giovedì 31 marzo 2022

Seduta su una pietra


MARY CAROLYN DAVIES

IL GIORNO PRIMA DI APRILE

Il giorno prima di aprile,
sola soletta,
ho camminato per i boschi
e mi sono seduta su una pietra.
Mi sono seduta su una pietra 
e ho cantato agli uccelli.
La melodia era opera di Dio
ma le parole erano mie.

(da Poetry. A Magazine of Verse, X, 5, agosto 1917)

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La primavera è all’intorno ma anche dentro di noi: seduta in mezzo ai boschi, la poetessa statunitense Mary Carolyn Davies si sente parte del risveglio, non si limita ad osservarlo ma se ne fa interprete scrivendo la sua poesia sullo spartito già predisposto dalla natura.

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FOTOGRAFIA © JIPSIE VISIONS

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LA FRASE DEL GIORNO
Siamo fatti interamente di libri, / di grandi spazi e di stelle.
MARY CAROLYN DAVIES




Mary Carolyn Davies (Sprague, Washington, 1888 – New York, 1940?), scrittrice e poetessa statunitense la cui carriera svanì nel mistero dopo il trasferimento a New York negli Anni Trenta. Conosciuta per le sue poesie e per alcuni romanzi e racconti, è stata paragonata a Edna St. Vincent Millay.


mercoledì 30 marzo 2022

Come Gauguin


IRENE GRUSS

DONNA IRRISOLTA

Vorrei, come Gauguin, mollare tutto e andare
lasciare la mia famiglia, la posizione
non così solida
e rifugiarmi a scrivere in qualche isola
sperduta.
La tranquillità di Gauguin,
soggiornare su un’isola
al caldo, dove le donne
sputano rassegnate
noccioli di frutta selvatica.

(da Il mondo incompleto, 1987)

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Un sogno, quello che Paul Gauguin realizzò nell’aprile 1891: ritirarsi in un vero e proprio paradiso terrestre, dove poter realizzare la propria arte dimenticando i conflitti irrisolti e le disuguaglianze che la moderna società ha insite nel proprio tessuto. È lo stesso – almeno per un istante, per un gioco del pensiero – della poetessa argentina Irene Gruss che si considera “donna irrisolta” nelle tensioni sociali e nelle differenze di genere.

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PAUL GAUGUIN, "TE FAATURUMA

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LA FRASE DEL GIORNO
Ho bisogno di verde, aria, acqua per scrivere e per vivere. Perché sento che quando sono con le cose non sono, non c’è parola, non c’è linguaggio, sono con le cose, con l’albero, con una pietra, e questo silenzio è meraviglioso, è una conversazione in silenzio.
IRENE GRUSS, Las/12, 10 giugno 2005




ireneIrene Gruss (Buenos Aires, 31 agosto 1950 - 25 dicembre 2018), poetessa argentina. Prese parte negli anni ‘70 al gruppo letterario “Mario Jorge De Lellis” innovando il colloquialismo. Tra le sue opere La luz en la ventana (1982), El mundo incompleto (1987), La calma (1991), Sobre el asma (1995) e La mitad de la verdad (2008), opera completa.


martedì 29 marzo 2022

Ancora scrivi


DARIA MENICANTI

LETTERA

Ancora scrivi, ancora chiedi cosa
n’è della Daria, se la casa è quella
di sempre, luce e umori;
se il filodendro sale a stelle, a cuori
per l’estrema parete fra i quadri;
se il piccolo juke-box manda ogni sera
Mozart, Vivaldi e un poco
il Dixieland, Louis Armstrong…
Se ancora lei, la Daria, si ricorda.

giugno 1963

(da Città come, Mondadori, 1964)

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Difficile est longum subito deponere amorem: è difficile uscire all’improvviso da un amore durato a lungo, scriveva Catullo nell’ottantaseiesimo dei suoi Carmi. Ed è quello che accadde alla poetessa Daria Menicanti e al filosofo Giulio Preti: non è facile astrarre dalle abitudini, dall’affetto che ancora permane, dal pensiero dell’altro che si è amato e che ancora in certo modo resta presente come un’ombra.

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EDWARD HOPPER, "STANZA A BROOKLYN"

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LA FRASE DEL GIORNO.
Di tutte le mie / cause perse /tu, caro, sei sempre stato / la causa più persa di tutte.
DARIA MENICANTI, Città come




Daria Menicanti (Piacenza, 1914 – Mozzate, 4 gennaio 1995), poetessa, insegnante e traduttrice italiana. In lei si mescolano il registro sarcastico e ironico e quello più sottile della malinconia. Per Lalla Romano la sua era “una voce nuova, moderna e classica, per niente alla moda, ma libera e anche audace”.


lunedì 28 marzo 2022

Una nuvola bianca


JOAN SALVAT-PAPASSEIT

VIBRAZIONI

Il cielo è tutto azzurro nel mattino.     
Solo una nuvola bianca, bianchissima:
una ragazza ha lasciato il cuscino.

(da Il radiatore del porto e i gabbiani, 1921)

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Nonostante la tubercolosi che ne minava il fisico e che l’avrebbe condotto alla morte a trent’anni, il poeta catalano Joan Salvat Papasseit, iniziatore del Futurismo a Barcellona, era un ottimista e manifestava il proprio amore per la vita, quello che gli fa riconoscere in una nuvola splendente nel mattino il cuscino di una ragazza in questa sorta di haiku che vive del contrasto tra l’azzurro e il bianco con tutti i loro simbolismi.

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FOTOGRAFIA © MIGUEL PEDROSO/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Ecco perché i Poeti sposano la luna, perché vivono in un mondo al di sopra di questo mondo
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JOAN SALVAT-PAPASSEIT, Mar Vella, n. 4, 1919




Joan Salvat i Papasseit, più noto come Joan Salvat-Papasseit (Barcellona, 16 maggio 1894 –  7 agosto 1924), poeta spagnolo. Vicino agli ambienti anarchici e socialisti, è considerato il nome più importante del futurismo in lingua catalana e un importante agitatore culturale e promotore della poesia di avanguardia.


domenica 27 marzo 2022

La fonte più pura


ROSA LEVERONI

ELEGIE DELL'AMORE INCERTO, IV

Non dirò più l'amore che fu la fiamma
     di quel mio canto passato.

