domenica 30 novembre 2008

Cinquecentenario palladiano


Ricorre oggi il cinquecentenario palladiano: Andrea Palladio nasceva infatti il 30 novembre 1508. Un architetto che rivoluzionò i canoni della costruzione di ville signorili innestandovi idee originate dalla lettura di Vitruvio e rinnovando stilemi classici. Il Medioevo aveva lasciato il passo al Rinascimento e Palladio fu uomo di quel tempo.

Il suo stile, noto come Neoclassicismo, è poi stato imitato e ripreso, ha furoreggiato in Europa, negli Stati Uniti e in Oceania. Le sue ville, passate alla storia come "palladiane", costellano la provincia di Vicenza sconfinando anche in quelle di Padova, Treviso e Rovigo: sono immediatamente riconoscibili per un elemento architettonico, le "barchesse", delle ali laterali di "servizio", in quanto destinate a separare dal corpo centrale della villa, dove risiedevano i proprietari, dai locali adibiti al lavoro dei domestici e degli artigiani. Erano infatti ville produttive, di campagna, circondate da campi e magazzini. Altri elementi caratteristici sono il rapporto proporzionale fra le varie parti e la derivazione delle facciate da edifici antichi con l’uso di colonne, trabeazioni e decorazioni. L'UNESCO considera queste ventiquattro opere palladiane patrimonio mondiale dell'umanità dal 1996.

Oltre alle ville, di Palladio restano celebri opere: il rivestimento esterno del Palazzo della Ragione di Vicenza, il Palazzo Chiericati con portico di stile romano, il Palazzo Valmarana con sei lesene su un alto basamento. Del suo incarico di architetto ufficiale della Serenissima, assunto nel 1570 dopo la scomparsa del Sansovino, sono testimonianza il convento delle Zitelle alla Giudecca e la Chiesa del Redentore. L'ultima sua opera, tornato a Vicenza, rimase incompiuta: il Teatro Olimpico, ideato e disegnato da lui, sarà completato cinque anni dopo la sua morte, avvenuta il 19 agosto 1580.

Vicenza celebra il suo illustre cittadino con la grande mostra del Cinquecentenario, a palazzo Barbaran da Porto fino al 6 gennaio 2009. A Venezia il Museo Correr terrà la mostra “Palladio e Venezia”. Due artisti contemporanei veneti, Elio Armano e Alessio Tasca, eseguiranno monumenti al Palladio: uno sarà collocato in via Tiso da Camposampiero a Padova, dove l'architetto visse l'infanzia, l'altro a villa Godi Malinverni a Lugo, sua prima opera architettonica.

Le iniziative continueranno fino al 30 novembre 2009


Villa Almerico Capra (La Rotonda) 1566-1567


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LA FRASE DEL GIORNO
L'architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raggruppati sotto la luce.
LE CORBUSIER, Vers une architecture

sabato 29 novembre 2008

La forbice di Montale


EUGENIO MONTALE

NON RECIDERE, FORBICE, QUEL VOLTO


Non recidere, forbice, quel volto
solo nella memoria che si sfolla,
non far del grande suo viso in ascolto
la mia nebbia di sempre.

Un freddo cala... Duro il colpo svetta.
E l'acacia ferita da sé crolla
il guscio di cicala
nella prima belletta di novembre.

(da Le occasioni, Einaudi, 1939)


È possibile percorrere la via del recupero memoriale, trovare conforto nel ricordo, seppure malinconico? O questa strada ci è preclusa e, seguendo il sentiero obbligato, non possiamo approdare che alla constatazione dell'angoscia del vivere?

Se altri, come il positivo Umberto Saba e il Proust della "Recherche", propendono per la prima teoria, Eugenio Montale è da ascrivere al partito negativo dei secondi. Il tema, toccato anche in altre famose liriche - "Cigola la carrucola nel pozzo" e "La casa dei doganieri" - appare spesso nei suoi versi ed è centrale nel più famoso dei "Mottetti", sezione delle "Occasioni", risalente al 1939.

Dalla memoria del poeta, poco più che quarantenne, il passato è cancellato, le sue tracce svaniscono nella nebbia dell'oblio. Montale in questa sorta di preghiera rivolta al tempo constata amaramente che non è possibile difendere i ricordi dal logorio, è inesorabile che si dissolvano, che lentamente svaniscano. Immaginiamo allora quel paio di forbici pronto a tagliare la fotografia in bianco e nero che raffigura un volto di donna...

"Un freddo cala..." è il colpo dell'ascia che taglia alla base la pianta di acacia, che ferisce il tronco nel giorno di novembre. Montale ci aveva preparato a questo esito già dal primo verso, da quel verbo "recidere", utilizzando una tecnica poetica a lui molto cara, cioè quella di esemplificare una sensazione interiore con una situazione oggettiva. Ed allora il colpo è assestato, l'albero cade e scrolla anche quel che rimane di una cicala, effimero e caduco emblema dell'estate. Come quell'involucro giace nel fango secco di novembre, allo stesso modo il ricordo, svuotato, si perde nelle curve del tempo.




Jiří Zralý, "Forbici da sarto"



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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia dispone a volte del privilegio di risolvere i rebus con cui si presenta la realtà.
GIORGIO ZAMPA, Introduzione all'edizione Mondadori di "Tutte le poesie" di Montale, 1984




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.



venerdì 28 novembre 2008

Christmas Village


Ho visitato il Christmas Village di Agribrianza a Concorezzo, nella Brianza monzese a pochi chilometri da Milano. Se volete tuffarvi in un'atmosfera da favola natalizia, quello è il posto giusto.

Già dall'ingresso si è catapultati in un mondo fatato, con la neve, il ghiaccio, gli orsi polari e i pinguini, il pavimento ovattato e le luci basse: è solo l'anteprima di quello che ci aspetta dentro. Vi sono sale e sale di alberi di Natale di ogni tipo, decorazioni nei materiali e negli stili più svariati, con i colori abbinati in modo differente: palline e gocce di vetro colorato, angeli, uccellini, farfalle, rose - c'è anche l'albero dedicato alla Coca-Cola con orsi, piccole lattine e tappi. E poi le luci e i rami illuminati, tutto quello che si può desiderare per addobbare l'albero e arredare la casa per le feste: non solo festoni, ma anche vasi, centrotavola, candele, piatti, tovaglie...

Vi è poi un angolo per i bambini di ogni età, con i carillon e gli scenari automatici che riportano a età ormai perdute: sembra di essere all'interno del "Canto di Natale" di Dickens, osservando quelle scene illuminate di città in movimento, con i trenini, i pattinatori, gli artigiani che lavorano in un tipico ambiente anglosassone.

Da lì si entra nel presepe tradizionale, con statuine e capanne e accessori di ogni genere: le carte stellate, le fontanelle, gli stagni, fascine, paglia, carretti... C'è anche una sezione dedicata al presepe napoletano, con le ambientazioni complete e le statue: c'è anche Pulcinella. E uno scaffale presenta le statuine artigianali spagnoli, dai classici vestiti di tela indurita. Un altro ha tutto il materiale per i giochi di luce, le lanterne, il fuoco, l'alba e il tramonto.

