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giovedì 24 aprile 2025

Come un’allegoria


GIORGIO CAPRONI

BORGORATTI

Anche le vampe fiorite
ai balconi di questo paese,
labile memoria ormai
dimentica la sera.

Come un’allegoria,
una fanciulla appare
sulla porta dell’osteria.
Alle sue spalle è un vociare
confuso d’uomini – e l’aspro
odor del vino.

(da Come un’allegoria, 1934)

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Borgoratti è un quartiere di Genova, nella zona di Levante. Giorgio Caproni, poeta livornese che nel capoluogo ligure abitò dal 1922 al 1939, dedica alla località questi versi. Se la prima strofa è un bozzetto, quasi un dipinto macchiaiolo, la seconda è un'apparizione, talmente importante da dare il titolo a tutta la raccolta: è la Musa poetica che appare a evocare già alcuni degli stilemi cari a Caproni: l'osteria, il vino, la gente di passaggio, la città vecchia come un palcoscenico di personaggi.

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IMMAGINE CREATA CON IA

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Genova sempre nuova. / Vita che si ritrova.
GIORGIO CAPRONI, Il passaggio d'Enea

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Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.


mercoledì 23 aprile 2025

E tu, my rose


VICTOR BOTAS

ORA

Una donna dagli occhi verdi camminerà ora
lungo Tottenham Court Road verso Oxford Street.
Un'altra, con i capelli neri, attraverserà ora
Via dei Fori Imperiali, con il Colosseo sullo sfondo.
Una terza probabilmente esce dalla bocca
della metropolitana di Parigi, proprio di fronte all'Etoile.
A Madrid, ci sarà una giovane ragazza che flirta eccitata
mentre beve una birra in un bar di Rosales,
vicino al tempio egizio:
E tu,
my rose, my rose?
                                           Forse
in questo momento stai guardando
il mare e non capisci
che lo porti tutto nei tuoi occhi.
                                                          Nel frattempo,
io ostinatamente ammazzo il tempo
in questa stanza grigia davanti a questo foglio.

(da Le rose di Babilonia, 1994)

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La lontananza dell'amore e la sopravvivenza della poesia alla vita sono i temi preferiti da Victor Botas, poeta spagnolo della Generazione del '77. E li lega in questi versi in cui - come dentro scatole cinesi - lo sguardo poetico si muove come una macchina da presa in carrellate che inquadrano alcune donne che si muovono in varie parti del mondo per approdare infine all'amata, alla "my rose" che si trova chissà dove mentre l'autore scrive.

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FOTOGRAFIA © STOCKSNAP/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Sarà sola, / come soli sono coloro che, in un modo / o nell'altro, forse sono diversi. / E non sospetterà che un pomeriggio / mi stava dettando una poesia.
VICTOR BOTAS, Retorica

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Víctor Botas (Oviedo, 24 agosto 1945 - 23 ottobre 1994), poeta e scrittore spagnolo appartenente alla generazione poetica del '77. La sua opera si inserisce in un secondo periodo generazionale i cui autori non hanno seguito la "dissidenza" dei poeti più recenti, ma hanno cercato di modulare le tradizioni precedenti senza rompere con esse.


martedì 22 aprile 2025

Quelli usati


BERTOLT BRECHT

FRA TUTTI GLI OGGETTI

Fra tutti gli oggetti i più cari
sono per me quelli usati.
Storti agli orli e ammaccati, i recipienti di rame,
i coltelli e forchette che hanno di legno i manici,
lucidi per tante mani: simili forme
mi paiono di tutte le più nobili. Come le lastre di pietra
intorno a case antiche, da tanti passi lise, levigate,
e fra cui crescono erbe, codesti
sono oggetti felici.
Penetrati nell’uso di molti,
spesso mutati, migliorano forma, si fanno
preziosi perché tante volte apprezzati.
Persino i frammenti delle sculture,
con quelle loro mani mozze, li amo. Anche quelle,
vissero per me. Lasciate cadere, ma pure portate;
travolte sì, ma perché non troppo in alto stavano.
Le costruzioni quasi in rovina
hanno l’aspetto di progetti
incompiuti, grandiosi; le loro belle misure
si posson già indovinare; non hanno bisogno
ancora della nostra comprensione. E poi
han già servito, sono persino superate. Tutto
questo mi fa felice.