Ora l'amore sarà la fonte più pura
     di questo mio canto silenzioso.

nell'ora stanca del mezzogiorno
     lei sarà il riposo

dove troverò il profumo e la fermezza
    del mio appartato giardino.

(da Epigrammi e canzoni, 1938)

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La solitudine è, per la poetessa catalana Rosa Leveroni, la “rosa perfetta”, “amica del mistero” che cresce dentro di lei e che la pone in rapporto con il mondo: “Non lasciarmi mai, / oh, mia solitudine”. È il tema fondamentale che attraversa tutta la sua opera poetica, l’oscillare all’interno del paesaggio naturale tra la speranza e il dolore, con il ricordo di un passato irrecuperabile a donare i toni dell’elegia.

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DIPINTO DI ANGELICA PRIVALIHIN

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LA FRASE DEL GIORNO
Non chiedermi, amore, perché ti amo, / se non trovo ragioni. Ma potrei / parlarti della meraviglia dell'usignolo / e del pulsare del sangue, o della sicura / dolcezza della radice nella terra, / o del dolce pianto delle stelle?
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ROSA LEVERONI, Presenza e ricordo




Rosa Leveroni i Valls (Barcellona, 1°aprile 1910 – Cadaqués, 4 agosto 1985), poetessa spagnola legata alla resistenza culturale catalana nel periodo franchista. La sua poesia, influenzata dall’opera di Carles Riba, è caratterizzata dal tema amoroso e dalla riflessione sul destino umano.


sabato 26 marzo 2022

Il tormento delle rime


JOHN DONNE

TRE VOLTE PAZZO

Lo so, sono due volte pazzo
perché amo e perché lo dico
in dolenti versi. Ma dov'è
il saggio che non vorrebbe
essere me, se lei non si negasse?
Profondi nella terra
tortuosi percorsi angusti
purificano l'acqua di mare
dei corrosivi sali, cosi pensavo,
avrei alleggerito le mie pene
portandole attraverso
il tormento delle rime.
Dolore che si fa metro non è più tanto crudele,
lo doma chi col verso lo mette in catene.

Ma fatto ciò qualcuno,
per esibire la sua arte, la sua voce,
mette in musica canta il mio dolore.
Per dilettare i molti libera di nuovo
il dolore che nel verso era frenato.
Al dolore all'amore
la poesia si addice -
ma che non sia piacevole da leggere.
Dolore e amore entrambi -:
sono accresciuti da questi canti,
il loro trionfo è fatto cosi pubblico.
E io che due volte pazzo ero,
tre volte pazzo sono.
Chi è solo un poco saggio, è il pazzo vero.

(The Triple Fool, da Poesie, 1633)

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Il poeta inglese John Donne riflette sulla forza della poesia, sulla sua capacità di analizzare i sentimenti e interpretarli, di alleviare la sofferenza racchiudendola nelle sillabe della metrica: sembra funzionare, il dolore di un amore non corrisposto è sopito, sembra finalmente intrappolato nella gabbie delle strofe. Ma, ahimè, il poeta ha fatto approssimativamente i suoi conti: qualcuno mette in musica quella poesia e la forza della canzone viene a rinnovare e amplificare quel tormento che aveva creduto di aver lenito, torna a farlo riflettere sulle profonde connessioni che legano il dolore e l’amore.

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FOTOGRAFIA © AMIR SIDDIQUI

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LA FRASE DEL GIORNO
I misteri dell’amore crescono nelle anime / ma loro libro è tuttavia il corpo.
JOHN DONNE, Poesie




John Donne (Londra, 22 gennaio 1572 – 31 marzo 1631), poeta, religioso e saggista inglese, avvocato e chierico della Chiesa d'Inghilterra. Scrisse sermoni e poemi di carattere religioso, traduzioni latine, epigrammi, elegie, canzoni, sonetti e satire. Considerato come il rappresentante inglese del concettismo durante il Siglo de Oro, incarnò la reazione all’uniformità dell’epoca elisabettiana e l’apertura al barocco.


venerdì 25 marzo 2022

Così era mutato il mondo


DINO BUZZATI

GUERRA

Ho fatto poco fa nel buio
il giro di questa terra
tanto tempo che non lo facevo:
mi ricordo cinque anni fa la sera
anzi all’alba, tornato a casa
mi sedevo dinanzi alla radio
e partivo per terra incantata.
Sentivo musiche misteriose
canzoni in lingue mai esistite
tamburi di razze lontane.
Pure tra esse mi ritrovavo:
dicevano pressappoco la stessa cosa
capace di toccare il mio cuore
uomini uomini erano
con un animo umano.
Ugualmente ho fatto stanotte
con uguale abbandono partito
verso le contrade del sogno.
Ma non ho più riconosciuto il mondo
più non c’erano i vecchi amici
a cantare canzoni monotone
capaci di muovere il cuore.
Giravo di terra in terra
attraversando gli oceani
tendevo le orecchie se mai
ne fosse rimasto almeno uno.
Invece solamente parlavano
con voci gutturali ed estranee
parlavano attraverso il mondo.
Io non capivo le lingue
pure avevo l’impressione
che dicessero la stessa cosa
brontolavano brontolavano senza posa
un lungo grave discorso
su probabili argomenti d’odio.
Così era mutato il mondo
più una musica, una canzone,
una voce spensierata e soave
parlavano parlavano
consumando aridamente la vita.
Da destra da sinistra
da sinistra da destra
unicamente parole gravi.

(da Il pianeta Buzzati, Apollinaire, 1974)

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Dino Buzzati il 15 giugno 1941 è a Milano, in licenza, dopo aver partecipato in qualità di corrispondente di guerra alla battaglia di Capo Matapan. Il giorno prima sul diario, dopo essere uscito con i vecchi amici, ha annotato: “Sono rimasto indietro, forse e mi sento inetto. Anche gli scherzi e le risate per me sono false. Troppi ricordi dolci ed amari escono da ogni cosa che rivedo, case, strade, negozi, luci, ombre di donne, nuvole e i grandi palazzi turchesi nella notte che assomigliano alle mie montagne”. Quel giorno scrive questa poesia con la quale constata come la guerra abbia cambiato le cose: non solo l’atmosfera, ma anche le relazioni, gli svaghi, i discorsi stessi.

