National Book Awards 1992 e del Premio Pulitzer 1984, è autrice di 32 raccolte poetiche e di quattro saggi sulla poesia. Il New York Times l’ha definita “Di gran lunga, la poetessa di questo paese che ha venduto di più”.