mercoledì 30 settembre 2015

E tu nel mio cuore

 

HARRY MARTINSON

APPELLO

La luna piena risplende sul mare
e tu nel mio cuore.
La riva attende e invecchia. Tu non vieni mai.
Fugace il sentiero lunare sul mare che inghiottì
il veliero col quale a lungo avremmo vagato
condotti dal desiderio, suonando il flauto e la cetra
unendo canto e carne nell’argenteo vento.

(da Le erbe nella Thule, Einaudi, 1975 - Traduzione di Giacomo Oreglia )

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Particolare è la figura del poeta svedese Harry Martinson, Premio Nobel per la Letteratura nel 1974: in gioventù ebbe una vita di avventure e viaggi e, tornato in patria, girò la Svezia come vagabondo. Di quei tempi rimase nei suoi versi la capacità di sorprendersi della natura e di raccontarla con uno sguardo al contempo romantico e umano, come in questo sogno ad occhi aperti in cui la luce della luna piena si trasforma nella strada che ha inghiottito il veliero dell’amore.

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Collier

DAN COLLIER, “SAILING ON STAR LIGHT AND NIGHT MOON”

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LA FRASE DEL GIORNO
Mare e stelle cerco di riunire in me, in una sorta di navigazione spirituale, quasi una legge superiore che liberi dal nichilismo e dalle simulazioni.
HARRY MARTINSON, Le erbe nella Thule, Prefazione




Harry Martinson (Jämshög, 6 maggio 1904 – Stoccolma, 11 febbraio 1978,) scrittore e poeta svedese. Nel 1949 venne eletto membro dell'Accademia Svedese. Nel 1974 gli venne conferito il Premio Nobel per la letteratura, insieme al connazionale Eyvind Johnson con la seguente motivazione: “per una scrittura che cattura le gocce di rugiada e riflette il cosmo”.


martedì 29 settembre 2015

Questo orto

 

ATTILIO BERTOLUCCI

DECISIONI PER UN ORTO

Bisogna rivalutare questo orto
recingerlo dove è aperto di rete metallica
azzurra sostituendo i pali fradici
pallidi di vecchiaia con altri
appena scortecciati di un bianco
che si dora all’aria con lentezza
e felicità e saranno le piogge e le nevi
di là da venire ad argentarli
così che di essi non si distingua l’età.
A suo tempo ricordarsi delle sementi
da inviare qui perché si provveda
a rendere fruttifera una terra
che produce soltanto alte ortiche
e gramigne ruvide e da una pianta folgorata
prugne selvatiche eccessivamente dolci.
Pregio di tale appezzamento misero
l’esposizione ad occidente e dunque
sul suo pendìo il sole della sera
a lambirci la faccia vecchio cane
da caccia in pista fra cielo e boschi
sublimi per altezza e intrico nero di rami.

(da Viaggio d'inverno, 1971)

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Viaggio d’inverno è la raccolta romana di Attilio Bertolucci: il poeta dell’Appennino parmense sente nostalgia di quella terra natale dove ritorna appena può, nel “corso paziente delle stagioni”: ripulire un pezzo di terra, ripristinare i pali e la rete di un orto da far coltivare e da rimirare durante l’estate, è un’attività apparentemente semplice che in realtà costituisce un ulteriore legame con le proprie radici.

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Zairis

EMMANUEL ZAIRIS, “RAGAZZA NELL’ORTO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Coltiviamo il nostro piccolo orto non solo per la speranza di poterne ricavare dei frutti un domani, ma soprattutto per il piacere che tale cura e tale speranza ci procurano oggi.
GIOVANNI SORIANO, Finché c’è vita non c’è speranza




Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


lunedì 28 settembre 2015

L’autunno ingrato

 

SARA TEASDALE

ASTRI SELVATICI

Chiesi alle margherite in primavera
se fosse sincero il mio amore.
Le brave margherite alla preghiera
rispondevano sempre, senza errore.

Ora su campi spogli ed incolori
spira l'autunno ingrato
e nessuno di questi ottusi fiori
sa dirmi qualche cosa del mio amato.

(Wild Asters, da Gli amorosi incanti, Crocetti, 2010 – Traduzione di Silvio Raffo)

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L’inquietudine e la nevrosi caratterizzarono la vita della poetessa statunitense Sara Teasdale fino all’annegamento nella vasca da bagno per un’overdose di pastiglie. Anche il gioco consueto del “m’ama non m’ama” e delle margherite, così caro agli innamorati, diventa preda di questa sua inguaribile ansia.

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Corcos

VITTORIO MATTEO CORCOS, “M’AMA NON M’AMA”

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LA FRASE DEL GIORNO
Sì, la mancanza d’amore è la più amara di tutte.
SARA TEASDALE, Elena di Troia e altre poesie




Sara Teasdale (St. Louis, Missouri 8 agosto 1884 – 29 gennaio 1933), poetessa statunitense. La sua vita, caratterizzata dall’inquietudine e dalla nevrosi, finì con il suicidio. Le sue poesie, dimenticate per anni, corrono sul filo dell’ironia e di una voluta semplicità.


domenica 27 settembre 2015

Il non domato spirito

 

UMBERTO SABA

ULISSE

Nella mia giovinezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onda emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano più al  largo,
per sfuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
è quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

(da Mediterranee, Mondadori, 1946)

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Tra i versi più celebri del poeta triestino Umberto Saba vi sono questi dedicati a Ulisse, all’Ulisse che è dentro ognuno di noi, a quello capace, come il protagonista del XXVI canto della Divina Commedia, di affrontare l’avventura del vivere e del sapere: “E volta nostra poppa nel mattino, / de' remi facemmo ali al folle volo”. Saba, da ragazzo, terminato il ginnasio, abbandonò gli studi alla Regia Accademia di Commercio e Nautica e si imbarcò come mozzo su un mercantile che navigava tra i porti della costa adriatica: fu il suo peregrinare come quello di Ulisse, fino al momento in cui accettò la vita per quello che è, ritornando così nella sua Itaca, nella coscienza di sé.