(da Poesie, Einaudi, 1959 - Traduzione di Ruth Leiser e Franco Fortini)

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Non è la materia che determina il valore degli oggetti, neanche l'utilità. È qualcosa di inafferrabile, quello che chiamiamo valore affettivo, ma anche l'abitudine, oppure può intervenire un'inesplicabile senso estetico o la condizione perduta dell'oggetto stesso. E questo loro valore fa felice il poeta tedesco Bertolt Brecht, che, come nota Henri Lefebvre: "ha percepito il contenuto epico della vita di tutti i giorni: la durezza di azioni ed eventi, la necessità di giudicare. A questo si aggiunga una astuta consapevolezza dell'alienazione da ritrovare nella vita quotidiana".

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ANDREY MOROZOV, "NATURA MORTA CON TEIERA E ROSE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

La vita mi ha insegnato che, come ogni amore non corrisposto, anche quello per le cose alla lunga si paga.
ADOLFO BIOY CASARES, Dormire al sole

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Eugen Bertolt Friedrich Brecht (Augusta, 10 febbraio 1898 - Berlino Est, 14 agosto 1956), teorico del teatro, poeta, regista e drammaturgo tedesco, è noto soprattutto per le opere teatrali: “L’opera da tre soldi”, “Madre Coraggio e i suoi figli”, “Vita di Galileo”.


lunedì 21 aprile 2025

L’Angelo, distante e vicino


CARLO BETOCCHI

SULL’ORE PRIME

Son l’ore prime, le solite, le ore
che la vita me ne ha chieste tante;
l’ora che al già Risorto, che «non è
più qui», tien dietro l’Angelo, distante

e vicino alla vita: che un motore
stacca in fondo alla via la sua fatica,
e parte: e ch’io resto, solo, all’antica
vicissitudine, cui non val arte

di sorta, altro che il principiare, e sia
come sia, con quel gettar di dadi
che è già scontato, che se stesso oblia,

che va crescendo d’effetto per gradi,
vola il colombo, si schiara la via,
o vita, come lenta persuadi.

(da L’estate di San Martino, Mondadori, 1961)

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E sì che mi son capitati, forse, più malanni che contenti. Ma sarà per quell’accoglienza che gli faccio, quando il dolore capita, che per modo di dire chiamerò riflessiva, ma riflessiva non è – come sa chi mi conosce – perché per me non consiste che nell’adottare un comportamento, che in questo caso è la pa­zienza: la pazienza, poi, si fa compagnia col tempo che passa: sarà per questo, dico, che in tale passaggio anche i malanni, le pene, quand’hanno visto che la pazienza va d’accordo col tempo, cominciano a mutare viso”: meditando sulla Resurrezione e sull’Angelo apparso alle donne, il poeta torinese Carlo Betocchi illustra la sua filosofia cristiana, il suo accettare la sofferenza come Giobbe, consapevole di essere “un poveraccio, questi che vuole / ciò che il mondo non vuole, solo amore”.

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FOTOGRAFIA © CHIEM SEHERIN/PIXABAY

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Mi torna spesso alla mente la frase che scrisse San Paolo ai Corinti, dopo aver recitato le sue infinite tribolazioni: «Se c’è da vantarsi, io vanterò gli atti della mia debolezza». Che stupenda parola! Anzi, proprio, che parola della poesia. Perché i poeti non sono mica de­gli spiriti forti.
CARLO BETOCCHI, Diario della poesia e della rima

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Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986), poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.


domenica 20 aprile 2025

Le campane suonano


STELIOS SPERANTSAS

RESURREZIONE

Resurrezione. E piena di gioia,
la mia anima è sbocciata come un giglio.
E apro le ali del desiderio,
in alto nella luminosa
alba azzurra, per diventare anch'io una stella.

Resurrezione. Le campane suonano.
E tutti gli alberi fioriscono ovunque.
In questo mondo
coloro che seminano odio imparino ad amare e dicano:
«Oggi Cristo è risorto».