Si esce con una gran voglia di Natale e naturalmente con il sacchetto degli acquisti, perché qualcosa ha attirato di certo la nostra attenzione...

AGRIBRIANZA CHRISTMAS VILLAGE
Concorezzo (Milano)
Via Dante, 191
sulla SP2, a pochi metri dall'uscita della Tangenziale Est di Carugate

Lunedì/sabato 8.30-12.30 / 14.30-19.00
Domenica 9.30-12.30 / 14.00-19.00
Orario continuato dal 28 novembre all'8 dicembre



Fotografia © DR



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LA FRASE DEL GIORNO
Natale... non è un avvenimento esterno, ma un pezzo della propria casa che ognuno porta nel cuore.
FREYA STARK, Time and Tide

giovedì 27 novembre 2008

Nel segno della croce


La religione cristiana, e in particolare quella cattolica, è da tempo oltraggiata e svilita, tacciata di oscurantismo perché non si adegua alla morale sociale vigente, soprattutto in tema di sesso, che sembra ormai essere il perno su cui ogni cosa ruota.

Le pubblicità scimmiottano i riti sacri per vendere caramelle o invitare a servirsi di un ufficio di pratiche automobilistiche. La Chiesa cattolica viene continuamente messa in discussione, la si accusa di voler intromettersi negli affari dello stato, mentre a quanto sembra è invece lo stato ad arrogarsi il diritto di vita e di morte, a decidere che l'eutanasia è praticabile, che il feto è vivo solo dopo un determinato periodo. La Chiesa non può agire diversamente, quando esprime le sue opinioni è ai cattolici che si rivolge, non agli atei, ai musulmani o ai buddhisti. Invece personaggi come Piergiorgio Odifreddi, peraltro intelligente, e Margherita Hack, non fanno altro che manifestare un odio viscerale per i cattolici, vorrebbero che diventassero atei come loro, provano a spiegare i loro concetti al mondo intero facendoci anche dei soldi.

Ora un giudice della regione spagnola di Castilla y Leòn sancisce per legge che il crocifisso deve essere tolto dalle scuole in nome della laicità e dell'aconfessionalità dello stato. Non è che un'altra tattica per isolare i cristiani. Perché se la motivazione fosse quella, allora dovrebbero sparire decine e decine di altri simboli dalle scuole, dai manifesti di Che Guevara alle bandiere della pace. Anche la fotografia del Presidente della Repubblica potrebbe essere interpretata politicamente. Ma il crocifisso è un emblema che evidentemente mette molta paura.

Bene scrive sull'Osservatore Romano il romanziere spagnolo Juan Manuel de Prada: "Che si giunga a considerare un Crocifisso offensivo in Occidente si può solo interpretare come sintomo allarmante di amnesia o necrosi culturale. A nessuna persona in pieno possesso delle proprie facoltà sfugge che il segno della croce non viola nessun diritto". De Prada aggiunge: "Il Crocifisso può offendere solo quanti vogliono, e in questo consiste in realtà il laicismo, per quanto si nasconda dietro alibi giuridici, che lo Stato diventi un nuovo dio, con potere assoluto sulle anime".

Lo Stato-dio: un patrigno che pretende di possedere le nostre vite in nome di un laicismo che altro non è se non la faccia più bieca del Grande Fratello orwelliano. Non è ancora il momento di nascondersi nelle catacombe per resistere alle persecuzioni di questi nuovi Nerone, ma risuonano nella testa le parole dei quattro evangelisti:

"Insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno. Vi saranno qua e là grandi terremoti, pestilenze e carestie, vi saranno anche segni grandi e spaventosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, trascinandovi nelle sinagoghe e nelle carceri e traducendovi dinanzi ai re e ai governatori a causa del mio Nome" (Luca, 21,10-12)

"Vi consegneranno al supplizio e alla morte e sarete odiati da tutte le genti a causa del mio Nome" (Matteo, 24,9)

"Pensate a voi stessi! Vi condurranno davanti ai tribunali e sarete percossi nelle sinagoghe" (Marco, 13,9)

"Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se voi foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma poiché non siete del mondo, avendovi io scelti dal mondo, perciò il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: «Il servo non è da più del padrone». Chi ha perseguitato me perseguiterà anche voi" (Giovanni, 15,18-20).




Diego Velázquez, "Cristo sulla Croce"




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LA FRASE DEL GIORNO
Il servitore non sa quel che fa il suo padrone, perché il padrone gli dice soltanto l'azione, non il fine; ed ecco perché vi si assoggetta servilmente e pecca sovente contro il fine. Ma Gesù Cristo ci ha insegnato il fine. E voi lo distruggete.
BLAISE PASCAL, Pensieri, 897

mercoledì 26 novembre 2008

I mille anni di Genji


"Alla Corte di un Imperatore (che visse non importa quando) tra le molte gentildonne di Camera e Guardaroba ce n'era una che, sebbene non fosse di altissimo grado, godeva molto più favore di tutte le altre; così che le Grandi Dame di Palazzo, ognuna delle quali aveva segretamente sperato di essere la prescelta, guardavano con scherno e odio alla nobiluccia che aveva distrutto i loro sogni. Anche più amareggiate erano le sue antiche compagne, le dame meno ragguardevoli del Guardaroba, nel vederla tanto innalzata sopra di loro. Così la sua posizione a Corte, quantunque predominante, la esponeva di continuo alla gelosia e malevolenza; in breve, estenuata da queste meschine angherie, essa cominciò a deperire, facendosi sempre più malinconica e spesso ritirandosi in casa sua".


Comincia così "Storia di Genji" (Genji monogatari), l'opera che viene considerata il romanzo fondatore della cultura classica giapponese. La scrisse una poetessa, Murasaki Shikibu, nell'XI° secolo, completando i 54 libri che la compongono nel 1008. "Storia di Genji" compie quindi mille anni ed è festeggiata un po' ovunque nel mondo: naturalmente il clou è a Kyoto, l'antica capitale imperiale, dove le manifestazioni in suo onore si svilupperanno anche nei primi mesi del 2009 ed è stato realizzato un percorso pedonale sulle orme di Murasaki, fino al tempio Ishyiama, dove la scrittrice è sepolta.

Quello che è considerato il primo romanzo moderno, per i risvolti psicologici che analizza, in realtà dovette sottostare alle ferree regole di un'etichetta di corte e alla complessa grammatica giapponese dell'epoca. Genji è un figlio dell'imperatore Kiritsubo, maestro di danza e seduttore: Murasaki presenta la sua vita amorosa disegnando un quadro più ampio che coinvolge i costumi del tempo, la corte dell'era Heian e le lotte per il potere in un periodo di pace per il Giappone, che consentirà al paese di staccarsi dalla pesante influenza cinese. Il romanzo è infatti scritto in caratteri giapponesi, quelli usati principalmente dalle donne per non apparire saccenti, mentre d'uso comune erano i caratteri fonetici cinesi.