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Hünten

FRANZ HÜNTEN, “SHIPPING ON THE BOSPHORUS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Fu come un vano / sospiro / il desiderio improvviso d’uscire / di me stesso, di vivere la vita / di tutti, / d’essere come tutti / gli uomini di tutti / i giorni!

UMBERTO SABA, Canzoniere




Umberto Saba, pseudonimo di Umberto Poli (Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957), poeta italiano tra i massimi del ‘900. Di famiglia ebraica, fu avviato agli studî commerciali, e fu per lunghi anni direttore e proprietario di una libreria antiquaria a Trieste. La sua poesia, quasi intimo diario e confessione, indaga le cose ultime, la donna, l’amore, il senso atavico del dolore. La sua opera è raccolta nel Canzoniere.

sabato 26 settembre 2015

Dietro il lavabo

 

ANTONIO PORTA

IN RE

Lo sguardo allo specchio scruta l’inesistenza,
i peli del sopracciglio moltiplicano in labirinto,
l’occhio nel vetro riflette l’assenza, nel folto
i capelli, temporanea parrucca, sgomentano le mani:
cadono sulle guance.

L’inquietudine prolungata mette in evidenza
il mortale infinito dei pori dilatati,
estrema avventura di un oggetto che si trucca,
sceglie una direzione inconsapevole o folle.

Dietro il lavabo il corpo in oscillazione
sfugge l’abbaglio, rivoltante presenza,
indicatrice e lampante, nella camera a vuoto
tra piume mulina la soffocazione
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(da I rapporti, 1966)

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Fa molto Anni ‘60 questa poesia di Antonio Porta: ci sono le stesse considerazioni introspettive di Elio Pagliarani, lo stesso “sgomento metafisico”. C’è uno scritto del poeta, datato 1965, in Dietro la poesia, che spiega esattamente questi versi nei quali si manifesta “l’avversione per il poeta-io, quello che ci racconta la sua storia” e si avverte invece “l’importanza dell’evento esterno, da cui sentiamo colpita la comunità e non più, soltanto, la persona del poeta isolato: e lì ci si misura, noi, uomini (…) In questo senso si è interpretata la poetica degli oggetti, la poesia in re, non ante rem. (…) Gli eventi, gli oggetti, gli emblemi del vero, sono poi materia da lavorare in modo quasi artigianale assumendo senza riserve la metrica accentuativa”.

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HUNTLEY MUIR, “MAN SHAVING”

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LA FRASE DEL GIORNO
Prego che la poesia / forte e pietrificata / in passato e futuro / voglia sgorgare adesso liquida / musica su da un pozzo inesauribile.
ANTONIO PORTA, Yellow




Antonio Porta, pseudonimo di Leo Paolazzi (Vicenza, 9 novembre 1935 – Roma, 12 aprile 1989), scrittore e poeta italiano. Attivo nell'editoria, redattore di riviste e membro del Gruppo 63, fu presto noto come uno dei novissimi. La sua poesia, distintasi per l'iniziale oltranza innovatrice si è poi orientata verso toni più affabilmente comunicativi.


venerdì 25 settembre 2015

La fortezza

 

JORGE LUIS BORGES

LABIRINTO

Mai ci sarà una porta. Tu sei dentro
e la fortezza è pari all'universo
dove non è diritto né rovescio
né muro esterno né segreto centro.
Non sperare che l’aspro tuo cammino
che ciecamente si biforca in due,
che ciecamente si biforca in due,
abbia fine. È di ferro il tuo destino,
così il giudice. Non attendere l’urto
del toro umano la cui strana forma
plurima colma d’orrore il groviglio
dell’infinita pietra che s’intreccia.
Non esiste. Non aspettarti nulla.
Neanche nel nero annottare la fiera.

(Laberinto, da Elogio dell’ombra, 1969 – Traduzione di Francesco Tentori Montalto)

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Il labirinto è la nostra vita, è il mondo che ci confonde, è l’universo che non riusciamo a comprendere e resta per noi inintelligibile, è infine il tempo, come annota lo stesso Jorge Luis Borges (1899-1986) in Atlante, un suo tardo testo: “Questo è il labirinto di Creta il cui centro fu il Minotauro che Dante immaginò come un toro con testa di uomo e nella cui rete di pietra si persero tante generazioni come María Kodama ed io ci perdemmo quel mattino e seguitiamo a perderci nel tempo, quest’altro labirinto”.

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Relativity<br />July 1953<br />Woodcut<br />28.2x29.4cm

MAURITS CORNELIS ESCHER, “RELATIVITÀ”

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LA FRASE DEL GIORNO
Svegliare chi dorme / è imporre all'altro l’interminabile / prigione dell’universo.
JORGE LUIS BORGES, La cifra




Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.


giovedì 24 settembre 2015

In una camera d’albergo

 

VALÉRY LARBAUD

NEVERMORE

Nevermore!... e poi, uffa!
Ci sono influssi astrali intorno a me.
Sono immobile in una camera d’albergo
Piena di luce elettrica immobile...
Avrei voglia di vagare, nell’alba gialla, in un parco
Vasto e brumoso, colmo di bianchi lillà.
Ho paura d’avere orribili incubi;
E mi sembra d’aver freddo tanto è il chiarore.
O forse ho fame di cose sconosciute.