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FOTOGRAFIA © BLENDE12/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Gravava ormai nella sala il sentimento della notte, quando le paure escono dai decrepiti muri e l'infelicità si fa dolce, quando l'anima batte orgogliosa le ali sopra l'umanità addormentata.

DINO BUZZATI, Il deserto dei Tartari




Dino Buzzati, all'anagrafe Dino Buzzati Traverso (San Pellegrino di Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972), scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo e poeta italiano. Fu cronista e redattore del Corriere della Sera. Autore di romanzi e racconti surreali e realistico-magici, è celebre per Il deserto dei Tartari.


giovedì 24 marzo 2022

Cotogni e melograni


IBICO

COTOGNI E MELOGRANI A PRIMAVERA

Cotogni e melograni a primavera
rinfrescati da vive acque di fiume,
dove è un giardino intatto delle Muse
e i getti della vite
cresciuti all'ombra dei tralci
sono nel loro fiore: ma a me Eros
in nessuna stagione dà riposo
si spicca da Afrodite e m’aggredisce 
come la tramontana della Tracia
incendiato di lampi, arido e folle,
tenebroso e impassibile, e possente
sorveglia la mia mente alla radice.

ἦρι μὲν αἵ τε Κυδώνιαι
μηλίδες ἀρδόμεναι ῥοᾶν
ἐκ ποταμῶν, ἵνα Παρθένων
κῆπος ἀκήρατος, αἵ τ' οἰνανθίδες
αὐξόμεναι σκιεροῖσιν ὑφ' ἕρνεσιν
οἰναρέοις θαλέθοισιν· ἐμοὶ δ' ἔρος
οὐδεμίαν κατάκοιτος ὥραν.
τε†ὑπὸ στεροπᾶς φλέγων
Θρηίκιος Βορέας
ἀίσσων παρὰ Κύπριδος ἀζαλέ-
αις μανίαισιν ἐρεμνὸς ἀθαμβὴς
ἐγκρατέως πεδόθεν φυλάσσει†
ἡμετέρας φρένας

(da La poesia d’amore antica, Bur, 2013 – Traduzione di Enzo Mandruzzato)

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La primavera è tempo di fiori e di rigoglio: è l’amore che si manifesta in tutta la sua potenza e la sua bellezza – così pensa Ibico, poeta reggino del V secolo avanti Cristo, considerando invece di ritrovarsi sempre in balia dei tormenti amorosi senza mai fiorire: Eros gli riserva il perenne inverno di un sentimento che non ritempra ma che al contrario colpisce senza tregua.

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FOTOGRAFIA © PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Mi guarda tra le palpebre azzurrine / Eros che strugge / con infinite malie / con le inafferrabili reti della Dea.
IBICO




Ibico (Reggio, 570 a.C. circa – Corinto?, dopo il 522 a.C.), poeta greco antico di lirica corale. Restano solo frammenti pari a meno di 100 versi delle sue poesie: carmi lirici di contenuto eroico e poesie d'amore soprattutto in lode della bellezza degli efebi. Cicerone lo considerava poeta d'amore più ardente di tutti gli altri poeti greci.


mercoledì 23 marzo 2022

Una panchina in giardino


EDITH SÖDERGRAN

UN DESIDERIO

Di tutto il nostro mondo sereno
voglio solo una panchina in giardino
dove un gatto si crogiola al sole.
Mi siederò lì
con una lettera in grembo,
solo con una breve lettera.
Questo è il mio sogno…

(da Poesie, 1916)

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Quella della poetessa finlandese di lingua svedese Edith Södergran è la rivendicazione di un piccolo mondo, di una semplice gioia di nulla, la tranquillità di un momento da dedicare a se stessa per goderne la pace, dimenticando il mondo esterno e la malattia: è lì che la sua anima assetata potrà finalmente bere.

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EDWIN AUSTIN ABBEY, "DONNA SU UNA PANCHINA"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il fuoco interiore è la cosa più importante che l'umanità possiede.
EDITH SÖDERGRAN




Edith Södergran (San Pietroburgo, 4 aprile 1892 – Roščino, 24 giugno 1923) poetessa finlandese di lingua svedese. Navigando tra Simbolismo ed Espressionismo con influssi nietzschiani, diede il via al Modernismo in salsa scandinava. Morì di tisi a 31 anni.


martedì 22 marzo 2022

Farfalle e usignoli


GIOCONDA BELLI

I PORTATORI DI SOGNI

In tutte le profezie
sta scritta la distruzione del mondo.

Tutte le profezie raccontano
Che l’uomo creerà la propria distruzione.

Ma i secoli e la vita che sempre si rinnova
Hanno anche generato una stirpe di amatori e sognatori;
uomini e donne che non sognano la distruzione del mondo,
ma la costruzione di un mondo pieno di farfalle e usignoli.

Già da bambini erano segnati dall’amore.
Al di là delle apparenze quotidiane
conservavano la tenerezza e il sole di mezzanotte.
Le madri li trovavano piangenti per un uccellino morto
e più tardi trovarono anche molti di loro
morti come uccellini.

Questi esseri convissero con donne traslucide
e le resero gravide di miele e figli nutriti
da un inverno di carezze.

Fu così che proliferarono nel mondo i portatori di sogni
ferocemente attaccati dai portatori di profezie
che annunciano catastrofi.

Li hanno chiamati illusi, romantici, pensatori di utopie,
hanno detto che le loro parole sono vecchie
– e in effetti lo erano
perché antica è la memoria del paradiso nel cuore dell’uomo –
gli accumulatori di ricchezze li temevano
e lanciavano eserciti contro di loro,
però i portatori di sogni tutte le notti facevano l’amore
e continuava a germinare il loro seme nel ventre di quelle
che non solo portavano i sogni ma li moltiplicavano
e li facevano correre e parlare.