La vita di corte era ben nota a Murasaki, figlia di un alto dignitario che la allevò personalmente, contrariamente ai costumi, dopo la scomparsa della madre: divenuta vedova, divenne dama di corte dell'imperatrice Hakiko, ottenendo l'apprezzamento dell'imperatore Shoshi per la sua vasta cultura. Fu proprio lui a spingerla a scrivere "Storia di Genji". Murasaki vi introduce la poesia e le riflessioni sulla caducità del vivere, sulla transitorietà dell'esistenza, ponendo le basi di un genere che prolifererà soprattutto negli ultimi secoli.



Ritratto di Murasaki



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LA FRASE DEL GIORNO
Chi nell'inverno può sapere se verrà la primavera? Non aspettare il fiore, prendi il ramoscello gemmato e cingilo al tuo capo.
MURASAKI SHIKIBU, Storia di Genji, IV,12

martedì 25 novembre 2008

Ed è subito sera


SALVATORE QUASIMODO

ED È SUBITO SERA


Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
.
(da Acque e terre, 1930)
.

L'espressione forse più compiuta della poesia ermetica, ancora più del "M'illumino / d'immenso" ungarettiano è tutta racchiusa nei tre versi della più famosa lirica di Salvatore Quasimodo, vera perla in un percorso di ricerca del poeta siciliano, ancora in bilico in quella sua prima opera tra la poesia del primissimo Novecento e la grande stagione dell'Ermetismo.

Diciassette parole soltanto per racchiudere nella densità di tre versi la grigia solitudine umana, il nascere ed il morire delle illusioni, l'accendersi e lo spegnersi dei sogni, l'angoscia provata da molte esistenze che si muovono dalla luce alle tenebre. È la vita, semplicemente la vita, raccontata in questo cristallizzarsi di poesia, in un liofilizzarsi di parole impreziosito da un'analogia fulminante: il raggio di sole che trafigge, come una lunga lancia. L'ultimo verso, forte come un epigramma, ha l'essenzialità dei proverbi.


Fotografia © Venelin Dimitrov/Pexels


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LA FRASE DEL GIORNO
Dare significato alla vita può sortire follia, / ma la vita senza significato è la tortura / dell'irrequietezza e del desiderio vago - / è una nave che anela il mare eppur lo teme.
EDGAR LEE MASTERS, Antologia di Spoon River




Salvatore Quasimodo (Modica, 20 agosto 1901 – Napoli, 14 giugno 1968), poeta e traduttore italiano, esponente di rilievo dell'ermetismo.  Essenziale ed epigrammatico, ha  temperato gli influssi originari in un linguaggio poeticamente sempre più autonomo, che libera un’intensa sensualità in trepide visioni. Premio Nobel per la letteratura 1959 “per la sua poetica lirica, che con ardente classicità esprime le tragiche esperienze della vita dei nostri tempi”.


lunedì 24 novembre 2008

Alphonse Karr


Il 24 novembre di duecento anni fa nasceva a Parigi uno scrittore e giornalista che è però universalmente noto per i suoi aforismi. È Alphonse Karr, che debuttò con il romanzo "Sotto i tigli", opera che gli valse l'ingresso a "Le Figaro" come redattore. Il giornalismo fu la vera professione di Karr: partecipò al progetto di Balzac della "Cronaca di Parigi", pubblicata per soli sei mesi del 1836, e fondò una rivista satirica, "Les Guêpes", attiva per un decennio, oltre a "Le Journal", quotidiano a sostegno del generale Cavaignac. L'opposizione a Napoleone III gli costò il ritiro in campagna, dove divenne orticoltore e giardiniere. Si spense a Saint-Raphaël, sulla Costa Azzurra, nel 1890.

Evidentemente l'attività di giornalista è favorevole alla nascita di grandi aforisti - penso a Karl Kraus e Leo Longanesi. Karr non è da meno: le sue frasi sono taglienti e colgono spesso il segno, soprattuto quelle relative alle donne e all'amore. Sono delle stilettate venate di un pessimismo che corre sotto traccia ma che non sovrasta l'arguzia spesso beffarda, l'ironia originale di un acuto osservatore. E questo fa di un aforista un grande aforista: la capacità di osservare.

Da "L'esprit d'Alphonse Karr. Pensées extraits de ses oeuvres complètes" (1877):

L'amore è la più terribile, ma anche la più onesta delle passioni; è la sola che non possa occuparsi della propria felicità senza comprendervi la felicità di un altro.

Gli apostoli diventano rari, tutti sono padreterni.

Il castigo di coloro che hanno troppo amato le donne consiste nell'amarle sempre.

Come Ieova, anche Eros ha i suoi gesuiti.
Bisognerebbe fare con l'amore come quando si mangia il pesce: non buttar giù le lische.

Finché si odia, si ama ancora.
La felicità è formata di sventure evitate.

La vanità è la schiuma dell'orgoglio.

C'è qualcosa di peggio dei vizi: le false virtù.

Non si viaggia per viaggiare, ma per aver viaggiato.


Fotografia di Alphonse Karr (Pubblico dominio)



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LA FRASE DEL GIORNO
Il romanzo è la storia naturale del cuore umano. La storia vi parla degli altri, il romanzo vi parla di voi.
ALPHONSE KARR, L'esprit d'Alphonse Karr




domenica 23 novembre 2008

La tomba di d'Artagnan


La storica francese Odile Bordaz ha un'ossessione, "I tre moschettieri", l'opera di Alexandre Dumas padre che secondo Umberto Eco compie un'ingiustizia nel titolo, essendo il vero protagonista del romanzo d'Artagnan.

Ebbene, la Bordaz, nella sua opera "Sulle strade di d'Artagnan e dei moschettieri", afferma che l'uomo che ispirò a Dumas il cadetto guascone, ovvero Charles de Batz de Castlemore d'Artagnan, è sepolto a Wolder, ora quartiere di Maastricht, la città olandese divenuta celebre per il Trattato cardine dell'Unione Europea, e che lì è sepolto in una chiesa.

Questo Charles de Batz, che combatteva al servizio di Luigi XIV, nel vero spirito dei moschettieri del re, fu ucciso durante l'assedio alla città nel 1673. All'epoca non era consuetudine riportare in patria i caduti, li si tumulava in fretta nella località dove ci si trovava. "Con i miei colleghi arceheologi e archivisti olandesi abbiamo studiato le mappe di Maastricht, realizzate all'epoca dai tecnici di Vauban. Si vede il campo dell'esercito del re che circondava la città." dice la Bordaz. Quindi Luigi XIV e i suoi fidati moschettieri avevano fissato il loro campo nel vicino borgo di Wolder. "Logicamente - prosegue la ricercatrice - è da là che d'Artagnan è partito con i suoi uomini il 25 giugno 1673 per salire all'assalto delle mura della città e che si è fatto uccidere da un colpo di moschetto". E la sera stessa il re scrive alla regina Maria Teresa: "Ho perso d'Artagnan, nel quale riponevo la più completa fiducia, e che era capace di tutto".

Odile Bordaz è andata a spulciare gli archivi delle parrocchie ottenendone il conforto sul fatto che i soldati "di qualità", oggi diremmo i VIP, uccisi in battaglia venivano sepolti nella chiesa più vicina. Purtroppo, la chiave che potrebbe consolidare la sua tesi, cioè il registro della parrocchia di Wolder, è andato perduto...