Ah! datemi il vento della sera sulle praterie,
E l’odore del fieno tagliato di fresco, come in Baviera
Una sera dopo la pioggia, sul lago di Starnberg,
Oppure ciò che provavo un anno fa,
Guardando dalla passarella del mio yacht
Aprirsi la baia verde e rosa di Gravosa.

(Nevermore, da Poèmes par un riche amateur, 1908 – Traduzione di Clotilde Izzo)

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Il poeta francese Valéry Larbaud viaggiò molto, anche grazie all’agiatezza della sua famiglia. Conosceva l’inglese, l’italiano, il tedesco e lo spagnolo, tradusse Samuel Butler e fu correttore per la traduzione dell’Ulisse di Joyce. Qui però lo troviamo in un momento di pausa, in una stanza d’hotel, colto da uno spleen quasi baudelairiano o forse semplicemente stanco: allora è la fantasia a vagare sull’onda dei ricordi.

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JACK VETTRIANO, “HEARTBREAK HOTEL”

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LA FRASE DEL GIORNO
La noia è una vertigine, ma una vertigine tranquilla, monotona; è la rivelazione della futilità universale, è la certezza, spinta fino allo stupore o fino alla chiaroveggenza suprema, che non si può, non si deve fare niente né in questo mondo né in quell'altro, non esiste al mondo niente che possa servirci o soddisfarci
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EMIL M. CIORAN




Valery Larbaud, conosciuto anche con gli pseudonimi A.-O. Barnabooth, L. Hagiosy, X. M. Tourmier de Zamble (Vichy, 29 agosto 1881 – 2 febbraio 1957), è stato un romanziere, poeta e traduttore francese. aderì alle correnti e ai circoli letterarî d'avanguardia, in cui portò un gusto affinato dalla conoscenza delle letterature antiche e moderne, uno spirito creativo tendente all'estetismo e all'ironia.


mercoledì 23 settembre 2015

D’oro regale

 

JUAN RAMÓN JIMÉNEZ

STAMPA D'AUTUNNO

Verdeoro il gelsomino,
oro vecchio, il tramonto,
oronere le foglie secche
giacenti sull'acqua dorata; colmo
di sole d’oro il cuore senza nome,
d’oro il nero merlo,
ciechi gli occhi di Diana infranta
e la pura tristezza del suo sesso.

La sera in fiamme
come un tesoro. D’oro regale
è il cammino indolente della carne
e dei sogni l'esilarato errare.

(da Poemas mágicos y dolientes, 1909 – Traduzione di Oreste Macrì)

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L’equinozio alle 10.21 di questa mattina ci porta nell’autunno, la dolce stagione dell’oro e delle nebbie, gonfia di una languida malinconia stemperata nei colori del fogliame, che qui il Premio Nobel spagnolo Juan Ramón Jiménez stende con la tavolozza delle parole.

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Afremov

LEONID AFREMOV, “SILENCE OF THE FALL”

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LA FRASE DEL GIORNO
Non passa l'estate, no. / Arde, piuttosto, in mille braci: / l'autunno è la sua umida fiamma
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EDUARDO MITRE, Versi d’autunno




JimenezJuan Ramón Jiménez (Palos de Moguer, 24 dicembre 1881 - San Juan, Portorico, 29 maggio 1958), poeta spagnolo premiato con il Nobel nel 1956, fu uno dei principali esponenti della Generazione del ’14 e del Modernismo. La sua ricerca poetica lo portò a privilegiare la poesia nuda ed essenziale, fatta solo di immagine e di parola al di là della musicalità esteriore.


martedì 22 settembre 2015

L’addio dell’estate

 

MARIA LUISA SPAZIANI

LO SPIRITO DEL FIENO IMPREGNA L’ANIMA

Lo spirito del fieno impregna l’anima.
L’addio dell’estate. Si raccolgono
le rondini sui fili e sulle antenne,
anomali emigranti verso l’Africa.

Nuvole non più rosa si scaglionano
a isterici plotoni nel vento che le opprime.
Già si arrende il roseto e batte ai vetri
con raffiche di petali e di spine.

(da Poesia, n. 296 – Settembre 2014)

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È la fine dell’estate, ormai. Ce ne siamo resi conto, domani sarà il primo giorno d’autunno: le giornate ormai si sono accorciate, qua e là appare qualche foglia ingiallita, la temperatura è gradualmente calata, le piogge hanno scalzato l’anticiclone delle Azzorre che ci ha tenuti a bagnomaria nell’afa per un paio di mesi. Ora subentra la sensazione descritta dalla poetessa torinese Maria Luisa Spaziani, quel malinconico languore tipico del passaggio alla stagione autunnale.

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Rondini

FOTOGRAFIA © BOMOBOB

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita è un filo rosso. Ci attraversa / da alfa e omèga il battito del cuore.
MARIA LUISA SPAZIANI, La traversata dell’oasi




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


lunedì 21 settembre 2015

Il tempo è stato, il tempo

 

ELISABETH BORCHERS

COMPLEANNO DIMENTICATO

Chi si è seduto sulla mia sedia
Chi si è divorato il mio pranzo

Chi si è sdraiato sul mio letto
Chi non me lo ha lasciato intatto

Chi mi ha disperso al vento
Chi ha pesato i miei ricordi

Chi mi ha condotto al tuo giorno
Chi ha fatto spazio a se stesso
Il tempo è stato, il tempo

(da Was ist die Antwort, 1998)

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Già. Ha ragione la poetessa tedesca Elisabeth Borchers: è il tempo che disperde quello che siamo stati giorno dopo giorno, che si siede alla nostra tavola, che dorme nel nostro letto, come Riccioli d’Oro nella favola dei tre orsi. Non ci pensiamo spesso, ma quando cade un compleanno, allora – come si trae il bilancio di un anno ogni 31 dicembre – ci abbandoniamo a questo genere di riflessioni.