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Domenica di Pasqua. Affido gli auguri per questa giornata di festa al poeta greco Stelios Sperantzas, che associa la pienezza della gioia spirituale a quella della primavera, e chiude i suoi versi con il tradizionale saluto pasquale ortodosso, “Xριστός Aνέστη” (Christòs anèsti), ovvero “Cristo è risorto”.

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PIERO DELLA FRANCSCA, "RESURREZIONE"

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Schiudete i cuori: in essi erompa intera / di questo dì l’eterna giovinezza; / io passo e canto che vita è bellezza, / passa e canta con me la primavera.
ADA NEGRI, Maternità

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Stelios Sperantzas (Smirne, 1888 – Atene, 6 giugno 1962), poeta e scrittore greco. Medico e professore universitario, fu scrittore prolifico: poeta tradizionale, emotivo, particolarmente sensibile ai temi patriottici e alla letteratura per l’infanzia, cui  dedicò gran parte della sua opera.


sabato 19 aprile 2025

I giunchi sonori


RICARDO GÜIRALDES

SOLO

La pianura si perde nella sua imponenza.
Il pomeriggio, singhiozzando viola, acquieta
le vene colorate,
che purifica.

Dalla valle i giunchi sonori,
in rosso e oro,
trattengono brandelli di colore,
che oziano, lenti,
nei loro ultimi momenti.

Non ci sono né uomini né paesi.

Polvaredas, 1914

(da La campanella di cristallo, 1915)

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Un tramonto sul fiume che attraversa la pampa: il poeta modernista argentino Ricardo Güiraldes ne legge i colori riportandoli con poche pennellate e ascolta la musica suonata dalle canne di un giuncheto mosse dalla brezza.

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FOTOGRAFIA © FRANCESCO UNGARO/PEXELS

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  LA FRASE DEL GIORNO  

Creare visioni di luoghi futuri sapendo che saranno sempre lontani, irraggiungibili come tutti gli ideali. Fuggire il vecchio. Osservare la riva che fende l'acqua schiumosa e pesante. Allontanarsi da ciò che è noto. Bere quello che arriva. Avere un'anima di prua.
RICARDO GÜIRALDES, Don Segundo Sombra

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Ricardo Güiraldes (San Antonio de Areco, 13 febbraio 1886 – Parigi, 8 ottobre 1927), poeta e scrittore argentino. Con Borges e Rojas Paz fondò la rivista Proa, con la quale intervenne nel movimento d'avanguardia modernista.  La sua opera oscilla tra il mondo elementare dell'infanzia nella pampa e quello raffinato della cultura europea.


venerdì 18 aprile 2025

Frange di cera


JOAN LLACUNA I CARBONELL

MATTINA DI VENERDÌ SANTO

Il silenzio accarezza il mio cuore
con caldi vortici.

Le mie scarpe hanno
riflessi bluastri

e hanno il colore del tornasole
le ombre

Tutto l'azzurro del cielo
sull'asfalto.

L'unghia del pollice destro
presenta ancora delle frange di cera.

(da Nyora, 1935)

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Molto sentita in Spagna, e soprattutto in Catalogna, è la tradizione pasquale: il poeta catalano Joan Llacuna i Carbonell ci porta all’interno di un Venerdì Santo, nelle sue ore del mattino fatte di meditazione e di silenzio, Una serie di immagini interiorizzate dei cambiamenti della luce attraverso la cui giustapposizione viene suggerito il percorso della processione mattutina, scandita dall’azzurro cielo di primavera e dal vivido bagliore delle fiamme delle candele.

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FOTOGRAFIA © JULIE RACCUGLIA/FLICKR

.OGRAFIA


  LA FRASE DEL GIORNO  

Egli moriva per un sogno / Ed era molto mite, / Nei suoi occhi splendeva una luce / Che gli uomini fanno molta strada per trovare.
COUNTEE CULLEN

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Joan Llacuna i Carbonell (Igualada, 15 ottobre 1905 – Burzet, Francia, 6 agosto 1974), poeta catalano. Collaboratore delle riviste Ariel e La Revista di López-Picó. Da giovane sviluppò un interesse per la letteratura e la poesia e imparò a leggerla da autodidatta. Nello stesso tempo, si risvegliò in lui una profonda coscienza religiosa.