A questi voli pindarici non crede l'archeologo e conservatore della città di Maastricht, Wim Dijkman: "D'Artagnan è sepolto là? Non è per niente certo: non c'è alcuna informazione storica o archeologica che vada in quella direzione". Il parroco di San Pietro e Paolo, la chiesa di Wolder, padre Piet van der Aart, potrebbe concedere il permesso agli scavi, ma chiede "prove sicure".

Ed ecco che il romanzo nel romanzo continua...

Illustrazione dall'edizione Appleton (Pubblico dominio)


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LA FRASE DEL GIORNO
Il tempo porta l'occasione e l'occasione è la martingala dell'uomo; più la posta è grave e più si vince, quando si sa aspettare.
ALEXANDRE DUMAS PADRE, I tre moschettieri

sabato 22 novembre 2008

Roma, I secolo a.C.


Google Earth - ha un'opzione incredibile: la possibilità di viaggiare per la Roma imperiale all'epoca di Costantino, nel 320 d.C. La ricostruzione è accuratissima e sembra davvero di volare sulla città in una specie di sbalorditiva macchina del tempo. Il programma ci consente di infilarci anche all'interno di noti edifici e di ammirarne i dettagli: Il Colosseo, il Circo Massimo, il Foro...

Proviamo anche noi allora a viaggiare nel tempo, oggi: ma andiamo un po' più indietro, entriamo nella Roma del I secolo avanti Cristo. È l'epoca di Pompeo, di Catilina, di Cicerone, di Catullo. Roma ci si presenta come una città in divenire, passata da solida Repubblica a potenza economica in espansione, dove, attratti dalle sue ricchezze e dal suo fascino, giungono a migliaia i cittadini provenienti dalla periferia dell'Impero. Come succederà con l'America a cavallo tra Ottocento e Novecento, con la Germania e la Svizzera degli Anni '70, con l'Italia di fine e inizio millennio. Tre milioni di schiavi, contadini e immigrati, che nel 65 a.C. saranno tutti espulsi con la Lex Papia, la Bossi-Fini di allora, che si rivelerà un semplice palliativo: gli stranieri ritorneranno tutti, e in numero maggiore.

Ci troviamo di fronte a eleganti e solide case signorili mischiate a case popolari sviluppate in altezza, come condomini ante litteram, spesso soggette a crolli e incendi per l'instabilità della costruzione, realizzate spartanamente, con sportelli di legno o di cuoio al posto delle finestre e con l'acqua potabile non in grado di raggiungere i piani superiori.
In qualcuna di quelle case signorili possiamo trovare donne ricche e libere, emancipate, esperte sul come farsi una dote e sui metodi anticoncezionali. Sono donne invise a Giovenale, che le definisce "insopportabili" ed è urtato dal loro parlare di poesia a tavola, ma molto amate da Catullo, come la Ipsililla del Carme 32 ("Ti prego, cocchina mia, invitami da te nel pomeriggio") o l'adorata Lesbia di tante poesie, la bella Clodia, moglie separata dell'ex governatore della Gallia Cisalpina Quinto Cecilio Metello.

Bene, fermiamoci qui: per sognare ancora ci basta aprire Google Earth o il libriccino dei Carmi.

Immagine: Google

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LA FRASE DEL GIORNO
Di nulla si può dire che è, di tutto che è stato o sarà. Così veloce precipita il tempo e impercettibilmente a ogni istante ci muta... Triturando in passato il futuro, il non-essere in altro non-essere...
GESUALDO BUFALINO, Il Giornale, 3o dicembre 1988

venerdì 21 novembre 2008

Al fuoco della TV


NELO RISI

TELEGIORNALE


Stando nel cerchio d'ombra
come selvaggi intorno al fuoco
bonariamente entra in famiglia
qualche immagine di sterminio.
Così ogni sera si teorizza
la violenza della storia.



Questa poesia potrebbe essere stata scritta oggi. Invece risale al 1962, agli albori della televisione in Italia. È di Nelo Risi, poeta e regista milanese, fratello del regista Dino. Evidentemente quello dei mass media è un problema che si poneva anche allora.

Il televisore visto come un totem, come il fuoco sacro adorato dalle tribù animiste, attorno al quale allo stesso modo si raduna la famiglia. Ecco, a ben guardare, la differenza con il 1962 è nella composizione familiare: ormai la disgregazione dei nuclei sembra essere la regola, allora poteva essere l'eccezione.

Ma la televisione è rimasta lo stesso totem, lo stesso mostro che ci propina immagini di sterminio - se allora potevano essere lotte per l'indipendenza, prodromi della guerra del Vietnam, o terribili incidenti, come lo schianto ferroviario di Voghera, oggi alterna agli eccidi dei kamikaze, alle guerre nelle varie parti del mondo, le stragi che si compiono all'interno delle mura familiari: l'attenzione morbosa dei telegiornali per l'omicidio di Meredith o per l'efferato assassinio di Erba, per l'uccisione di Cogne o per il rebus di Garlasco non fanno che confermare il teorema di Nelo Risi. Solo che allora forse si poteva stare più tranquilli in quel salotto attorno alla televisione: era la "violenza della storia" a formularsi, a srotolarsi sul tappeto. Ora è la violenza "tout court", subdola e strisciante, e sembra che i giornalisti amino sguazzarci, come in un pantano.


Immagine: RAI



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LA FRASE DEL GIORNO
La televisione ci porta cose che inducono a pensare, ma non ci lascia il tempo per farlo.
GILBERT CESBRON, Un miroir en miettes




Nelo Risi (Milano, 21 aprile 1920), poeta e regista italiano. Laureato in Medicina, non praticò mai la professione. Partito da una lezione montaliana, si staccò dall’ermetismo trovando il suo spazio espressivo in uno spirito critico, spesso ideologico, capace di indagare con una precisione nitida e scrupolosa gli aspetti psicologici e sociali del vivere.


giovedì 20 novembre 2008

Il bosco, il silenzio e Dio


"Per me, «preghiera», è stare in silenzio in un bosco".


Trovo questa perla di saggezza in "Storia di Mario. Mario Rigoni Stern e il suo mondo", opera postuma dello scrittore di Asiago edita da Transeuropa.

Ci sono tre parole chiave in questa brevissima frase che definisce la preghiera:

1) stare, perché chi si rivolge a qualcosa di superiore, di trascendente, si deve porre davanti al mistero, piccola cosa a testa china di fronte all'immenso;

2) silenzio, perché isolarsi, porsi fuori dal mondo e dalle sue tentazioni, è l'unico modo per concentrarsi e fare il vuoto attorno: solo noi e Dio - qualunque Dio, si badi bene, dall'idolo animista al Dio delle tre religioni monoteiste;

3) bosco, perché è la sintesi delle altre due: nella cattedrale vivente che è questo insieme di alberi e foglie, di piante e animali, è possibile fermarsi e riflettere, appunto "pregare", porsi piccoli piccoli davanti all'infinito.

Ecco che il bosco sa diventare chiesa: chi non ha mai provato quella sensazione nel folto, nella penombra silenziosa, camminandovi? Rigoni Stern dunque ammonisce: "Curate i boschi, perché i boschi sono la ricchezza dell'Italia. I boschi curati, oltre che la ricchezza, danno anche pulizia all'aria, trattengono le acque selvagge, abbelliscono il paesaggio".