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Deutsch

FOTOGRAFIA © GUSTAV DEUTSCH (da MORNING SUN di EDWARD HOPPER)

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LA FRASE DEL GIORNO
Il tempo passa senza chiedere scusa.
JIRŌ TANIGUCHI, La ragazza scomparsa




Elisabeth Borchers (Homberg, 27 febbraio 1926 - Francoforte sul Meno, 25 settembre 2013), scrittrice e poetessa tedesca. Durante la seconda guerra mondiale ha vissuto in Alsazia. Ha scritto romanzi, poesie e opere teatrali. Scrisse anche per bambini e tradusse dal francese.


domenica 20 settembre 2015

Così è la mattina

 

SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN

MATTINA

Come un frutto che mostra
Aperto a metà
La freschezza del centro

Così è la mattina
Dentro la quale io entro

(da Livro Sexto, 1962 – Traduzione di Roberto Maggiani)

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Ci sono delle mattine così, come questa raccontata dalla poetessa portoghese Sophia De Mello Breyner Andresen. D’estate, ma in particolare nelle dolcezze di aprile e di settembre: si spalancano come tendaggi con il loro luminoso tepore e ci invitano ad entrare, a gustare la gradevole delizia del giorno.

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Adam

PATRICK ADAM, “THE MORNING ROOM”

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando brillerà il mattino, rifioriremo / E l’anima avrà quello splendore promesso / nelle forme che abbiamo perso.
SOPHIA DE MELLO BREYNER ANDRESEN




Sophia de Mello Breyner Andresen (Porto, 6 novembre 1919 – Lisbona, 2 luglio 2004), poetessa portoghese, seconda donna a vincere il Premio Camões nel 1999. La sua opera consta di 15 libri di poesia, pubblicati tra il 1947 e il 1999, che riconoscono alla parola un valore intrinseco e per questo sono rigorosi, armonici ed equilibrati. Scrisse anche racconti, opere teatrali e libri per ragazzi


sabato 19 settembre 2015

Nelo Risi


Il poeta e regista Nelo Risi è morto la sera di giovedì nella sua casa romana di Via del Babuino. Era nato a Milano il 21 aprile 1920 ed era fratello del regista Dino. Laureato in Medicina, non praticò mai la professione. Partito da una lezione montaliana, si era staccato dall’ermetismo trovando il suo spazio espressivo in uno spirito critico, spesso ideologico, capace di indagare con una precisione nitida e scrupolosa sugli aspetti psicologici e sociali del vivere, plasmando la materia dei suoi versi su quel piano universale per poi fare ritorno, esaurita la spinta dell’impegno, alla rivisitazione del suo privato.

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Nelo Risi

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COLORE LOCALE

Behll i persiani! 'utentico kilìm!
Veniva dalla Barona giù pel Naviglio Grande
fino al Tombone di San Marco
coi drappi rossi e gialli sulla spalla
il levantino dalle suole di sparto
e dalla cera scura
per sciogliere la merce tra conchiglie
cravatte e lustrini da due lile
per farsi un po' di bile col cinese
ma la voce tutto miele riservava alle massaie
che d'allora vanno in gita a Samarcanda
quando battono i tappeti
nelle ore consentite.

(da Polso teso, Mondadori, 1956)

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PENSIERI ELEMENTARI, 21

Ci vogliono voci forti,
ugole di ferro, oggi, per dire
una sola sommessa parola d’
amore.

(da Pensieri elementari, Mondadori, 1961)

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VITALISMO

Come un tamburo batte
(qualcuno grida: calmati!
risponde: tutto e subito!)

Tutto e subito, è più
che uno scroscio
di primo mattino

È un sangue leggero
su alghe su piume
non basta mai

Il sesso chiama
dilata il mondo
che movimento -

Teniamone conto
finché si è in tempo.

(da Dentro la sostanza, Mondadori, 1965)

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PREMESSA

Quanti artifici
quanti rischi infiniti ad opera di pochi
per questo ritmo di vita parlata
che sulla pagina c'incanta!

Se occorre arte perché siano vere
le parole rare
forse più ne occorre
per essere stilisti dell’usuale

(da Di certe cose, Mondadori, 1970)

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Altre poesie di Nelo Risi sul Canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Il più timido dei poeti, anche il più vile fisicamente, è capace di urlare la parola giusta, o di addolcirla, come un clown celeste.
NELO RISI, Poesie scelte (1943-1975)




Nelo Risi (Milano, 21 aprile 1920 - Roma. 17 settembre 2015), poeta e regista italiano. Laureato in Medicina, non praticò mai la professione. Partito da una lezione montaliana, si staccò dall’ermetismo trovando il suo spazio espressivo in uno spirito critico, spesso ideologico, capace di indagare con una precisione nitida e scrupolosa gli aspetti psicologici e sociali del vivere.


venerdì 18 settembre 2015

Un colore azzurro

 

GIOVANNI QUESSEP

EPIFANIA DELL’AZZURRO

C’è un colore azzurro dietro la casa,
ma non sai più da dove sia venuto:
Da una barca ricoperta di viole
o dal mandorlo che si apre come una colombaia.

Allora non sai più da dove è venuto tutto,
chi fece il volo degli uccelli
o i sogni della bella addormentata,
chi ti guarda nascosto dietro la memoria?

Nel colore ti avvicini all’origine
di ciò che ha perso le orme,
esci nel cortile e tocchi la sua epifania
che ti sale nelle mani come la prima volta.