In questo modo il mondo generò nuovamente la propria vita
così come aveva generato quelli
che inventarono il modo di spegnere il sole. –

I portatori di sogni sopravvissero ai climi gelidi
ma nei climi caldi quasi sembravano sbocciare
per generazione spontanea.
Forse le palme, i cieli azzurri, le piogge torrenziali
avevano qualcosa a vedere con questo,
la verità è che come laboriose formichine
questi esemplari non smettevano di sognare e di costruire bei mondi,
mondi di fratelli, di uomini e donne che si chiamavano compagni,
che insegnavano l’uno all’altro a leggere,
si consolavano nelle morti
si curavano e aiutavano fra loro, si volevano bene, si appoggiavano
nell’arte di amare e nella difesa della felicità.

Erano felici nel loro mondo di zucchero e vento
e da ogni parte venivano a impregnarsi del loro alito
e dei loro sguardi luminosi
e in ogni direzione partivano quelli che li avevano conosciuti
portando sogni
sognando profezie nuove
che parlavano di tempi di usignoli e di farfalle
in cui il mondo non sarebbe finito in un’ecatombe
ma, al contrario, gli scienziati avrebbero progettato
fontane, giardini, giochi sorprendenti
per rendere più gioiosa la felicità dell’uomo.

Sono pericolosi – stampavano le grandi rotative
Sono pericolosi – dicevano i presidenti nei loro discorsi
Sono pericolosi – mormoravano gli artefici di guerra
Bisogna distruggerli- stampavano le grandi rotative
Bisogna distruggerli – dicevano i presidenti nei loro discorsi
Bisogna distruggerli – mormoravano gli artefici di guerra.

I portatori di sogni conoscevano il loro potere
e perciò non si sorprendevano.
E sapevano anche che la vita li aveva generati
per proteggersi dalla morte annunciata dalle profezie.
E perciò difendevano la loro vita anche con la morte.
E perciò coltivavano giardini pieni di sogni
e li offrivano in dono con grandi nastri colorati;
e i profeti dell’oscurità passavano notti e giorni interi
controllando tutti i passaggi ed i sentieri,
cercando quei carichi pericolosi
che non hanno mai potuto intercettare,
perché chi non ha occhi per sognare
non vede i sogni né di giorno né di notte.

E nel mondo si è scatenato un gran traffico di sogni
che i trafficanti della morte non riescono a bloccare;
e dappertutto ci sono quei pacchi con grandi nastri colorati
che solo questa nuova stirpe di veri esseri umani può vedere
e i semi dei loro sogni non si possono scoprire
perché sono racchiusi in rossi cuori
o in ampie vesti di maternità
dove i piedini sognatori caprioleggiano
nei ventri che li portano.

Dicono che la terra dopo averli partoriti
scatenò un firmamento di arcobaleni
e soffiò fecondità nelle radici degli alberi.

Noi sappiamo solo che li abbiamo visti
Sappiamo che la vita li generò
per proteggersi dalla morte che annunciano le Profezie

(da La costola di Eva, 1987)

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Veniamo da due anni di pandemia, siamo ancora immersi nella guerra tra Russia e Ucraina, il carburante è alle stelle e fa temere per i rifornimenti di merci, l’inflazione galoppante rischia di trasformarsi nella temuta stagflazione. Eppure siamo ancora in grado di sperare nel futuro – l’azione che diventa non reazione, ma creazione, come teorizza la poetessa nicaraguense Gioconda Belli: è più facile abbattersi, abbandonarsi alla litania dei media, consegnarsi allo sconforto; ma sopravvive chi sogna, chi pensa che è possibile vincere l’immanenza con la trascendenza del sogno, anche se molti la chiamano utopia.

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MARC CHAGALL, "IL SOGNO DI GIACOBBE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il futuro è una costruzione che si realizza nel presente, e per questo concepisco la responsabilità verso il presente come l’unica responsabilità seria verso il futuro.
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GIOCONDA BELLI, Il paese sotto la pelle




Gioconda Belli
(Managua, 9 dicembre 1948), poetessa, scrittrice e attivista nicaraguense. Annoverata tra le più importanti scrittrici dell’America Latina, nella sua produzione ricorrono spesso i temi della lotta sandinista e dell’emancipazione femminile e  il rapporto tra l'America precolombiana e il Sud America attuale.

lunedì 21 marzo 2022

Giornata della Poesia 2022


Ecco che anche quest’anno celebriamo la Giornata Mondiale della Poesia, stabilita dall’UNESCO nel 1999. Propongo l’inno di totale adesione del poeta greco Takis Varvitsiotis, riflessione sull’importanza che la poesia ricopre nella vita di tutti i giorni, e un breve testo di David Maria Turoldo sulle capacità della poesia di descrivere il mondo, anzi, di ricostruirlo con le sue parole..

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FOTOGRAFIA © PUBLIC HOLYDAY GUIDE

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TAKIS VARVITSIOTIS

OH POESIA

Sei mia
io ti amo
e ti ho nel palmo
come una colomba
Oh poesia
intoccabile
semplice come l'erica
corrente irrefrenabile
corrente sanguinante
nell'erba sul sassolino
Sei una sponda del fiume
Sei lo stesso fiume
dove mi dissolvo
In ogni momento
gioco con te con il pericolo
temendomi chino su di te
come su un abisso
e a volte ancora tenero
come su una rosa
Oh poesia
mia splendida morte quotidiana
mia splendida splendida morte
triste primavera
per te preparo
una solitudine eterna
un silenzio denso e involontario
che sale come fumo
Sei una forza indistruttibile
insaziabile amata
Non rattristarmi
Crocifiggimi sull'albero di una nave
o qui sulle travi del tetto
Puniscimi
Marchia a fuoco se vuoi
un papavero sul mio fianco
ma non ti negherò
bella tra le belle
Di nuovo avrò paura di perderti
Di nuovo
ti amerò
ti coprirò con mille palpebre
ti abbraccerò ancora
come la neve il frutto
tu Poesia
mia vita intera

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DAVID MARIA TUROLDO

POESIA

Poesia
è rifare il mondo, dopo
il discorso devastatore
del mercadante.

(da Nel segno del Tau, 1988)

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LA FRASE DEL GIORNO
Una poesia dev'essere palpabile e muta / Come un frutto rotondo.
ARCHIBALD MACLEISH, Poesia




Takis Varvitsiotis (Salonicco, 1916 - 1° febbraio 2011), poeta greco. Avvocato, pubblicò le sue prime poesie nel 1936. Fu anche un illustre saggista e traduttore di opere di celebri poeti francesi, spagnoli e latinoamericani: la sua poesia è lirica e perspicace, con influenze del neosimbolismo e del surrealismo francese di Éluard e Reverdy.