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LA FRASE DEL GIORNO
I lievi movimenti dell'animo come la commozione per il verso di un insetto. Orecchie capaci di sentire la musica degli oggetti. Una sensibilità in grado di avvertire, anche in un punto minuscolo, l'ordine della bellezza, i segreti dell'universo e persino la volontà divina.
BANANA YOSHIMOTO, L'ultima amante di Hachiko

mercoledì 19 novembre 2008

Caravaggio a Milano


Fino al 14 dicembre, nella Sala Alessi di Palazzo Marino, in Piazza della Scala a Milano, è possibile ammirare uno dei grandi capolavori di Caravaggio, "La conversione di Saulo".

La mostra di quest'unica opera, patrocinata dal Comune di Milano e dal Ministero per i Beni Culturali e sponsorizzata dall'Eni, è dovuta al prestito da parte della proprietaria, la principessa Nicoletta Odescalchi, che ne ha anche consentito il restauro. Il dipinto ha un valore inestimabile ed è assicurato per una cifra di 60 milioni di euro. È una sorta di anticipo delle celebrazioni caravaggesche, che avranno il loro culmine nel 2010, in occasione del 400° anniversario della morte del pittore bergamasco, avvenuta a quarant'anni a Porto Ercole.

"La conversione di Saulo" è l'unica opera di Caravaggio su tavola e risale al 1601. La sua collocazione, con la gemella "Crocifissione di San Pietro", andata perduta, era prevista nella chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma, ma, a seguito di una serie di eventi, altre due tele presero il loro posto. La tavola finì in Spagna e rientrò poi in Italia, a Genova, acquistata nel Settecento dalla famiglia Balbi. Nel dopoguerra entrò nel patrimonio degli Odescalchi che, come visto, la possiedono e la curano. Già nel 1951 era stata esposta a Milano, a Palazzo Reale, nell'ambito della grande mostra su Caravaggio: proprio allora il Longhi attribuì con certezza definitiva "La conversione di Saulo" all'artista.

Il dipinto, su tavola di cipresso, è protetto da una teca di vetro infrangibile ed è possibile osservarne anche il retro. L'allestimento prevede inoltre un video sul restauro e la presenza delle due curatrici, che spiegheranno al pubblico le operazioni di restauro e la affascinante storia del quadro. Altre manifestazioni di contorno si terranno nel centro cittadino: il maxischermo di Piazza del Duomo trasmetterà il video dell'evento, pannelli interattivi saranno sparsi nella zona tra il Palazzo Reale e la Scala, l'Urban Center di Galleria Vittorio Emanuele venderà il catalogo SKIRA a un prezzo speciale.

Caravaggio a Milano
“LA CONVERSIONE DI SAULO”
Palazzo Marino, dal 16 novembre al 14 dicembre 2008
Sala Alessi
Mostra a cura di Valeria Merlini e Daniela Storti
Ingresso libero
Chiusa il 6, il 7 e l'8 dicembre


Caravaggio, "La conversione di Saulo", Collezione Odescalchi



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LA FRASE DEL GIORNO
Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L'interruttore non so dov'è.
BRUNO MUNARI, Occhio alla luce

martedì 18 novembre 2008

La verità su Guangxu


Guangxu fu il decimo imperatore della dinastia Qing, che governò la Cina dalla metà del XVII secolo all'inizio del XX. Fu incoronato nel 1875, ma in realtà a guidare la Cina fu sua madre Cixi, visto che il povero Guangxu aveva solo quattro anni. Al compimento dei diciotto anni, nel 1889, ebbe i pieni poteri, sebbene l'influenza dell'imperatrice fosse comunque fortissima. Dieci anni dopo, iniziata la riforma politica, culturale e sociale che avrebbe dovuto ammodernare il paese e portare alla sua industrializzazione, nota come Riforma dei Cento Giorni, subì il colpo di stato da parte della madre e finì agli arresti. Morì in una "prigione dorata" nel 1908, a trentasette anni.

E ora, ad un secolo esatto dalla sua scomparsa, alcuni ricercatori cinesi sembrano avere risolto l'enigma della morte di Guangxu, predecessore dell'ultimo imperatore della dinastia Qing, quel Pu Yi reso celebre da Bernardo Bertolucci. La verità su Guangxu è che l'imperatore che voleva portare la Cina nel XX secolo venne avvelenato.

I registri ufficiali segnalano che il 14 novembre 1908 Guangxu morì di morte naturale: il suo stato di salute era fragile dopo dieci anni di "arresti domiciliari", ma non c'era dubbio già allora che il potere conservatore cinese e la stessa Cixi avevano buoni motivi per assassinarlo. Ora le analisi condotte dall'Istituto cinese per l'energia atomica e dal laboratorio di medicina legale della polizia di Pechino rivelano tracce elevate di arsenico nelle ossa, nei capelli e nelle vesti dell'imperatore.

Se il come è chiaro, il perché facile da supporre, non altrettanto chiaro è il chi. Se i tempi non fossero così remoti, la prima sospettata ad essere condotta in commissariato per gli interrogatori di rito sarebbe certamente Cixi, insieme a uno dei suoi luogotenenti, il capo degli eunuchi Li Lianying. Quando Guangxu lanciò la riforma per evitare la decadenza della Cina, aveva pensato di trasformare l'impero in una monarchia costituzionale sul modello del vicino Giappone: Cixi si sentì ferita nel cuore e nella tradizione e tramò per mettere a punto le sue manovre, tanto da deporre il figlio e conservare un potere esercitato formalmente per quarantacinque anni.

Guangxu fu dunque arrestato per ordine della madre e confinato in un palazzo posto su un'isola lacustre, i suoi consiglieri furono uccisi o fuggirono. E il 14 novembre 1908 fu avvelenato, forse per evitare che riprendesse il potere.

L'enigma non finisce qui: il giorno dopo, 15 novembre, moriva anche l'imperatrice Cixi. E Li Lianying, il suo favorito, fu assassinato qualche mese dopo...


Pubblico dominio

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LA FRASE DEL GIORNO
Il potere si manifesta soltanto quando se ne fa un uso ingiusto.
RAYMOND RADIGUET, Il diavolo in corpo

lunedì 17 novembre 2008

Camilleri, L'età del dubbio


"Montalbano in questo romanzo (...) si trova all'interno di un proprio dubbio esistenziale che non sa risolvere in nessun modo e che verrà risolto coraggiosamente da qualcun altro".

Andrea Camilleri racconta così l'ultima avventura in ordine di tempo della saga del commissario Montalbano, "L'età del dubbio", in libreria da pochi giorni. Ormai lo scrittore siciliano scrive con il pilota automatico e riesce a ottenere buone storie ogni volta, un po' come il "collega" Simenon, qui anche citato nella trama.

Il commissario si trova a dover indagare tra yacht e cruiser in un'indagine "marina", come l'autore stesso la definisce, che si svolge tra il porto di Vigàta e Marinella: vi si nascondono dietro grossi traffici internazionali e comincia con il ritrovamento di un cadavere sfigurato in un canotto dopo una violenta mareggiata.