(da Muerte de Merlín, 1985 – Traduzione di Martha Canfield)

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Che cosa c’è nello stupore, nella meraviglia che si prova improvvisamente davanti a un colore del cielo o a uno spettacolo della natura? Che cosa c’è in questa sorta di sinestesia nella quale talora incappiamo? Poesia? Sintonia con l’universo e con il suo lato arcano e misterioso? Apertura di una parte segreta di noi, del nostro inconscio? Succede raramente certo, ma anche in questo sta la bellezza della manifestazione descritta dal poeta colombiano Giovanni Quessep.

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Cirigliano

LARRY CIRIGLIANO, “MEDITERRANEAN FANTASY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Un giorno non è stato forse nostro / il mare, il suo ciclo di labbra e di uccelli, / il suo complesso amore, il ritmo eterno / della sua discordia?
GIOVANNI QUESSEP, L'essere non è una favola




Giovanni Quessep Esguerra (San Onofre, 6 gennaio 1939), poeta colombiano discendente di nonni libanesi. La sua poesia appare come un potere che redime l'uomo dal mondo quotidiano e gli permette di penetrare l'invisibile e il misterioso.


giovedì 17 settembre 2015

Vederti nuda

 

FEDERICO GARCÍA LORCA

CASIDA DELLA DONNA DISTESA

Vederti nuda rievoca la Terra,
la Terra liscia, sgombra di cavalli.
La Terra senza un giunco, forma pura
chiusa al futuro: limite d’argento.

Vederti nuda è capire l’ansia
della pioggia che cerca esile vita,
la febbre del mare dall’immenso volto
che non trova la luce della guancia.

Il sangue, risuonando nelle alcove,
giungerà con le spade sfolgoranti,
tu però non saprai dove si celano
il cuore di rospo o la violetta.

Il tuo ventre una lotta di radici,
alba senza contorno le tue labbra.
Sotto le rose tiepide del letto
i morti gemono aspettando il turno.

(Casida de la mujer tendida, Da Diván del Tamarit, 1940)

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È la donna come fonte di vita, come una terra capace di dare frutto, la protagonista di questa casida del poeta spagnolo Federico García Lorca: riecheggia il mito ancestrale della Grande Madre, della capacità di generare vita come intermediario tra l’umano e il divino.

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Modigliani

AMEDEO MODIGLIANI, “NU COUCHÉ AU COUSSIN BLEU”

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LA FRASE DEL GIORNO
O donna agile, materna e ardente! / Vergine dolorosa che porta inchiodate / tutte le stelle del cielo profondo / nel suo cuore senza speranza.
FEDERICO GARCÍA LORCA, Libro de poemas




Federico García Lorca (Fuente Vaqueros, 5 giugno 1898 – Víznar, 19 agosto 1936), poeta e drammaturgo spagnolo). Voce tra le più originali del Novecento spagnolo, amico di Salvador Dalí e Luis Buñuel, partecipò ai vari tentativi modernisti, specialmente impressionisti. Morì durante i primi giorni della guerra civile, fucilato dai franchisti.


mercoledì 16 settembre 2015

Due imbecilli

 

MICHELE MARI

TI CERCHERÒ SEMPRE

Ti cercherò sempre
sperando di non trovarti mai
mi hai detto all’ultimo congedo

Non ti cercherò mai
sperando sempre di trovarti
ti ho risposto

Al momento l’arguzia speculare
fu sublime
ma ogni giorno che passa
si rinsalda in me
un unico commento
e il commento dice
due imbecilli

(da Cento poesie d’amore a Ladyhawke, Einaudi, 2007)

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È un canzoniere amoroso moderno che spazia dalla vicenda cinematografica di Ladyhawke al mito di Orfeo ed Euridice passando per citazioni colte da Cesare Pavese a Edgar Allan Poe quello che lo scrittore Michele Mari ha stilato per la sua prima opera poetica: romanticismo e ironia si sposano alla perfezione, come si può apprezzare da questi versi proposti. E sarà capitato a tutti di lasciarsi andare a uscite zuccherose nei rapporti amorosi, soprattutto nei momenti topici della nascita e della fine di una storia: solo ragionandoci dopo, a mente fredda, ci si rende conto di essere stati se non “due imbecilli” perlomeno la rappresentazione di uno stereotipo.

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For my lover

JACK VETTRIANO, “FOR MY LOVER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Se fin dall’inizio mi avessero informato / che dopo più di trent’anni / senza aver niente in cambio / ancora ti avrei amata / avrei risposto / «Logico e piano, sir».
MICHELE MARI, Cento poesie d’amore a Ladyhawke




Michele Mari (Milano, 26 dicembre 1955), scrittore, traduttore, poeta e accademico italiano. Nei suoi scritti i temi più ricorrenti sono quelli dell’infanzia e della memoria: in uno stile ricercato spesso usato in chiave gotica e barocca si ispira al genere horror e a quello della fantascienza.


martedì 15 settembre 2015

Anche noi ombre

 

ALESSANDRO PARRONCHI

IL TUO VISO TRA LA FOLLA

Il tuo viso tra la folla. Riaffondiamo
insieme in un passato
dove vivo se non in noi? Dunque non vivo
più. S’apre un crepuscolo e da foglie
filtra un tenero albore oltre cui sogno
di dire ancora: sei viva, son vivo
tra le rose tra gli alberi…  Ti cela
il bavero. E nell’onda che ritorna
del traffico di nuovo ora vicina
mi sei, poi l’urlo di un motore, il nero
che sfila delle macchine, delle ombre,
ci separa ci sperde, anche noi ombre.

(da Quel che resta del giorno, 2001)

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Ci si incontra così, per caso, nuovamente, dopo tanti anni. Ci si è amati, ci si è lasciati e ritrovarsi, rivedersi può essere dolcemente malinconico oppure straziante o ancora emozionante, come accadde all’artista Marina Abramovic che in una delle sue sedute di performance art si trovò seduto di fronte il vecchio amore Ulay. Molto spesso però non succede nulla: ci si ritrova e ci si lascia così, come le ombre che si disperdono nel traffico in questi versi di Alessandro Parronchi, poeta fiorentino.