David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


domenica 20 marzo 2022

La primavera


PIERLUIGI CAPPELLO

PRIMAVERA

Quanto pesano gli occhiali stasera;
di tante negli ostinati giardini
soltanto una rima: la primavera.

(da Azzurro elementare, Rizzoli, 2013)


Alle 16.33, con l’equinozio, entreremo ufficialmente nella primavera – in realtà già ce ne siamo resi conto, già apprezziamo i fiori e le gemme nei giardini e la dolcezza delle sere sempre più lunghe, come quella che colpisce il poeta friulano Pierluigi Cappello e gli fa ravvisare la presenza della nuova stagione: “tal screi di vierte d’aur; / un rai – chest prin – ch’al è / par colorâmi me” (nell’apertura d’oro / della primavera; un raggio – questo primo – / che sta per colorare me).

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Rompendo il sole tra i nuvoli bianchi a l'azzurro / sorride e chiama — O primavera, vieni!
GIOSUE CARDUCCI, Odi barbare




Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.


sabato 19 marzo 2022

Mettiti il mio anello


FINA GARCÍA MARRUZ

IL RITORNO DEL FIGLIO PRODIGO

Questi piedi gonfiati
dal duro colpire le strade,
ho atteso molti anni, figlio.

Questa nuca calva
che i tuoi capelli coprivano
cadendo in riccioli volubili,
ho atteso molti anni, figlio.

Le mie mani sulle tue spalle
benedicono tutto il dolore.

Gli accigliati
non capiscono niente. Al nostro fianco
sorride un Re.

Quando
ti ho visto arrivare da lontano,
figlio, sperperato il tesoro,
cercando le ghiande dei porci
della casa di tuo padre, ho sentito
come se mi scoppiasse il cuore.

Per tornare a sentire i tuoi passi amati, ho aspettato
tutta la notte, figlio mio!

Adesso anch’io sono
un altro,
in questo incontro silenzioso
in cui ci siamo riconosciuti di nuovo.

Mettiti il mio anello

(da I Rembrandt dell’Ermitage, 1992)

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Il 19 marzo è la giornata dedicata ai papà. La figura del padre che accoglie il figlio prodigo è significativa di quanto possa essere grande l’amore paterno, comprensivo e misericordioso. Ed è questa l’interpretazione di Rembrandt e della poetessa cubana Fina García Marruz, che rilegge il dipinto del pittore olandese esposto al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo e la pagina del Vangelo di Luca.

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REMBRANDT VAN RIJN, "RITORNO DEL FIGLIOL PRODIGO", 1668

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LA FRASE DEL GIORNO
Beati coloro che possono sempre avere tanta forza da piangere il loro peccato contro il cuore di un padre.
CARLO MARIA FRANZERO, Il fanciullo meraviglioso




Josefina García-Marruz Badía, nota artisticamente come Fina García Marruz (L’Avana, 28 aprile 1923), poetessa e ricercatrice letteraria cubana, è stata insignita del Premio Nazionale di Letteratura 1990, del Pablo Neruda 2007 e del Reina Sofia 2011. Con il marito Cintio Vitier prese parte al gruppo letterario della rivista Orígenes.


venerdì 18 marzo 2022

Case giardini rose


EUNICE ARRUDA

INGANNO

Alla fine
abbiamo costruito edifici
case giardini rose
sono sbocciate
tremando, dopotutto eravamo
sottomessi alle occupazioni del giorno
                alle stagioni dell'anno
                alla rotazione terrestre

Pensavamo che questa fosse la nostra patria

(da Rischio, 1998)

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L’inganno, la dolce e bella illusione di Eunice Arruda è naturalmente la poesia, quello strumento utilizzato dalla poetessa brasiliana “per dimenticare il dolore” ma anche “per rendere eterno il dolore”: spogliatasi dalle emozioni, riesce per un istante a riconoscere il suo mondo come se lo guardasse da un punto di vista esterno.

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DIPINTO DI ERNESTO ARRISUEÑO

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LA FRASE DEL GIORNO
Convivere / con le poesie // Intorno al tavolo / intorno ai giorni / come figli // Fino / al giorno / in cui se ne vanno.
EUNICE ARRUDA, Rischio




Eunice Carvalho de Arruda (Santa Rita do Passa Quatro, 15 agosto 1939 - San Paolo, 21 marzo 2017), poetessa brasiliana. Laureatasi in Comunicazione e Semiotica, diresse l’Unione Brasiliana degli Scrittori. Esordì nel 1960 con È tempo di notte, cui seguirono altre tredici raccolte e un’antologia. La sua poesia fa della concisione un perno: taglia e riduce all’osso la parola.


giovedì 17 marzo 2022

Quasi all’equinozio


GARY SNYDER

SOLO UNA VOLTA

Quasi all'equatore
quasi all'equinozio
  esattamente a mezzanotte
        da una barca
            la luna

            piena

al centro del cielo.

Caletta di Creek vicino a Singapore, marzo 1958

(da The back country, 1967)

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L’intuizione è molto spesso l’elemento fondante di una poesia: lo è certamente in questi versi del poeta statunitense Gary Snyder, avvezzo alla spiritualità buddhista e alla meditazione. Quella luna piena che segna l’inizio della primavera nella caletta di Creek sottende tutta una serie di emozioni che sembrano restare celate nella carta – nel monitor, nello schermo del telefonino – ma che in realtà affiorano nel ricordo e nell’emozione di ogni lettore.

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FOTOGRAFIA © CRISTIAN FERRONATO/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia / Si vede da ogni parte / In qualunque posto, / Immediatamente.
GARY SNYDER, Turtle Island




Gary Snyder (San Francisco, California, 8 maggio 1930), poeta, ambientalista e  saggista statunitense. Associato alla Beat Generation, è il "poeta dell'ecologia profonda". La sua “eco-poesia” riflette la natura e l’immersione nella spiritualità buddhista. Vinse il Pulitzer nel 1975 con Turtle Island.


mercoledì 16 marzo 2022

Per le sorde vie di Vicenza


FERNANDO BANDINI

CITTÀ-PIZIA

Non avevo una storia nel cuore,
dentro le ossa fuoco o rancore.
E camminavo con indolenza
per le sorde vie di Vicenza.
Ombre nel vento chiaro i colombi
remeggiavano a piccoli scoppi
d’ali. Fioriva la gialla forsizia
nei giardini della città-pizia
che rispondeva con sentenze oscure.
O mia città di puttane e di santi,
di stracci e di diamanti!
La foglia di platano amica del passero
tremerà lieta
quando ragazze in fiore
per festeggiare la tua libertà
scioglieranno le vesti di seta.

(da Per partito preso, Neri Pozza, 1965)

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Quella di Fernando Bandini è la piccola città, il “bastardo posto” di Guccini, in cui “nessuna finzione od abbaglio / appanna la realtà”: vi camminava nel sole di una nuova primavera sapendo quello che aveva e interrogando Vicenza come un’indovina – la Pizia appunto, la sacerdotessa di Apollo che forniva i suoi responsi nel santuario di Delfi – per sapere che cosa gli avrebbe riservato per il futuro.

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FOTOGRAFIA © STACY ROPATI/UNSPLASH

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LA FRASE DEL GIORNO
Il mio cuore era cuore di re / ma non avevo un regno né fedeli
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FERNANDO BANDINI, Dietro i cancelli e altrove




Fernando Bandini (Vicenza, 30 luglio 1931 - 25 dicembre 2013),  poeta, scrittore e docente italiano di stilistica e metrica presso l'Università di Padova. Aveva la capacità di scrivere non solo in italiano ma anche nel dialetto vicentino e in latino, lingua che aveva appreso nonostante non avesse praticato studi classici.


martedì 15 marzo 2022

Non credo di amarti soltanto


JULIO CORTÁZAR

ALTRE CINQUE POESIE PER CRIS, IV

Non credo di amarti
soltanto: amo l’impossibilità
così ovvia di amarti
come la mano sinistra
è innamorata del guanto
che vive sulla destra.

(da Salvo il crepuscolo, 1984)

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Con questi sei versi ci addentriamo nell’amicizia amorosa tra Julio Cortázar e la poetessa uruguaiana Cristina Peri Rossi: lo scrittore argentino la conobbe dopo aver recensito favorevolmente I musei abbandonati, raccolta di racconti da lei pubblicata nel 1968, ravvisandovi i propri temi e una certa affinità. Fu comunque per molto tempo una relazione a distanza, almeno fino al 1974: solo allora i due poterono riunirsi a Parigi, dove Cristina, grazie all’attivo aiuto di Julio, era fuggita dall’esilio spagnolo quando non le fu concesso il passaporto. Vissero una relazione intensa e complice, piena d’umorismo e di amore, di letteratura e di seduzione fino alla scomparsa di Cortázar, nel 1984.

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CRISTINA PERI ROSSI E JULIO CORTÁZAR A PARIGI NEL 1974

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LA FRASE DEL GIORNO
Ricordo Saint-Exupéry: “Amore / non è guardare ciò che si ama / ma guardare entrambi nella stessa direzione”.
JULIO CORTÁZAR, Salvo  il crepuscolo




Julio Cortázar, all'anagrafe Julio Florencio Cortázar Descotte (Ixelles, Belgio, 26 agosto 1914 – Parigi, 12 febbraio 1984), scrittore, poeta, critico letterario, saggista e drammaturgo argentino naturalizzato francese, maestro del racconto, particolarmente attivo nei generi del fantastico, della metafisica, del mistero.


lunedì 14 marzo 2022

Scrivo che tu sei bella


UGO FOSCOLO

IL RITRATTO

Scrivo che tu sei bella,
Scrivo che tutto è accolto
Sul grazioso volto
De’ vezzi il roseo stuol.

Scrivo che i tuoi dolci occhi
Vibran soave foco,
Scrivo… ma questo è poco
Per sì gentil beltà.

Chi mai potria le grazie
Spiegar di quei colori,
Ove si stan gli amori
Come sul loro altar?

Dir altro io mai non seppi
So non che tanto sei
Vezzosa agli occhi miei
Ch’altra non sanno amar.

(da Poesie inedite, Ruggia, 1831)

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L’amore, quella divinità più benefica all’uomo che l’anima la nostra esistenza, e che c’illude con delle immagini di voluttà e di speranza, l’amore ha dettato questi versi” scrive un giovanissimo Ugo Foscolo inviando un plico di poesie all’amico Costantino Naranzi. Si tratta in effetti di esercitazioni metriche sul modulo delle anacreontiche, genere poetico in voga nel Settecento a imitazione dei versi del lirico greco classico Anacreonte, caratterizzati da uno spensierato carpe diem e concentrati sull’amicizia, sull’amore, su argomenti leggeri.

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JACQUES-LOUIS DAVID, "RITRATTOP DI MADAME RAYMOND DE VERNINAC"

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LA FRASE DEL GIORNO
Cantando, o Grazie, degli eterei pregi / di che il cielo v'adorna, e della gioia / che vereconde voi date alla terra, / belle vergini! a voi chieggo l'arcana / armonïosa melodia pittrice | della vostra beltà.
UGO FOSCOLO, Le Grazie




Ugo Foscolo (Zante, Grecia, 6 febbraio 1778 – Londra, Regno Unito, 10 settembre 1827). Poeta e scrittore italiano, tra i massimi esponenti del neoclassicismo e del primo romanticismo, corrente nella quale si inserisce Ultime lettere di Jacopo Ortis,  considerato il primo romanzo italiano moderno.


domenica 13 marzo 2022

Il petalo di ciliegio che cade


BASHŌ

IO SE NE AVESSI LA DESTREZZA

Io se ne avessi la destrezza canterei
proprio come
il petalo di ciliegio che cade

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L’haiku – come è noto – esprime uno stato d’animo indotto spesso dall’osservazione stagionale della natura: in questo Bashō rivela la sua meraviglia davanti a un petalo di ciliegio che cade: quell’evanescenza, che genera il sentimento malinconico noto come mono no aware  è la massima poesia, dice, impossibile da replicare.

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FOTOGRAFIA © NARENDER JASWAL/PEXEL

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LA FRASE DEL GIORNO
La notte di primavera è finita. / Sui ciliegi / sorge l’alba.
BASHŌ




Matsuo Bashō (Ueno, 1644 – Ōsaka, 28 novembre 1694), poeta giapponese del periodo Edo. Contribuì in modo determinante all'evoluzione della poesia lirica attraverso un nuovo genere breve, il haikai, che, pur derivando da forme poetiche già esistenti, ne rinnovava profondamente gli schemi superando le emozioni personali e identificando l'uomo con la natura.


sabato 12 marzo 2022

Centenario di Jack Kerouac


Jack Kerouac, che nasceva il 12 marzo di cento anni fa a Lowell, nel Massachusetts, e sarebbe morto di cirrosi epatica a 47 anni, fu il vero padre della Beat Generation – fu lui a coniare il termine, considerandola “Beata”. È notissimo soprattutto per il romanzo Sulla strada («Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare») ma ha lasciato anche un notevole corpus poetico, dalle prime poesie scritte con l’amico Neal Cassidy e con Allen Ginsberg a quelle più consapevoli, mediate dalle suggestioni provenienti dalla cultura orientale e dal buddhismo, con riflessioni sulla natura della coscienza e sull'ineluttabilità dell'esistenza, sempre inseguendo una risposta alla sua ricerca di libertà presente già in Sulla strada.

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FOTOGRAFIA © ALLEN GINSBERG PROJECT

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VINO DI SKID ROW

Potevo stare ben peggio che seduto
ai Bassifondi a bermi del vino

Sapendo che alla fine non importa niente
Sapendo che non fa davvero niente
tra il ricco e il povero
Sapendo che l’eternità non è né sbronza
né sobria, sapendo che è giovane
ed è poeta

Potevo mettermi in carriera e sbraitare
E credere che a Dio gliene importava

Invece mi acquattavo in vicoli solitari
E nessuno vedeva me, solo la mia bottiglia
e quello che vedevano di lei era vuoto

E l’ho fatto tra i granturchi & i camposanti

Sapere che i morti non fanno rumore
Sapere che gli steli del mais parlano (fra loro
l’un l’altro con le vecchie braccia ruvide)

Seduto ai vicoli scavando i neon
A guardare i custodi delle cattedrali
Torcere stracci sotto i gradini della chiesa

Seduto a bere vino
E agli scali merci essere divino

Essere milionario &pperò preferire
Rannicchiarsi con un poveraccio di tocai
Nel portone di un magazzino, di fronte a lunghi tramonti
Su distese di erba ferroviaria

Sapendo che i dormienti nel fiume
stanno sognando sogni vani, accucciarsi
nella notte e saperlo bene

Essere scuro solitario nervottico che guarda
il turbinante diamante del mondo

(da L’ultimo hotel e altre poesie, Mondadori, 1999 – Traduzione di Massimo Bocchiola)

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33ESIMO REFRAIN

Una vasta caverna,uh?
Mi fermo & salto in altro campo
E voi vi trascinate
Come prigionieri giapponesi
In Salt Lake Cities
Nel disastro delle fogne
di San Francisco.
“Un esploratore di cuori e città”
“Uno sballato schifoso
Che ha scoperto
che l’essenza della vita
si trova solo nella pianta di papavero
con l’aiuto dell’odio
il tossicomane esplora
il mondo daccapo
e crea un suo mondo
a sua immagine
con l’aiuto di Madama
Papavero
Sono un idealista
che ha superato
il mio idealismo
non ho niente da fare
per il resto della vita
tranne che farlo
e il resto della vita
per farlo”.

(da Refrain, Guanda, 1978 – Traduzione di Carlo Alberto Corsi)

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Altre poesie di Jack Kerouac sul canto delle Sirene:

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LA FRASE DEL GIORNO
Se non scrivo quello che vedo effettivamente accadere su questo globo infelice racchiuso nei contorni del mio teschio penserò che il povero Dio mi abbia mandato sulla terra per niente.
JACK KEROUAC, Big Sur




Jean-Louis Lebris de Kérouac, meglio conosciuto come Jack Kerouac (Lowell, Massachusetts, 12 marzo 1922 – St. Petersburg, Florida 21 ottobre 1969), scrittore, poeta e pittore statunitense. È considerato uno dei "padri” del movimento beat, di cui scrisse il romanzo-manifesto Sulla strada.


venerdì 11 marzo 2022

La bocca di Demostene


MAY SWENSON

SPIAGGIA SASSOSA

Il mare come la bocca di Demostene
mordicchia queste pietre
i loro molti inciampi lo fanno suadente
L’argomento modellato con monotonia da tutte le sue labbra
in un consesso di sovrapposizioni
è sonoro ma inafferrabile perché non finisce mai

Ascolta ascolta non c’è niente da imparare dal mare
Ascolta è chiaro soltanto nel suono
persuade con frasi interrotte di cui magicamente
le onde completano la runa rovesciandosi sulle pietre

Ricominciando di continuo con una grande A
un alfabeto confuso brontola bleso
L’eloquenza insistente degli echi
non ha un omega

(da Un altro animale, 1954)

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Secondo la tradizione Demostene, uomo politico ateniese e celebre oratore del III secolo avanti Cristo era solito parlare e declamare versi tenendo in bocca dei sassolini. Plutarco dice che “correggeva e raddrizzava il timbro basso e la balbuzie della pronuncia portando sassi in bocca e declamando contemporaneamente discorsi”. La voce del mare su una spiaggia sassosa ricorda alla poetessa statunitense May Swenson la figura di Demostene nell’esercizio di articolare quel continuo discorso che si interrompe e riprende.

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FOTOGRAFIA © LAZAROS LAZAROU/PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Prendi la terra come tua grande stanza e il suo pavimento ricoperto di luce e appeso al vento d'argento come tua sala da ballo.
MAY SWENSON




Anna Thilda May "May" Swenson (Logan, Utah, 28 maggio 1913 – Bethany Beach, Delaware, 4 dicembre 1989), poetessa e drammaturga statunitense. Molte sue poesie dopo il 1970 sono in stile visuale, altre descrivono l’erotismo omosessuale femminile. Tradusse poeti svedesi, tra i quali Tomas Tranströmer.


giovedì 10 marzo 2022

Un canto di felicità


RABINDRANATH TAGORE

L’ACQUA CHE ESCE DAL GHIACCIAIO

L’acqua che esce dal ghiacciaio,
tenuta ferma anni e anni
dalla meditazione dell’Himalaya,
sotto l’occhio delle stelle
senza parole si scioglie ai raggi del sole
e porta in ogni direzione
un canto di felicità senza fine.

(da Il canto della vita, Guanda, 1989 - Traduzione di Marino Rigon)

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La primavera è il tempo del risveglio: la vita riprende come l’acqua che scende a valle nel disgelo del ghiacciaio himalayano  in questi versi del Premio Nobel indiano Rabindranath Tagore. Scende ad alimentare i gelidi ruscelli  che dissetano, facendo girare i mulini di preghiera lungo le loro sponde. Dalla meditazione, dall’interrogare della mente, sorge allo stesso modo la gioia, manifestazione della divinità.


FOTOGRAFIA © BOB MCKERROW

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LA FRASE DEL GIORNO
Nella gioia dell'universo, il canto dell'anima umana è come il tocco del tuo dito sul liuto della pietà, la vibrazione della corda d'oro.
RABINDRANATH TAGORE, Il nido dell’amore




Rabindranath Tagore, nome anglicizzato di Rabíndranáth Thákhur (Calcutta, 7 maggio 1861 – Santiniketan, 7 agosto 1941), poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo bengalese. Insignito del Nobel nel 1913 “per la profonda sensibilità, la freschezza e la bellezza dei versi con i quali, con consumata capacità, ha reso il proprio pensiero poetico, espresso in inglese con parole proprie, parte della letteratura occidentale”.


mercoledì 9 marzo 2022

Io e il santo


MÁRIO QUINTANA

IL PELLEGRINO SCONTENTO

Stavamo camminando. Io e il santo.
Allora dicevamo: stavamo andando lontano…
E questo spiegava tutto, perché andavamo lontano, lontano…
Andavamo dunque io, il santo e altri.
Era un santo così vanitoso che viveva facendo miracoli.
Io, niente…
Resuscitò un fiore appassito e un bimbo morto
e trasformò un sasso, sul ciglio della strada,
in un fiore di loto.
(Perché un fiore di loto?)
Un giorno giungemmo alla fine del pellegrinaggio.
Dio, allora,
decise di mostrare che anche lui sapeva fare miracoli:
il santo scomparve!
Come? Non lo so! Sparì,lì, davanti ai nostri occhi che la terra si era già mangiati.
E noi ci prostrammo a terra e adorammo il Signore Dio onnipotente.
E ci fu concessa la vita eterna! Già!
Dio è così.

(da Naso di vetro, 1984)

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Un santo vanitoso e un Dio ironico: sono – con il pellegrino e poeta modernista brasiliano Mário Quintana – i protagonisti di questi versi che a prima vista possono sembrare un semplice divertissement, ma che svelano in realtà l’aspetto intimo delle persone.

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ILLUSTRAZIONE © BEHANCE

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi scrive una poesia apre una finestra.
MÁRIO QUINTANA




Mário de Miranda Quintana (Alegrete, 30 luglio 1906 – Porto Alegre, 5 maggio 1994), poeta e scrittore modernista brasiliano. Divenuto noto come il poeta delle "cose ​​semplici", il suo stile è caratterizzato da ironia, profondità e perfezione tecnica. I temi principali della sua poesia includono la vita, l'infanzia perduta e il tempo.


martedì 8 marzo 2022

Essere donna


BLAGA DIMITROVA

ESSERE DONNA

Essere donna è dolore
Soffri scoprendoti adulta.
Soffri di essere amante.
Soffri quando sei madre.
Ma insostenibile è in terra
il dolore di essere donna
senza aver conosciuto questi dolori
fino in fondo…

(da Tempo inverso, 1966 – Traduzione di Valeria Salvini)

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Credo che non ci sia bisogno di commentare questi versi della poetessa bulgara Blaga Dimitrova: servono a sottolineare la ricorrenza di oggi, quell’8 marzo che ogni anno ripetiamo “dovrebbe essere tutti i giorni” e che molti scordano non appena si sono spenti i riflettori sulle mimose.

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ILLUSTRAZIONE DI HANSUAN FABREGAS

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LA FRASE DEL GIORNO
Donna sola in cammino. / Eppure vai avanti. / Eppure non ti fermi. / Nessun uomo può / essere così solo / come una donna sola.
BLAGA DIMITROVA, Tempo inverso




Blaga Nikolova Dimitrova (Bjala Slatina, 2 gennaio 1922 – Sofia, 2 maggio 2003), poetessa, scrittrice e politica bulgara, vicepresidente della Bulgaria dal gennaio 1992 al luglio 1993. Nel tempo la sua poetica passò da tematiche sentimentali che la portarono a scrivere prevalentemente liriche d'amore ad un maggiore impegno sociale e politico.


lunedì 7 marzo 2022

Sopra il rogo


MARIE UNDER

ALBA DEL DESIDERIO

Alba del desiderio, rosa fragile
sopra il rogo crudele del giorno
sfaldata sulla terra in grigie ceneri.

O vie lunghe e deserte!
L’uccello è caduto dal cielo.
E voi, tristi labbra, tacete.

(da Sui confini, 1963 - Traduzione di Margherita Guidacci)


Mari, albe, tramonti, nei versi della poetessa estone Marie Under creano l’atmosfera di un tempo senza tempo, un luogo metafisico dove a brillare è la luce dell’introspezione che indaga sul mistero del vivere. In questo mondo trascendente è il silenzio a regnare.

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FOTOGRAFIA © PXHERE

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LA FRASE DEL GIORNO
Mare, fonte delle fonti, sollievo / di fardelli, risolvi ogni febbre / in schiumose onde di pace!
MARIE UNDER, Sui confini




Marie Under (Tallinn, 27 marzo 1883 – Stoccolma, 25 settembre 1980), poetessa estone. Nel 1944 lasciò la patria invasa dai sovietici riparando con la famiglia a Stoccolma. Fu candidata otto volte al Premio Nobel. I suoi versi passano dall'esuberanza giovanile a una musicalità classica attraversando un periodo di irrequietezza.