Ma questa volta Montalbano, che ha cinquantotto anni, deve fronteggiare anche i dubbi che l'avanzare dell'età pone alla sua mente, "investigativa" anche nel quotidiano e non solo nel lavoro, svolto peraltro egregiamente. E Camilleri si diverte ad addentrarsi nei meandri di quei sentimenti, a diventare psicologo del proprio personaggio.

L'amore e la morte sono i temi che stavolta lo scrittore di Porto Empedocle introduce, leopardianamente, nella trama: infatti il romanzo si apre con un sogno di Montalbano che assiste al proprio funerale e nota l'assenza della fidanzata Livia, sempre più assente e sempre più gelosa e nervosa nelle opere più recenti. Nelle pagine si parlerà ancora di questo sogno e Montalbano stesso arriverà, nelle menzogne bonarie che dice al dottor Lattes della questura e che lo crede sposato e padre, a dire che uno dei suoi figli è prima malato e poi morto, solo per evitare le odiate pratiche burocratiche!

L'amore appare sotto forma di vero e proprio colpo di fulmine, di innamoramento adolescenziale - a 58 anni! si dice Montalbano - e veste la divisa di una donna tenente di Marina, Laura Belladonna, con la quale collaborerà in un tira e molla di emozioni contrastanti, tanto da considerarsi "in una timpesta tra Scilla e Cariddi" come il Petrarca, cui la storia di Laura e Salvo sembra rimandare. Eccolo il dubbio: seguire la strada della coscienza e della ragione o abbandonarla e buttarsi a capofitto in una follia che potrebbe cambiare la sua vita?

Laura gli era piaciuta assà a prima vista, aviva riprovato con emozioni, squasi con commozioni, qualichi cosa che gli era capitata sulo negli anni della picciottanza.
Ma questa non doviva essiri ’na cosa successa sulo a lui. Probabilmenti succidiva a ’na gran quantità d’òmini che avivano da un pezzo passata la cinquantina. Che era? Era un dispirato, e inutili, tentativo di risintirisi picciotto, come se quel sentimento potissi scancillari gli anni.
Ed era proprio questo che confonniva le acque, pirchì uno non arrinisciva cchiù a distinguiri se questo sentimento era vero, autentico o se era fàvuso, artificiali, pirchì nasciva appunto dall’illusioni di potiri tornari narrè nel tempo. Non gli era capitata la stissa ’ntifica cosa con la cavallerizza? Lui, con Laura, non aviva avuto modo di chiaririsi le idee.
Si stava lassanno trascinari passivamenti dalla correnti che lui stisso aviva creata quanno era successo l’imprevedibile.
E cioè che Laura gli aviva ditto che provava per lui la stissa attrazioni. E come aviva reagito?
Si era a un tempo sintuto scantato e filici.
Filici pirchì la picciotta l’amava o pirchì era arrinisciuto, alla sò età, a fari ’nnamurari ’na picciotta?
C’era ’na gran bella differenza tra le dù cose.
Ed essiri scantato per le conseguenzie, non viniva a significari che l’intensità di quel sentimento era accussì vascia da permettergli ancora di raggiunari?






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LA FRASE DEL GIORNO
In amuri, la ragione o si dimette o va in aspettativa. Se può ancora esistiri, essiri presenti, obbligarti a considerare i lati negativi del rapporto, veni a significari che non si tratta di vero amuri.
ANDREA CAMILLERI, L'età del dubbio




Andrea Calogero Camilleri (Porto Empedocle, 6 settembre 1925), scrittore, sceneggiatore, regista e drammaturgo italiano. Ha esordito nella narrativa con il romanzo Il corso delle cose (1978). Nel 1994 con La forma dell'acqua ha dato vita alla fortunata serie del commissario Montalbano, proseguita con numerosi romanzi e racconti.


domenica 16 novembre 2008

Fleurs 2


È uscito due giorni fa il nuovo album di Franco Battiato, "Fleurs 2". Nonostante il numerale, è il terzo album di cover del maestro siciliano, che aveva volutamente intitolato come terzo il precedente "Fleurs" in spregio delle mode che riproponevano reinterpretazioni di brani altrui - da Baglioni alla Pausini, ai Pooh - seguite al successo del primo album, addirittura del 1999.

Battiato rivisita dei pezzi famosissimi a cavallo tra gli Anni '60 e i '70, rivestendoli di un nuovo abito che si avvale del pianoforte di Carlo Guaitoli, rendendo la tipica atmosfera che il cantautore di Milo ha ricreato già nelle due uscite precedenti. C'è una triste canzone di Sergio Endrigo, autore forse troppo sottovalutato, "Era d'estate", che è una delle mie preferite. Gli altri brani in italiano sono pezzi dell'amico Juri Camisasca ("Il carmelo di Echt" e "La musica muore"), una traduzione da una canzone di Anthony, cantata con l'interprete ("Del suo veloce volo") e un inedito bellissimo, scritto a due mani con Manlio Sgalambro e cantato con Carmen Consoli, "Tutto l'universo obbedisce all'amore".

"E più ti amo" è il ripescaggio di uno dei primissimi 45 giri incisi da Battiato - erano già allora cover affidate a cantanti non ancora famosi e venivano allegati a riviste di enigmistica, tanto che il gruppo di accompagnamento si chiamava "Gli Enigmisti": questa è del 1965, gli autori originali erano Gino Paoli e Alain Barriere. Chiude l'album una canzone a suo tempo scritta per Giuni Russo, "L'addio".

I brani in inglese sono naturalmente diversi dagli originali, e non poteva essere altrimenti. Ma "It's five o'clock" degli Aphrodite's Child, il rhytm & blues di "Sitting on the dock of the bay" di Otis Redding e "Bridge over troubled water" di Simon & Garfunkel sembrano avere una marcia in più rispetto alla pur notevole esecuzione di Battiato. I pezzi in francese invece risentono meno del confronto con l'originale: "Et maintenant" di Gilbert Becaud e "Il venait d'avoir 18 ans" di Dalida, qui anche per la presenza della bella voce di Sepideh Raissadat, cantante iraniana.

In conclusione è un disco che rivela ancora una volta la predilizione di Battiato per gli Anni '60 - anche il suo primo film, "Perduto amore", ricostruiva quel periodo con canzoni e si può affermare che la colonna sonora è in effetti il quarto album dei "Fleurs", sebbene le interpretazioni lì sono affidate anche ad altri. La contaminazione di generi è la base del successo di Battiato: questo suo destreggiarsi tra rock, pop, sufi, elettronica, sperimentalismo, musica classica, opera lirica non è solo sintomo del suo poliedrico tocco d'artista, ma un invito al multiculturalismo, a non chiudersi nel proprio orticello e andare per il mondo a confrontarsi con gli altri.







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LA FRASE DEL GIORNO
Nella musica e nella vita avviene così: all'una come all'altra i silenzi più che gli accordi danno significato.