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Sullivan

MYLES SULLIVAN, “URBAN OUTINGS”

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LA FRASE DEL GIORNO
Quel che fu non è vero. Non è vero / che ciò che volevamo e non avemmo
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ALESSANDRO PARRONCHI, Coraggio di vivere




Alessandro Parronchi (Firenze, 26 dicembre 1914 – 6 gennaio 2007), poeta, storico dell'arte e traduttore italiano. Con il suo stile ricercato è passato da un ermetismo  incantato a un intimismo che trae giovamento dalla consolazione della memoria: per questo le sue poesie sono oggetto di un meditato lavorio con cui il ricordo media l’emozione.


lunedì 14 settembre 2015

Prima sera d’Atene

 

VITTORIO SERENI

ITALIANO IN GRECIA

Prima sera d'Atene, esteso addio
dei convogli che filano ai tuoi lembi
colmi di strazio nel lungo semibuio.
Come un cordoglio
ho lasciato l'estate sulle curve
e mare e deserto è il domani
senza più stagioni.
Europa Europa che mi guardi
scendere inerme e assorto in un mio
esile mito tra le schiere dei bruti,
sono un tuo figlio in fuga che non sa
nemico se non la propria tristezza
o qualche recidiva tenerezza
di laghi di fronde dietro i passi
perduti,
sono vestito di polvere e sole,
vado a dannarmi a insabbiarmi per anni.

Pireo, agosto 1942

(da Diario d’Algeria, 1947)

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È la fine di agosto del 1942 e Vittorio Sereni, poeta italiano, è un soldato nella Atene occupata dalle forze dell’Asse. Il suo reparto è destinato alle sabbie dell’Africa settentrionale ma ancora è impantanato nelle pastoie delle strategie e della burocrazia militare. Così, rimane preda delle sue malinconie, della solitudine che prova, dell’amarezza per dover combattere “tra le schiere dei bruti”, della consapevolezza dell’errore che rappresenta quella guerra e del fatto che i nemici alla fine sono quelli che coviamo dentro di noi: la tristezza, la nostalgia della casa lontana, del Lago Maggiore dove splende nel verde la natia Luino.

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Atene

FOTOGRAFIA © THE WANDER LIFE

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LA FRASE DEL GIORNO
Che spero io più smarrito tra le cose. / Troppe ceneri sparge attorno a sé la noia, / la gioia quando c'è basta a sé sola
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VITTORIO SERENI, Gli strumenti umani




Vittorio Sereni (Luino, 27 luglio 1913 – Milano, 10 febbraio 1983), poeta italiano, è il capostipite della variante lombarda del novecentismo poetico, detto “Linea lombarda”. Ufficiale di fanteria, viene fatto prigioniero dopo l’8 settembre 1943. Nel dopoguerra è direttore letterario di Mondadori e cura la prima edizione dei Meridiani.


domenica 13 settembre 2015

Un valzer di Šostakovič

 

ADAM ZAGAJEWSKI

VALZER

Sono così sgargianti i giorni, così chiari,
che la polvere bianca della disattenzione
copre persino le rare esili palme.
Le serpi scivolano silenziose nelle vigne,
ma alla sera il mare si fa cupo e i gabbiani
sospesi nell’aria si muovono appena,
punteggiatura di un più alto scritto.
Sulle tue labbra una goccia di vino.
Le montagne calcaree all’orizzonte si dissolvono
lente mentre una stella appare.
La notte, in piazza, un’orchestra di marinai
in uniformi bianche immacolate
suona un valzer di Šostakovič; piangono
i bimbi, come se intuissero
di cosa parla quella musica allegra.
Siamo stati rinchiusi nella scatola del mondo.
L’amore ci renderà liberi, il tempo ci ucciderà.

(da Dalla vita degli oggetti, Adelphi, 2012 - Traduzione di Krystyna Jaworska)

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C’è soprattutto un’atmosfera in questa poesia, come in molte altre di Adam Zagajewski, poeta polacco nato in Ucraina: un’estate che finisce, una notte ancora bella con le nuvole che si gonfiano sul mare mentre si sorseggia un calice di vino al tavolino di un caffè in piazza. Il valzer di Šostakovič che si riversa nell’aria con il suo ritmo ispira al poeta meditazioni sulla vita e sull’amore.

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Antonov

FOTOGRAFIA © MLADEN ANTONOV/GETTY IMAGES/AFP

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LA FRASE DEL GIORNO
L’esuberanza del mondo / lascia spesso impotenti, /  siamo in grado di distinguere /  pochi frammenti, / piccoli brandelli
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ADAM ZAGAJEWSKI, Solidarność i samotność




Adam Zagajewski (Leopoli, Ucraina, 21 giugno 1945), poeta, scrittore e saggista polacco. Esordì nel 1972 con Komunikat. Esponente della New Wave polacca, nel 1976 aderì al Comitato per la Difesa degli Operai e la dittatura comunista gli impedì di pubblicare. Cominciò allora il suo esilio a Houston e Parigi. Tornò a risiedere a Cracovia nel 2002.


sabato 12 settembre 2015

Scrutare la terra

 

CHARLES SIMIĆ

POESIA

Ogni mattina dimentico com’è.
Guardo il fumo salire
a grandi passi sopra la città.
Non appartengo a nessuno.

Poi mi ricordo delle scarpe,
come calzarle,
come chinarmi per allacciarle
e scrutare la terra.

(Poem, da Dismantling the Silence, 1971)

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Notte e giorno, sogno e realtà, libertà e responsabilità: le due strofe di questa poesia di Charles Simić, scrittore serbo-americano sono i due lati della medaglia, dall’aereo risveglio orizzontale al doversi porre in posizione verticale per entrare nel giorno, nella società, di cui le scarpe sono il progredito emblema.

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Hopper

EDWARD HOPPER, “EXCURSION INTO PHILOSOPHY”

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LA FRASE DEL GIORNO
Per il sogno, sogno è la realtà
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ROBERTO GERVASO, La volpe e l’uva




Charles Simić, vero nome Dušan Simić (Belgrado, 9 maggio 1938), poeta statunitense di origine serba. Iniziò la propria carriera nella prima metà degli anni settanta con uno stile letterario minimalista, nel tempo divenuto sempre più riconoscibile. Nel 1990 è stato insignito del Premio Pulitzer per la poesia per la raccolta Il mondo non finisce.


venerdì 11 settembre 2015

Il segreto del fuoco

 

AÍDA ELENA PÁRRAGA

IL FUOCO E I SUOI MISTERI

Ho conosciuto il segreto del fuoco
molto prima che si incendiasse
la prima foresta.
Ancora prima di quel rogo,
prima della fiamma.
Come ogni scoperta
avvenne per caso,
incontrare la scintilla nella tua parola,
e poi - ahimè:
divampare
allo sfiorarmi casuale del tuo sguardo.

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Il fuoco è ancestralmente dentro di noi: la scoperta di come produrlo, gestirlo e usarlo fu la base della civiltà, il passaggio a un livello superiore di conoscenza. Eppure, dice la poetessa salvadoregna Aída Elena Párraga, c’è qualcosa di più potente e ancora più antico del fuoco dentro noi: è quell’amore capace di incendiarci l’anima.

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WallpaperUp

FOTOGRAFIA © WALLPAPER UP

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LA FRASE DEL GIORNO
L’amore è un fuoco. O ti scalda il cuore o lo riduce in cenere.
GUIDO ROJETTI, L’amore è un terno (che ti lascia) secco




Aída Elena Párraga Cañas (San Salvador, 7 agosto 1966), poetessa e attrice teatrale salvadoregna. Fa parte del cast stabile della compagnia teatrale Amleto.  Nel 1995 ha vinto il primo premio per un saggio al Concorso di letteratura per giovani donne centroamericane, organizzato dall'UNESCO. Ha fatto parte del gruppo poetico “Poesía y Más...”,  con cui ha sviluppato recital di poesia drammatizzata.

giovedì 10 settembre 2015

L’Adda e la pioggia

 

SALVATORE QUASIMODO

LA DOLCE COLLINA

Lontani uccelli aperti nella sera
tremano sul fiume. E la pioggia insiste
e il sibilo dei pioppi illuminati
dal vento. Come ogni cosa remota
ritorni nella mente. Il verde lieve
della tua veste è qui fra le piante
arse dai fulmini dove s’innalza
la dolce collina d’Ardenno e s’ode
il nibbio sui ventagli di saggina.

Forse in quel volo a spirali serrate
s’affidava il mio deluso ritorno,
l’asprezza, la vinta pietà cristiana,
e questa pena nuda di dolore.
Hai un fiore di corallo sui capelli.
Ma il tuo viso è un’ombra che non muta;
(così fa morte). Dalle scure case
del tuo borgo ascolto l’Adda e la pioggia,
o forse un fremere di passi umani,
fra le tenere canne delle rive.

(da Ed è subito sera, 1942)

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Il Premio Nobel siciliano Salvatore Quasimodo (1901-1968), nel 1934 era geometra provvisorio presso il Genio Civile. Da Milano, per contrasti con un capoufficio, fu trasferito a Sondrio, in Valtellina. A Ardenno, un paese all’imbocco della Val Màsino, il poeta, con il pensiero rivolto a una donna lontana, osserva lo scorrere dell’Adda e scruta il cielo quasi a leggervi dei segni per il futuro come gli antichi àuguri romani.

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Adda

FOTOGRAFIA © DANIELE RIVA

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LA FRASE DEL GIORNO
La vita che t'illuse è in questo segno / delle piante, saluto della terra / umana alle domande, alle violenze
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SALVATORE QUASIMODO, Giorno per giorno




Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo.  Essenziale ed epigrammatico, ha  temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.


mercoledì 9 settembre 2015

Alla base della colonna

 

BARTOLO CATTAFI

STILITA

Parlavo prima
ai tempi verdi del muschio
con la voce del marmo
o del bronzo
sorretto da fibre salde
immobile come un occhio
nella ruota dei venti
non mi curo oramai
se le nere onde degli inferi
sbattono non sbattono
alla base della colonna
fossi una foglia d’acanto
stampato nella pietra
ma attenta
incollata al suo fusto
e non un cencio
uno sgorbio ondeggiante nel vento.

(da Simùn, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 2004)

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“La sua poesia ha qualcosa delle combustioni di Burri o delle blasfeme solitudini di Bacon. Figurativa e insieme informale, ha un’evidenza che investe l’occhio, più che il dominio della parola scritta” scriveva Luigi Baldacci recensendo un’opera del poeta siciliano Bartolo Cattafi (1922-1979). Mentre il poeta traccia un autoritratto, la parola si fa materia che emerge, per tentare di decifrare non solo la propria esistenza ma quella di ogni uomo.