JULES BARBEY D'AUREVILLY, Le diaboliche

sabato 15 novembre 2008

Gli incontri di Marco Aurelio


Al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un individualista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall'ignoranza di ciò che è bene e ciò che è male. Quanto a me, poiché riflettendo sulla natura del bene e del male ho concluso che si tratta rispettivamente di ciò che è bello o brutto in senso morale, e, riflettendo sulla natura di chi sbaglia, ho concluso che si tratta di un mio parente, non perché derivi dallo stesso sangue o dallo stesso seme, ma in quanto compartecipe dell'intelletto e di una particella divina, ebbene, io non posso ricevere danno da nessuno di essi, perché nessuno potrà coinvolgermi in turpitudini, e nemmeno posso adirarmi con un parente né odiarlo. Infatti siamo nati per la collaborazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti superiori e inferiori. Pertanto agire l'uno contro l'altro è contro natura: e adirarsi e respingere sdegnosamente qualcuno è agire contro di lui.

I tempi sono molto cambiati dal II secolo dopo Cristo, quando l'imperatore Marco Aurelio scriveva queste riflessioni rivolte a se stesso nel secondo libro dei "Pensieri" o "Ricordi", secondo la traduzione dal greco. Ma le persone sono rimaste le stesse, anche se hanno modificato il loro abbigliamento, la pettinatura, addirittura il linguaggio, e se invece delle lance, delle meridiane e delle bighe ora si servono di telefonini, orologi e automobili. Come allora portano nel mondo le loro esigenze e le loro clientele, le bassezze ed i vizi, le insensibilità.

È bello questo pensiero di Marco Aurelio, è un invito all'autocontrollo, alla tolleranza, alla considerazione che "tutti siamo sulla stessa barca", semplici ingranaggi di un mondo in movimento: il ciabattino, il soldato, la popolana e anche l'imperatore...

Un filosofo di tale levatura, che aveva per maestri gli stoici Sesto di Cheronea, Cinna Catulo e Claudio Massimo, non poteva essere un dittatore e infatti non lo fu, ma, al contrario, stabilì un costante miglioramento della legislazione per rendere più equa la vita dei cittadini dello sterminato impero romano. La sensibilità e l'intelligenza dimostrata in questo precetto furono la linea guida del suo ventennale impero. A noi che non siamo imperatori, farebbe solo bene ricordarlo ogni mattino, quando usciamo di casa e iniziamo a incontrare gli "altri": manteniamo la calma e rispettiamoci, il mondo non potrà essere che migliore.






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LA FRASE DEL GIORNO
Abìtuati ad ascoltare attentamente ciò che gli altri dicono, e cerca di penetrare il più possibile nell'animo di chi ti parla.
MARCO AURELIO, Pensieri, VI, 53




Marco Aurelio Antonino Augusto (Roma, 26 aprile 121 – Sremska o Vienna, 17 marzo 180), meglio conosciuto semplicemente come Marco Aurelio, imperatore, filosofo e scrittore romano. Su indicazione dell'imperatore Adriano, fu adottato nel 138 dal futuro suocero e zio acquisito Antonino Pio che lo nominò erede al trono imperiale.


venerdì 14 novembre 2008

Arano

GIOVANNI PASCOLI

ARANO


Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,

arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra pazïente;

ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode

il suo sottil tintinno come d'oro.

(da Myricae, 1903)


Arano. Ho visto un trattore emerso dalle nebbie nei campi lungo il fiume rivoltare le zolle in maniera regolare, come seguendo un disegno: in realtà non faceva altro che percorrere il solco battuto prima, aderiva alla forma insolita della stradina che costeggia il campo. Dal belvedere del santuario, lo spettacolo era apprezzabile in tutta la sua geometrica precisione: la terra smossa era scura, sembrava fumare anch'essa come l'acqua appena al di là. E mi è sovvenuta alla memoria da tempi scolastici ormai dimenticati, forse le elementari, forse le medie, "Arano", la poesia di Giovanni Pascoli, tratta da "Myricae".

Sullo sfondo nebbioso del mattino d'autunno, quelle terzine dantesche si sono materializzate, sono diventate vive, sebbene il progresso tecnologico abbia allontanato gli uomini dai campi e li abbia forniti di mezzi più efficaci dell'aratro e dei buoi. Sentivo quel grigiore pascoliano, ma sentivo anche quella malinconia sottesa nell'animo. Il realismo si trasformava in un intimo sentimento e lì ho capito Pascoli, ho incominciato ad apprezzare quei versi che ho sempre giudicato ingenui e di maniera, ho intravisto sotto la superficie la vena che scorreva. E la speranza di quelle foglie di vite rosseggianti (i pàmpani) e di quel trillo degli uccelli che pregustano il loro "raccolto" di lombrichi sono diventati la mia speranza, in questa mattina grigia di novembre.




Giovanni Segantini, "L'aratura"



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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra.
GIOVANNI PASCOLI, Il fanciullino




Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.

giovedì 13 novembre 2008

Quando le cose si rivelano


GUIDO GOZZANO

ORA DI GRAZIA


Son nato ieri che mi sbigottisce
il carabo fuggente, e mi trastullo
della cetonia risopita sullo
stame, dell'erba, delle pietre lisce?

E quel velario azzurro tutto a strisce,
si chiama "cielo"? E "monti" questo brullo?
Oggi il mio cuore è quello d'un fanciullo,
se pur la tempia già s'impoverisce.

Non la voce così dell'Infinito,
né mai così la verità del Tutto
sentii levando verso i cieli puri

la maschera del volto sbigottito:
"Nulla s'acquista e nulla va distrutto:
o eternità dei secoli futuri!".

(da La via del rifugio, 1907)




EUGENIO MONTALE

FORSE UN MATTINO ANDANDO IN UN'ARIA DI VETRO


Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.


(da Ossi di seppia, Mondadori, 1925)


Il sonetto di Guido Gozzano, è una bella riflessione sul risveglio improvviso, su quello che gli inglesi chiamano "to realize", tradotto in italiano con l'orrendo termine "realizzazione". È lo stupore improvviso che prende, immotivato. Qualcosa di simile avevamo già notato in un dialogo di Cesare Pavese: il sussulto di fronte a questa rivelazione della realtà. È in fondo ciò cui mira chi si dedica alla meditazione. Gozzano ritrova - come spesso accade nella sua poetica - il mondo incantato dell'infanzia, riscopre il bambino che è in lui, quello che prova meraviglia davanti alle novità della natura, che siano lo scarabeo o il colore del cielo. E comprende il segreto dell'infinito, la verità che recita l'antico assioma del fisico Antoine Lavoisier: "Nulla si crea, nulla si distrugge", ovvero la legge della trasformazione della massa.

"Ora di grazia" richiama alla mente la poesia di un altro grandissimo poeta, Eugenio Montale: è la stessa rivelazione. la medesima manifestazione improvvisa di un'esperienza, che può essere anche spaventosa se Montale parla di terrore. Ma qui è solo un'ipotesi filosofica, introdotta da quel "forse", che vaglia i limiti delle leggi naturali e la possibilità di un avvenimento trascendente - di "miracolo" si parla. In Gozzano c'è la consapevolezza dell'infinito, in Montale quella esattamente opposta del nulla. E ancora una volta torna la "teologia negativa" del "male di vivere", che nella prefazione alla prima edizione di "Ossi di seppia", uscita nel 1925, fa dire ad Alfredo Gargiulo: "Lo stesso sgomento di vivere è superato: la vita séguita solo come riconosciuto non vivere". Il riferimento a "Forse un mattino, andando in un'aria di vetro" è lampante.