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Acquerello

BARTOLO CATTAFI, “SEGNI”

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LA FRASE DEL GIORNO
Niente da dichiarare / niente / devi dire niente. / Il doganiere non ti capirebbe. /La memoria è sempre un contrabbando.
BARTOLO CATTAFI, Spalle al muro




Bartolo Cattafi (Barcellona Pozzo di Gotto, 6 luglio 1922 – Milano, 13 marzo 1979),  poeta italiano. La sua poesia spazia sui dilemmi esistenziali con sensibilità di diarista, spesso con uno sguardo metafisico dove sono protagonisti il vuoto e la solitudine. Nei suoi versi il tema del viaggio è una costante metafora del vivere.


martedì 8 settembre 2015

Stringere mani

 

ANGELO BARILE

PRIMASERA

Accompagnarmi sottobraccio al primo
che passa!
Foresto: a me lo simulo fratello.

Mi sporgo a ogni speranza più leggera
d’incontri, mi sorprendo mentre piego
a spalle immaginate
il capo.
Ora sento da questo
che ogni giorno mi cresce desiderio
di udire voci di stringere mani
di fare insieme a chi trovo, chiunque trovo, la strada,
sento il mio cielo che scolora e presto
si annera.
Un’urgenza affettuosa mi preme.
Da stanche luci di greppi pe’l fitto
del bosco a gradi precipiti calo
trafitto da richiami
a piana terra.
La ripa erbosa mi sfugge, m’afferro
alla pungente carità dei rami.
 

(da Primasera, 1933)

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Angelo Barile, poeta ligure di Albisola Marina, visse appartato, dedicandosi alla manifattura di ceramiche artistiche. Il suo desiderio di apertura all’altro, di condivisione, espresso in questa elegia va letto nel superamento di quella solitudine, nell’uscita dall’isolamento in una visione cristiana dell’uomo e dell’esistenza.

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handshake

FOTOGRAFIA © DREAMDO

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LA FRASE DEL GIORNO
La chiave di un uomo si trova negli altri: è il contatto con il prossimo quello che ci illumina su noi stessi.
PAUL CLAUDEL, Memorie improvvisate




Angelo Barile (Albissola Marina, 12 giugno 1888 – Albisola Capo, 20 maggio 1967),  poeta italiano. Sottotenente di fanteria durante la Prima guerra mondiale, fu poi antifascista. La sua poetica, sullo sfondo dell’amato borgo marino, è fortemente influenzata dalla fede cattolica e quindi dalla sua visione profondamente religiosa della vita.

lunedì 7 settembre 2015

Il vento della sera

 

VILBORG DAGBJARDSDÓTTIR

DESIDERIO

Più profondo della verità
nell’immaginazione
è il tuo ricordo
e il tuo amore
È come il profumo del vento della sera:

Quando i miei sensi lo percepiscono
quasi non oso respirare

(da Laufið á trjánum [Le foglie della sera], 1960)

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La scrittrice islandese Vilborg Dagbjartsdóttir, fu una delle prime donne a scrivere poesie moderniste in un paese isolato, molto legato alla tradizione anche nei versi, traduttrice, autrice di testi per bambini, pedagogista, femminista. Gran parte della sua poesia si occupa però della ricerca di se stessi e della lotta per sopraffare la propria solitudine: il vento della sera, qui a rappresentare l’amore, l’Altro, è l’emblema di questa condizione, è il desiderio che nell’immaginazione viene a colmare il vuoto.

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Munch

EDWARD MUNCH, “MORGEN”

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LA FRASE DEL GIORNO
Sei il desiderio del giorno / e io una notte infinita. / Il mio sangue ti cerca / come la terra.
DHABIYA KHAMIS




Vilborg Dagbjartsdóttir (Vestdalseyri, 18 luglio 1930), poetessa modernista islandese. La sua poesia, che coniuga realismo e immaginario romantico, si occupa principalmente della ricerca di se stessi e della lotta per sopraffare la propria solitudine.


domenica 6 settembre 2015

L’ultimo tram

 

LUIGI DI RUSCIO

LA NOTTE SI CORRE

La notte si chiude
con l’ultimo tram che fa tremare le case
e il miagolio dei gatti rimane nella memoria
tutte le immagini della giornata tornano
vorrei ancora goderli questi momenti
contemplare con calma tutte le immagini
le voci della strada hanno suoni inarticolati
forse è un uomo che traballa
e discute con nemici ignoti
e fa gesti con le mani per tutto avere
e non ha che l’aria
la luna impassibile
sembra che ascolti ogni nostra parola
che spii i sogni più intimi
quando sono liberati i mostri
e dobbiamo correre.

(da Le streghe s’arrotano le dentiere, Marotta, 1966)

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Autodidatta munito di licenza elementare, trasferitosi in Norvegia nel 1957 a lavorare come operaio in una fabbrica di chiodi, è personaggio originalissimo e sottovalutato il poeta marchigiano Luigi Di Ruscio: Salvatore Quasimodo scrisse che le sue poesie “sono nell’angoscia di un crescendo della simbolica mania di persecuzione dell’autore che non ama distrarsi per selezionare una bella pagina da auditorium”. Così vanno letti i “nemici ignoti” e i “mostri” che escono da noi e ci rincorrono: avvilimenti, rivolte contro il sistema, depressioni, momenti di burbera chiusura.

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EDWARD STELL HARPER II, “A STREET AT NIGHT IN WET WEATHER”

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando una cosa viene molto bene, resiste da sola, è autosufficiente, quella è poesia; quando una cosa invece non resiste da sola e c’è bisogno di una discussione, di una spiegazione, quella invece è prosa.
LUIGI DI RUSCIO




Luigi Di Ruscio (Fermo, 27 gennaio 1930 – Oslo, Norvegia, 23 febbraio 2011), poeta, scrittore e saggista italiano.  Partendo dalla sua storia personale, trattando di temi quali la marginalità, il lavoro in fabbrica, l’orizzonte politico del dopoguerra, è riuscito a descrivere la storia umana generale, utilizzando un linguaggio schietto e a volte violento.