Acquarello di Leigh Barry



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LA FRASE DEL GIORNO
La libertà improvvisa ti dà la vertigine, ti mozza il fiato come una folata di vento forte.
PAOLO MAURENSIG, Venere lesa




Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – 9 agosto 1916),   poeta italiano, fu il capostipite della corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Inizialmente si dedicò alla poesia nell'emulazione di D'Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti, accomunati dall'attenzione per "le buone cose di pessimo gusto". Morì di tisi a 32 anni.


Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.

mercoledì 12 novembre 2008

Effetti della crisi


Non ci bastava andare a fare la spesa e scoprire che un chilo di pasta costa 1,64 euro, il doppio di un anno fa. Non ci bastavano neanche i timori dopo il crollo ripetuto di Wall Street e delle Borse mondiali. I mezzi di comunicazione ritengono che non siamo in grado di comprendere che la crisi è globale, che il capitalismo ha una febbre da cavallo e la recessione non è un fantasma dietro l'angolo, ma quasi una certezza per il prossimo anno.

Ed ecco che segnalano altri sintomi: le grandi case d'aste hanno rivisto al ribasso i loro listini del 30-40 %. Nonostante questo Christie's ha venduto "Livre, pipe et verres" di Juan Gris a quasi ventuno milioni di dollari e Sotheby's ha battuto la "Composizione suprematista" di Kazimir Malevitch a sessanta milioni di dollari. Ma un "Arlecchino" di Picasso è stato ritirato e la sala non è stata entusiasta di spendere in questi momenti.

Non basta. L'incanto dei tartufi quest'anno ha realizzato l'85% in meno dello scorso anno. Lo cita "La Stampa" di Lunedì 10 novembre.

Sono questi gli effetti della crisi, quelli veri secondo i mass media. Non il pensionato che non arriva alla quarta settimana e deve ricorrere alla Caritas. Non le coppie che non riescono a pagare il mutuo. I dipinti di Picasso e i tartufi.

Be', se lo tsunami economico riuscirà a spazzare via queste ipocrisie, a qualcosa allora sarà servito.


Folla a wall Street il 24 ottobre 1929
Immagine da: Herodote.net



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LA FRASE DEL GIORNO
C'è un lavorio continuo, invincibile, con cui il tempo avanza, si porta via qualunque forza e la disgrega operosamente.
PLUTARCO, Sertorio

martedì 11 novembre 2008

La rosa bianca



ATTILIO BERTOLUCCI
LA ROSA BIANCA


Coglierò per te
l'ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l'hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
E' un ritratto di te a trent'anni,
un po' smemorata, come tu sarai allora.


(da Fuochi in novembre, 1934)


Intensa, bellissima, suadente. Così è stata definita la raccolta "Fuochi in novembre", pubblicata nel 1934 da Attilio Bertolucci, allora solo ventiduenne. Montale e Sereni la apprezzarono moltissimo, il poeta del lago addirittura instaurò con Bertolucci una lunga amicizia fitta di scambi epistolari.

In "Fuochi in novembre", tra le bellissime liriche, spesso brevi, che superano l'Ermetismo verso un fremito intimistico c'è questa splendida poesia: naturalmente la donna che nei versi rimane nell’ombra è Ninetta Giovanardi, che Bertolucci sposerà e che sarà compagna di tutta una vita. È lei la vera protagonista, anche se resta celata solo nei due versi finali: è l’afflato che spinge il poeta, la Musa che consente di scrivere. E questa rosa bianca tardiva che diventa omaggio per la donna amata, fiorita nel cuore dell’autunno e resistita alle api bottinatrici e alle nebbie, nel poeta genera uno strano paragone con la ragazza: ne vede un ritratto futuro, spostato dieci anni avanti nel tempo; l’amata allora sarà trentenne, simile a quella rosa in tutta la sua dolcezza, avviata ad un tempo che non ricorda il passato, che vive del presente e del suo quotidiano.




Alfred Ng, "Rosa bianca"



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LA FRASE DEL GIORNO

Affinché nasca un'attrazione veramente appassionata è necessaria la presenza di qualcosa che può essere espresso soltanto con una metafora chimica: le due persone devono neutralizzarsi, come l'acido e l'alcali si combinano per formare un sale neutro.
ARTHUR SCHOPENHAUER, L'arte di trattare le donne



Attilio Bertolucci (San Prospero Parmense, 18 novembre 1911 – Roma, 14 giugno 2000), poeta italiano. Le sue opere poetiche sono il risultato di una felice contaminazione tra eredità ermetica e capacità di tradurre ogni astratta eleganza in un discorso poetico naturale.


lunedì 10 novembre 2008

Dieci parole italiane


La Società Dante Alighieri ha organizzato un sondaggio molto interessante, nell'ambito del multilinguismo incoraggiato dall'Unione Europea: chiede ai cittadini dei 27 stati membri di indicare le dieci parole della lingua italiana entrate nell'idioma di appartenenza che si ritengono più importanti storicamente e culturalmente. La lista in cui scegliere i vocaboli ne contiene cento, tratte dal "Dizionario degli italianismi nel mondo", che i linguisti Luca Serianni, Lucilla Pozzoli e Leonardo Rossi stanno realizzando.

"Italiano, lingua d'Europa, lingua del mondo" - questo è il titolo del sondaggio - è così spiegato dagli organizzatori: "L’iniziativa della Società Dante Alighieri, promossa in occasione dell’VIII Settimana della Lingua Italiana nel Mondo, nasce da due presupposti principali: il primo è che attualmente l’Unione Europea ha 27 Stati membri e 23 lingue ufficiali; ciascuno Stato membro, al momento di entrare nell’UE, determina quale o quali lingue desidera siano dichiarate lingue ufficiali dell’Unione, che dunque utilizza le lingue scelte dagli stessi governi nazionali. Il secondo presupposto è che l’Unione Europea incoraggia il multilinguismo. Questo scenario è completato dal titolo significativo della pagina del sito dell’UE dedicata alle questioni linguistiche: “Lingue: la ricchezza dell’Europa”. Dal libro “L’Europa linguistica: profilo storico e tipologico” (Firenze, Le Monnier, 2002) di Alberto Nocentini, illustre glottologo italiano, emerge immediatamente che i lessici delle tre lingue romanze (italiano, francese e spagnolo) sono sovrapponibili, che l’inglese concorda e che il tedesco se ne discosta, ma non sempre. Un classico esempio è rappresentato dalla parola italiana classe: il suo corrispondente spagnolo è clase, il corrispondente francese è classe, quello inglese è class, quello tedesco è Klass. Dunque, ciò che unisce le lingue d’Europa è molto di più di quello che le divide".


Fotografia © Context Travel/Flickr




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LA FRASE DEL GIORNO
Le lingue non possono esser semplici, ma conviene che sieno miste con l'altre lingue.

NICCOLÒ MACHIAVELLI, Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua