sabato 31 ottobre 2020

Dagli alberi d’autunno


EMILY BRONTË

CADANO LE FOGLIE

Cadano le foglie cadano muoiano i fiori
lunghe le notti e brevi i giorni
mi parla di felicità ogni foglia
fluttuando dagli alberi d’autunno
sorriderò quando ghirlande di neve
fioriranno dove un tempo era la rosa
canterò quando una notte morente
incalza un più tetro giorno.

(Fall, leaves, fall, da 35 Poesie, Mondadori, 1997 – Traduzione di Anna Luisa Zazo)

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La poetessa inglese Emily Brontë descrive la bellezza del cambio di stagione, del resto inevitabile a meno di voler inseguire in giro per il mondo un’eterna estate: con il gusto oraziano del carpe diem accetta la caduta delle foglie d’autunno e l’arrivo della neve d’inverno, le notti lunghe e i giorni brevi con la serenità di chi sa trovare la bellezza dove altri vedono solo tristezza e malinconia.

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FOTOGRAFIA © VALIPHOTOS/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni foglia mi parla di pace soave staccandosi con un sussurro dall’albero autunnale.
EMILY BRONTË




OLYMPUS DIGITAL CAMERAEmily Jane Brontë (Thornton, 30 luglio 1818 - Haworth, 19 dicembre 1848), scrittrice e poetessa inglese, è nota soprattutto per il romanzo Cime tempestose. Le sue poesie, pubblicate insieme a quelle delle sorelle Anne e Charlotte con lo pseudonimo di Currer, Ellis e Acton Bell, hanno un'ispirazione metafisica e visionaria.


venerdì 30 ottobre 2020

La tua stessa risposta


LOUISE GLÜCK

TRAMONTO

La mia grande felicità
è il suono che fa la tua voce
chiamandomi anche nella disperazione; il mio dolore
che non posso risponderti
in parole che accetti come mie.

Non hai fede nella tua stessa lingua.
Così deleghi
autorità a segni
che non puoi leggere con alcuna precisione.

Eppure la tua voce mi raggiunge sempre.
E io rispondo costantemente,
la mia collera passa
come passa l’inverno. La mia tenerezza
dovrebbe esserti chiara
nella brezza della sera d’estate
e nelle parole che diventano
la tua stessa risposta.

(da L’iris selvatico, Giano, 2003 – Traduzione di Massimo Bacigalupo

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C’è nelle ultime poesie dell’Iris selvatico, raccolta della poetessa statunitense Louise Glück, Premio Nobel 2020, un passaggio verso una maggiore saggezza e consapevolezza: la luce colorata del tramonto, quello scenario magico e poetico, è una sorta di rivelazione, “la terra, qualunque cosa” dice la Glück in un’intervista del 2006 “non ho parole per descrivere questa divinità, o presenza celeste” - quasi un Dio che faccia timidamente capolino dietro gli alberi per dire che la fallacia e la natura umana si possono superare.

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FOTOGRAFIA (C) DAUM

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LA FRASE DEL GIORNO
L’anima è silenziosa. Se parla, parla nei sogni.
LOUISE GLÜCK, È l’alba




Louise Elisabeth Glück (New York, 22 aprile 1943), poetessa statunitense nata da famiglia ebrea ungherese. È stata premiata con il Pulitzer nel 1993 ed è stata Poeta Laureato del Congresso nel 2003. Per anni lettrice d’inglese al Williams College, ora insegna a Yale. Nel 2020 è stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura.


giovedì 29 ottobre 2020

Lo zaino


FRIEDERIKE MAYRÖCKER

INVENTARIO DI UN TRATTO DI VITA

Nel mio zaino
un rametto di timo
due monete
una matita spuntata
appunti sgualciti
briciole di biscotti
una molletta verde
il biglietto da visita di una germanista giapponese
un pettinino sdentato
le formiche di DalÍ su un foglio di musica scurito

(da Senso e forma, 1994)

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La poesia degli oggetti racconta una vita – o perlomeno un lasso di tempo di una vita – attraverso quello che si trova nello zaino della poetessa austriaca Friederike Mayröcker: quello che sembra un semplice elenco riesce a costruire idealmente il ritratto di una donna.

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SALVADOR DALÍ, "LE FORMICHE"

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LA FRASE DEL GIORNO
La borsa di una donna è la sua segreta fonte di potere. Là dentro ci sono tanti segreti oscuri e pericolosi di cui noi poveri maschietti non dovremo sapere nulla.
BRIAN REGAN e BURR STEERS, Come farsi lasciare in 10 giorni




Friederike Mayröcker (Vienna, 20 dicembre 1924), poetessa austriaca. Dapprima influenzata dal surrealismo, ha accolto in seguito la problematica del linguaggio promossa da Wittgenstein e dalla scuola viennese, giungendo a una poesia di variazioni e di ristrutturazione sintattica.


mercoledì 28 ottobre 2020

L’album


PHILIP LARKIN

SULL’ALBUM DI FOTOGRAFIE DI UNA SIGNORINA

Alla fine mi hai concesso l'album, che,
Appena aperto, mi ha scombinato.
Tutte le tue età
In lucido o in opaco su erti fogli neri!
Troppa pasticceria, e troppa sostanza:
Immagini così nutrienti da ingozzarmi.

Strabico mi avvento su una posa dopo l'altra:
Con le treccine e un gatto restio stretto in braccio;
O adorna tu di pelliccia, il giorno del diploma;
O con la mano a rialzare una rosa pendula
Dal graticcio fiorito; o con il cappello da uomo

(Un po' inquietante, questa, per molti versi).
Da ogni Iato tu attenti al mio controllo,
E anche con quegli sgradevoli tizi
Che s'aggirano disinvolti fra i tuoi anni verdi:
Nell'insieme, direi, non certo alla tua altezza.

Ma la fotografia! Fedele e deludente
Quanto nessuna delle arti, che registra come insipidi
I giorni insipidi, come finti i sorrisi a comando,
E non censura presenze incongrue tipo un bucato steso
O la pubblicità di una marca di colori,

Che svela la riluttanza del gatto e ogni piega
Di un doppio mento, oh quanta grazia
Con l'istantanea riversa sul tuo viso!
Mi convince perentoria che qui c'è
Una ragazza vera in un posto vero

Empiricamente reale in tutti i sensi.
O è soltanto il passato? Quei fiori, quel cancello,
Quei parchi brumosi, quelle auto ci straziano
Solo perché non ci sono più; e tu
Mi stringi il cuore con la tua aria datata.

Sì, certo; dopotutto però noi non piangiamo solo
Per quello che è ormai escluso, ma perché l'esclusione
Ci fa liberi di piangere. Sappiamo che ciò che fu
Non verrà a chiederci di giustificare
La nostra pena, per quanto urlata sopra

II gran vuoto fra l'occhio e il foglio dell'album. Resto così
A rimpiangere (sicuramente senza effetto)
Te in equilibrio sulla bicicletta contro una staccionata,
A chiedermi se ti accorgeresti del furto
Di questa di te che fai il bagno; a condensare,

Insomma, un passato che nessuno ora può dividere con te,
Di chiunque sarà il tuo futuro; fermo e impassibile
Ti tiene come un cielo dove tu stai,
Invariabilmente bella, più piccola e più chiara
Man mano che passano gli anni.

(Lines On A Young Lady's Photograph Album, da Il meno ingannato, 1955)

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L’album è protagonista di questa poesia di Philip Larkin, non i due innamorati, non le fotografie stesse, che pure ne formano l’ossatura: l’album fotografico è un mondo che contiene il tempo e quindi attimi strappati che testimoniano la vita, una vita che c’è stata e ora non c’è più, mutata dalle esperienze e dall’inesorabile scorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. Il poeta vi si tuffa con fame bulimica, con il desiderio di conoscere tutto ciò che non sa della donna amata, rimanendo però alla fine con l’amara sensazione di non aver fatto parte di quella vita.

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FOTOGRAFIA © COTTONBRO/PEXELS

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LA FRASE DEL GIORNO
Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento.
HENRI CARTIER-BRESSON




Philip Larkin (Coventry, 9 agosto 1922 – Londra, 2 dicembre 1985), scrittore, poeta e critico musicale britannico. Esordì con Il meno ingannato nel 1955 rivelandosi poeta lirico moderno, esponente del cosiddetto Movement. Le sue poesie hanno un linguaggio diretto, colloquiale, senza oscurità, stile misurato e rifiuto del sentimentalismo.


martedì 27 ottobre 2020

Mentre tu dormi


ANTONIA POZZI

TEMPO

I

Mentre tu dormi
le stagioni passano
sulla montagna.

La neve in alto
struggendosi dà vita
al vento:
dietro la casa il prato parla,
la luce
beve orme di pioggia sui sentieri.

Mentre tu dormi
anni di sole passano
fra le cime dei làrici
e le nubi.

28 maggio 1935


II

Io posso cogliere i mughetti
mentre tu dormi
perché so dove crescono.
E la mia vera casa
con le sue porte e le sue pietre
sia lontana,
né io più la ritrovi,
ma vada errando
pei boschi
eternamente –
mentre tu dormi
ed i mughetti crescono
senza tregua.

28 maggio 1935

(da Parole, 1939)

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“Vassene 'l tempo e l'uom non se n'avvede; / ch'altra potenza è quella che l'ascolta, / e altra è quella c'ha l'anima intera”: prendiamo a prestito una terzina del Purgatorio per commentare questa doppia poesia di Antonia Pozzi., caratterizzata da quella specie di refrain “Mentre tu dormi”: sembra un’accusa di inconsapevolezza, che si allarga alla vita e alle sue gioie che il sonno nega. Ma il tempo continua a scorrere inesorabile, dai mughetti di primavera alle nevi d’inverno passando per i prati estivi e la luce autunnale tra i larici tinti d’arancione.


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FOTOGRAFIA © WALLUP.NET

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LA FRASE DEL GIORNO
Il colore dei monti dice / il passare del tempo.
ANTONIA POZZI, Parole




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


lunedì 26 ottobre 2020

Lo scalpiccio del tempo


TITOS PATRIKIOS

DISEGNI NELLA NOTTE, XIV

A Kostas Kulufakos

Sul tamburo teso del cielo
lo scalpiccio del tempo non si ferma.
Una luna bianchissima tramonta.
E i nostri corpi
restano il confine che di continuo cambia
tra le cose andate
e quelle che vengono.

(da La resistenza dei fatti, Crocetti, 2007 – Traduzione di Nicola Crocetti)

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“Il confine che di continuo cambia / tra le cose andate  / e quelle che vengono”: eccolo lì il lampo di genio, la poesia che si manifesta. È una notte che si spinge ormai verso l’alba, un altro giorno sta per cominciare e il poeta greco Titos Patrikios si scopre ancora una volta immerso nella dimensione temporale.

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DIPINTO DI IVAN KONSTANTINOVIC AJVAZOVSKIJ

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LA FRASE DEL GIORNO
La grandezza della poesia è la comunicazione, la sua potenza è quella di farci comunicare non solo con gli altri, ma anche con noi stessi.
TITOS PATRIKIOS, Gazzetta del Sud, 6 giugno 2020




Títos Patríkios (Atene, 21 maggio 1928), scrittore e poeta greco. Confinato per tre anni dalla dittatura militare sull’isola di Makronissos e poi esule a Parigi e Roma, ha trasposto nei suoi versi l’esperienza di prigionia ed esilio. La sua opera è critica verso il mondo ma ritiene necessaria la lotta in difesa dei valori anche attraverso la poesia.


domenica 25 ottobre 2020

Le mandrie dei trichechi


GIOVANNA BEMPORAD

SIMILITUDINE

                              a Melville

E poi, come un gabbiano senza rive
ripiega le ali e si lascia cullare
dal sonno tra le ondate, mi addormento;
ma sotto il mio guanciale a precipizio
passano, come sotto un’ormeggiata
baleniera, le mandrie dei trichechi…

(da Esercizi, Garzanti, 1980)

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La poetessa ferrarese Giovanna Bemporad omaggia contemporaneamente l’Hermann Melville di Moby Dick e di Billy Budd il marinaio e la forza del sogno, nel quale tutto può succedere, mentre dormiamo: il sonno ci priva del peso del corpo ma allo stesso tempo ci lascia andare per gli oceani dell’immaginazione elaborati dal nostro subconscio.

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ROB GONSALVES, “L’UNIONE DEL MARE E DEL CIELO”

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LA FRASE DEL GIORNO
Dalla mia fronte io esco in riva al mare / dove sommessa mormora i suoi baci / l’onda; e conchiglie, imbuti del rumore, / ci ascoltano pudiche e indifferenti.
GIOVANNA BEMPORAD, Esercizi




Giovanna Bemporad (Ferrara, 16 novembre 1928 – Roma, 6 gennaio 2013), poetessa e traduttrice italiana. Amica di Pasolini e Ungaretti, è famosissima per la sua traduzione dell’Odissea. I suoi versi sono raccolti in Esercizi, ripubblicati più volte con aggiunte dal 1948 al 1980.


sabato 24 ottobre 2020

Il nostro futuro incontro


BLAGA DIMITROVA

IL CAMMINO FINO A TE

Fu lungo il mio cammino fino a te,
la vita intera quasi ti cercai
per serpeggianti avidi incontri
con altri, e tu non venivi.

E fino a dove s’apriva il tuo sguardo,
ombre attraversai e rumori sordi,
ma trapelava da me soltanto
purezza di suoni – per amor tuo.

Ogni tua carezza io piansi,
prima che fosse nata la difesi,
e il nostro futuro incontro custodivo
con pazienza nel mio petto.

Fu lungo il mio cammino fino a te,
immensamente lungo, e quando tu davvero
finalmente davanti a me sei apparso,
ho riconosciuto te, ma me stessa a stento.

Immensi spazi avevo in me raccolto,
sconfinati aromi, timbri e desideri,
e abbracciavo ormai uno spazio così vasto
che accanto a me dovevi fermarti.

Fu lungo il mio cammino fino a te,
e ci ha unito per un incontro breve.
Sapendolo… di nuovo sceglierei
questo lungo cammino fino a te.

1966

(da Segnali, Fondazione Piazzolla, 2000 - Traduzione di Valeria Salvini )

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L’uomo ideale, l’amore sognato e costruito nell’attesa, che poi non si rivela esattamente come lo si era desiderato: così ricostruisce questo lungo percorso, che è amore esso stesso, la poetessa bulgara Blaga Dimitrova, l’altra faccia della medaglia di Nizar Qabbani: “Non eri abbastanza bella... / Bisognava che tu passassi un giorno / tra le mie braccia / per diventare bella”.

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WILLY RONIS, "MENILMONTANT, DAVANTI CHEZ MESTRE, PARIGI, 1957"

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LA FRASE DEL GIORNO
Non so se mi ero innamorata di te. / Mi innamorai però di altre cose, lo so: / di una stanza scomoda rivolta a nord, / di una teiera che crepitava di sera.
BLAGA DIMITROVA




Blaga Nikolova Dimitrova (Bjala Slatina, 2 gennaio 1922 – Sofia, 2 maggio 2003), poetessa, scrittrice e politica bulgara, vicepresidente della Bulgaria dal gennaio 1992 al luglio 1993. Nel tempo la sua poetica passò da tematiche sentimentali che la portarono a scrivere prevalentemente liriche d'amore ad un maggiore impegno sociale e politico.


venerdì 23 ottobre 2020

Centenario di Gianni Rodari


Penso che tutti noi siamo cresciuti con le poesie di Gianni Rodari. Ebbene, oggi è il giorno per festeggiare l’amico che ha allietato la nostra infanzia con le sue poesie e le sue filastrocche sempre gioiose e giocose ma con un sottile filo pedagogico che le attraversa, e quel filo è l’insegnamento che eravamo in grado di trarne. Ricorre infatti il centenario della sua nascita, avvenuta a Omegna il 23 ottobre 1920. Diplomato maestro, fu arruolato nell’esercito della Repubblica Sociale Italiana e assegnato all’Ospedale militare di Baggio. Presi contatti con la Resistenza, si iscrisse al PCI ed entrò in clandestinità combattendo come partigiano. Dopo il 25 aprile 1945 intraprese la carriera giornalistica. Rodari fu artefice di un rinnovamento radicale della letteratura per l’infanzia, che gli valse nel 1950 il Premio Hans Cristian Andersen, considerato il Nobel per quel genere letterario.

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SULLA LUNA

Sulla luna, per piacere,
non mandate un generale:
ne farebbe una caserma
con la tromba e il caporale.

Non mandateci un banchiere
sul satellite d’argento,
o lo mette in cassaforte
per mostrarlo a pagamento.

Non mandateci un ministro
col suo seguito di uscieri:
empirebbe di scartoffie
i lunatici crateri.

Ha da essere un poeta
sulla Luna ad allunare:
con la testa nella luna
lui da un pezzo ci sa stare…

A sognar i più bei sogni
è da un pezzo abituato:
sa sperare l’impossibile
anche quando è disperato.

Or che i sogni e le speranze
si fan veri come fiori,
sulla luna e sulla terra
fate largo ai sognatori!

(da Il secondo libro delle filastrocche, Einaudi, 1985)

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PROMEMORIA

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola,
a mezzogiorno.

Ci sono cose da far di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.

(da Il secondo libro delle filastrocche, Einaudi, 1985)

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GLI UOMINI BLU

Giovannino Perdigiorno,
girando intorno a Corfù,
capitò nel paese
degli uomini blu.

Vedendo un uomo bianco
quelli si spaventarono:
lo legarono mani e piedi
e in gabbia lo ficcarono.

Poi dodici professori
e duecento studenti
lo studiarono in lungo e in largo,
gli contarono i denti.

Misurarono la sua testa,
scoprendo con stupore
che aveva due occhi,
un naso e il raffreddore.

Lo fecero camminare,
parlare del meno e del più,
e conclusero: “Ma guarda,
sei un uomo pure tu!

Credevamo fossi un mostro
perché non sei turchino:
tante scuse per lo sbaglio,
vieni, bevi un bicchierino...”

(da I viaggi di Giovannino Perdigiorno, Einaudi, 1973)

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LA FRASE DEL GIORNO
Chiedo scusa alla favola antica / se non mi piace l'avara formica / io sto dalla parte della cicala / che il più bel canto non vende... regala!
GIANNI RODARI, Filastrocche in cielo e in terra




Gianni Rodari, all'anagrafe Giovanni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980), scrittore, pedagogista, giornalista e poeta italiano, specializzato in letteratura per l'infanzia. Unico italiano vincitore del prestigioso Premio Hans Christian Andersen, fu uno fra i maggiori interpreti del tema "fantastico" nonché, grazie alla Grammatica della fantasia, uno fra i principali teorici dell'arte di inventare storie.


giovedì 22 ottobre 2020

La parola “colibrì”


RAYMOND CARVER

COLIBRÌ

per Tess

Fai conto che io dica estate,
scriva la parola “colibrì”,
la metta in una busta,
la porti giù per la discesa
fino alla buca. Quando tu aprirai
la lettera, ti verranno in mente
quei giorni e quanto,
ma proprio tanto, ti amo.

(Hummingbird, da Il nuovo sentiero per la cascata, 1989, in Orientarsi con le stelle, Minimum fax, 2013 - Traduzione di Riccardo Duranti e Francesco Durante)

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«Nancy guarda» dissi «c’è un colibrì». Ma il colibrì volò via in quel momento e Nancy disse «Dove? Non lo vedo». «Era qui solo un minuto fa» dissi »Guarda, eccolo. Un altro, penso. Un altro colibrì». Guardammo il colibrì finché la cameriera portò la nostra ordinazione e il colibrì volò via al movimento e sparì dietro gli edifici”. Questa scena, da “Se hai bisogno, chiama” è il prodromo della poesia di Raymond Carver. Il colibrì assume quindi per il poeta e la sua compagna Tess Gallagher la funzione di chiave del ricordo, la simbologia dell’amore.

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FOTOGRAFIA © WALLPAPER CAVE
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LA FRASE DEL GIORNO
Ma voi non sapete che cos’è l’amore / Non lo sapete perché non siete / mai stati innamorati è chiaro.
RAYMOND CARVER, Voi non sapete che cos’è l’amore




Raymond Clevie Carver Jr. (Clatskanie, Oregon, 25 maggio 1938 - Port Angeles, Washington, 2 agosto 1988), scrittore, poeta e saggista statunitense. Maestro della narrativa breve, mette in scena gente comune, spesso disperata. La sua opera, concentrata sulla vita quotidiana, è espressa con un voluto linguaggio ordinario e minimale.


mercoledì 21 ottobre 2020

La natura


KATERINA ANGHELAKI-ROOKE

PROMEMORIA DELL’AMORE

Se l’amore ti ha dimenticato
tu rammentalo di nuovo
quando il tuo sguardo sfiora la natura
i pendii, le onde
gli alberi caducifogli
che non dubitano mai delle stagioni
gli animali che escono
dal ventre della madre
sanno già come vivere
come difendersi dai nemici
designati dalla natura.
Bada solo che il ricordo che rivive
non cada sul mucchio
delle aspettative tradite
dei sogni non realizzati.

(da Poesia, 357, Marzo 2020 - Traduzione di Nicola Crocetti)

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Ah! quando mi catturerà completamente  / la bellezza delle foglie che cadono? / Quando mi renderò conto che tutta la natura / è amore?”: la poetessa greca Katerina Anghelaki-Rooke coniuga amore e natura – l’uno e l’altra sono saldamente connessi nell’esistenza umana. 

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IMMAGINE DA PINTEREST
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LA FRASE DEL GIORNO
Quello che voglio imparare a memoria / sono i lati invisibili del visibile.
KATERINA ANGHELAKI-ROOKE




Katerina Anghelaki-Rooke (Atene, 22 febbraio 1939 – 21 gennaio 2020), poetessa e traduttrice greca. Le sue poesie, con una costante meditazione sulla morte, trattano la relazione tra l’essere umano e la natura, la ricerca esistenziale femminile, l’esperienza di essere donna in una società tradizionale, con un linguaggio semplice e colloquiale.


martedì 20 ottobre 2020

Il dolce gioco


MARGUERITE YOURCENAR

EROTICA

Tu il calabrone e io la rosa,
tu la schiuma e io lo scoglio;
nello strano mutamento,
tu la Fenice e io il rogo.

Tu, il Narciso, e io la fonte;
io gli occhi che ti specchiano turbato;
tu il tesoro e io la borsa;
io l'onda e in me chi nuota.

E tu, le labbra sulle labbra,
tu il languore che la febbre culla,
l'onda che nell'onda si confonde.

Ma qual che sia il dolce gioco,
sempre l'anima involandosi nel fuoco,
uccello d'oro, nel cielo azzurro aperto.

(da I doni di Alcippe, Bompiani, 1987 – Traduzione di Manrico Murzi)

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C’è il gioco dell’alternanza del maschile e del femminile a sostenere questo sonetto edito nel 1956 dalla scrittrice francese Marguerite Yourcenar dove a raccontare l’eros si susseguono immagini tratte dagli elementi naturali e dalla mitologia: la sessualità e la testualità vanno di pari passo nell’ondivago passare dal maschile al femminile dell’io narrante.

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JOHN WILLIAM WATERHOUSE, "ECO E NARCISO", 1903
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LA FRASE DEL GIORNO
Confesso che la ragione si smarrisce di fronte al prodigio dell'amore.
MARGUERITE YOURCENAR, Memorie di Adriano




Marguerite Yourcenar, pseudonimo di Marguerite Cleenewerck de Crayencour (Bruxelles, 8 giugno 1903 – Mount Desert, Maine, Stati Uniti, 17 dicembre 1987),  scrittrice e poetessa francese. È stata la prima donna eletta alla Académie française; nelle sue opere sono frequenti i temi dell'Esistenzialismo. La sua opera più famosa è il romanzo Memorie di Adriano.


lunedì 19 ottobre 2020

Sei vetri della finestra


CARLO BETOCCHI

VETRI

Sei vetri della finestra
nell’angolo della stanza
sono la strada maestra
d’ogni nuvola che avanza.

Io, dal mio angolo pigro
tendo insidiosi agguati,
dai poveri tetti emigro
verso quei correnti prati.

Non sono prati, son lenti
sogni; sogni non è vero,
sono fuggitivi armenti:
e nemmen questo è più vero.

Vedi quell’azzurro. Cielo
è il cielo, bambino mio;
con la nuvola, nel cielo,
va la volontà d’Iddio.

Fumo che te ne vai solo,
spensierato, liberamente,
dal focolare del duolo
al cielo: prendimi la mente.

Sei vetri della finestra
nell’angolo della stanza
sono la strada maestra
della celeste abbondanza.

(da Realtà vince il sogno, Carabba, 1932)

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Il poeta torinese Carlo Betocchi sogna ad occhi aperti davanti ai vetri di una finestra: la leggerezza del cielo e delle nuvole, del fumo, sono aneliti di libertà e di leggerezza che spiega al figlio. Sono quella “rarefazione e la fantasia astrale” come scrive Pietro Civitareale, che però “tendono come ad essere incrinate da alcune costanti di ordine etico, dal movimento umano, da echi e risentimenti quotidiani”.

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JANE BEECROFT, "ST. YVES WINDOW"
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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia è nata da sé, spontaneamente su un'onda d'amore, sull'onda d'amore per le cose che erano intorno a me che sentivo fraterne e unite in uno stesso destino e in una stessa fine
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CARLO BETOCCHI




Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.


domenica 18 ottobre 2020

Un fazzoletto di giardino


TOMIYASU FUSEI

MINUSCOLO

Minuscolo, un fazzoletto di giardino:
malata, vi cade,
immensa,
una foglia

(da Cento haiku, Longanesi, 1982)

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La grandezza dell’haiku giapponese è sempre quella: la capacità di condensare l’emozione in un numero ristrettissimo di sillabe, riuscendo comunque a esprimere compiutamente quella sensazione, racchiudendo un universo in uno spazio minuscolo. Come fa il poeta Tomiyasu Fusei: in un giorno d’autunno è il cadere di una foglia a catalizzare il mondo.

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FOTOGRAFIA © FUMUBANG

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LA FRASE DEL GIORNO
Le foglie stanno volando via dal mondo e sopra c'erano dei messaggi e degli enigmi che non abbiamo decifrato..
GUIDO CERONETTI, Pensieri del Tè




Tomiyasu Fusei, pseudonimo di Kenji Fusei (Prefettura di Aicha, 1885-1979), poeta giapponese. Membro del gruppo di haiku Hototogisu, fondò l’Associazione di Haiku dell’Università di Tokyo. Dal 1910 al 1937 lavorò al ministero delle Comunicazioni arrivando a ricoprire il ruolo di viceministro.


sabato 17 ottobre 2020

Quel che resta d’una foglia


DIEGO VALERI

AUTUNNO

In tenue luce l'autunno si spoglia.
Una rete di nervi esili e un velo
d'oro diafano, tesi sotto il cielo:
l'autunno è quel che resta d'una foglia.

(da Poesie, Mondadori, 1962)

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Con pochissime pennellate il poeta veneto Diego Valeri riesce a dipingere un semplice bozzetto autunnale che evoca i tappeti gialli e rossi nei giardini e nei viali, i rami degli alberi che si spogliano, la tenacia delle foglie che resistono finendo con l’essere alla fine solo semplici nervature.

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FOTOGRAFIA © CAPRI23AUTO/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Restano le tristi dolcezze d’autunno.
DIEGO VALERI, Calle del vento




Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


venerdì 16 ottobre 2020

Un impermeabile giallo


RON PADGETT

LA CORSA

Passo attraverso
trilioni di molecole
che si fanno da parte
per lasciar passare me
mentre su entrambi i lati
altri trilioni
restano dove sono.
Le spazzole del tergicristallo
cominciano a scricchiolare
La pioggia si è fermata
Io mi fermo
All'angolo
Un bambino
Con un impermeabile giallo
Stringe la mano di sua madre

(The Run, da Ho sognato di essere me, Pequod, 2018 - Traduzione di Damiano Abeni)

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La corsa (The Run) è una delle poesie di Ron Padgett inserite nel film Paterson di Jim Jarmusch. Il protagonista, Paterson, impersonato da Adam Driver, è un autista di autobus dalla vita ordinaria e abitudinaria, amato dalla bella moglie Laura: i lampi della sua esistenza sono le poesie che scrive su un taccuino che si porta sempre appresso nella città di Paterson, luogo natale del poeta William Carlos WIlliams, come il giallo della cerata di un bambino in un grigio giorno di pioggia.


FOTOGRAFIA © YARENCI HDZ/UNSPLASH

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LA FRASE DEL GIORNO
Quando sei un bambino impari che ci sono tre / dimensioni / Altezza, larghezza e profondità / Come una scatola da scarpe / Più tardi capisci che c'è una quarta dimensione / Il tempo.
RON PADGETT, Ho sognato di essere me




Ron Padgett (Tulsa, Oklahoma, 17 giugno 1942), poeta, saggista, romanziere e traduttore statunitense. Membro della New York School, ha fondato la rivista d’avanguardia “The White Dove Review”. Sette sue poesie compaiono nel film “Paterson” di Jim Jarmusch.


giovedì 15 ottobre 2020

Paradisi e mari di cenere


ÓSCAR ACOSTA

IL VISO

Dal tuo viso puro e luminoso
scaturisce una luce silenziosa
che lo spoglia tutto, scopre
paradisi e mari di cenere,
nasconde le ombre con la sua bella campana
e vola come un uccello.
Dimenticare il tuo viso è soffocare il cuore,
provare a ignorarlo è vivere
al buio, brancolando;
non serve ribadire
che il tuo viso promette un regno
in un universo immobile e distrutto.

(da Poesia minore, 1957)

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Se per il poeta honduregno Óscar Acosta i capelli della ragazza sono “una dolce stella, un pistillo / che combatte per essere giglio, / una colomba trasformata in pesca / una corona che si accende con le sue candele / e che scalda il sangue come il vino”, il viso allora è una luce che tutto rischiara, tanto che la sua assenza fa precipitare nel buio e brancolare a tentoni.

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HELENA WEIRZBICKI, "EMOZIONE"

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LA FRASE DEL GIORNO
L’oblio è un tunnel che si apre lentamente / fino al petto dell’universo.
ÓSCAR ACOSTA, Poesia minore




Óscar Acosta (Tegucigalpa, 14 aprile 1933 – 16 luglio 2014), poeta, scrittore, critico letterario, politico e diplomatico honduregno. Iniziò la sua carriera come giornalista in Perù, in seguito coltivò svariate forme artistiche. La sua è poesia marcatamente intimista e patriottica. Nel 1960 ottenne il Premio Rubén Darío.


mercoledì 14 ottobre 2020

Avrei dovuto dirti ti amo


JUAN GELMAN

PRESENZA DELL’AUTUNNO

Avrei dovuto dirti ti amo
ma l’autunno mi faceva segno,
inchiodava le sue porte dentro l’anima.

Accoglilo, amore.
Vai da lui, struscia la tua dolcezza
sulla sua dolcezza materna.
Vai da lui, lui, l’autunno duro,
l’autunno dolce in cui riposo il mio respiro.

Vai da lui, amore.
Non sono io quello che ti ama in questo momento.
È lui in me, la sua invenzione.
Un lento assassinio di tenerezza.

(Presencia del otoño da Il gioco che giochiamo, 1959 – Traduzione di Milton Fernandez)

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In questi versi del poeta argentino Juan Gelman l’autunno è un rivale in amore, che sfrutta le debolezze dell’innamorato. E questi a sua volta si riconosce sconfitto da tanta dolcezza, è addirittura quasi contento di essere sostituito da lui. In realtà, come un deus ex machina è l’innamorato stesso alla fine a essere l’autunno.

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TIM GILLILAND, "BACIO NEL PARCO D'AUTUNNO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Il silenzio ha tremato per noi / come i piedi scalzi di quest’inverno di poveri, / rimangono ancora tra le tue braccia volti d’amore abbandonati, / dopo aver amato
regrediamo al fuoco, alla furia, all’ingiustizia.
JUAN GELMAN, Velorio del solo




Juan Gelman (Buenos Aires, 3 maggio 1930 – Città del Messico, 14 gennaio 2014), poeta, scrittore e giornalista argentino. Vincitore del Premio Cervantes nel 2007, è autore di una poesia esistenziale con accenti lirici e intimisti, divenuta più sociale con l’avvento della dittatura militare (il figlio e la nuora furono sequestrati e uccisi dal regime, la nipote data in adozione) e l’esilio.


martedì 13 ottobre 2020

Io imparo le parole


VELIMIR CHLÉBNIKOV

PREPOSTO AL SERVIZIO DELLE STELLE

Preposto al servizio delle stelle,
Io giro, come una ruota,
Che s'invola all'istante sull’abisso,
Che finisce sull'orlo del precipizio,
Io imparo le parole.

1907

(da Insegnante e allievo, 1912 - Traduzione di Maria Pia Pagani)

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“Preposto al servizio delle stelle” è naturalmente il poeta, capace di elevarsi e di guardare al di là dell’abisso, di scorgere nell’universo sconfinato quello che va interpretato e compreso. Il futurista russo Velimir Chlébnikov si immagina così, consapevole che “ancora una volta, ancora una volta / io per voi / sono stella”.

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KAZIMIR MALEVIČ, “LA SMERIGLIATRICE DI COLTELLI O PRINCIPIO DELLO SCINTILLIO”

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LA FRASE DEL GIORNO

Vedete, io sono così. sono caduto da una nuvola, molto male mi hanno arrecato perché ero diverso, non affabile sempre, non amato in ogni dove..
VELIMIR CHLÉBNIKOV




Velimir Chlébnikov, pseudonimo di Viktor Vladimirovič Chlebnikov (Oblast' di Astrachan', 9 novembre 1885 – Santalovo, 28 giugno 1922), poeta russo, uno dei principali esponenti del Futurismo. Nei suoi versi abbondano le sperimentazioni linguistiche e i neologismi, tanto che diede vita a una lingua poetica detta zaum


lunedì 12 ottobre 2020

Lo spigolo d’una gronda


FRANCO FORTINI

LA GRONDA

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,
in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.

Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.

(da Una volta per sempre, Mondadori, 1963)

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C’è una vena distruttiva nella poesia di Franco Fortini, la percorre sottotraccia in perenne lotta con la Storia: in questi versi in cui protagonista è la gronda di un tetto che lentamente si disgrega, spicca nella lenta evoluzione del tempo il punto dove è possibile che si verifichi un cedimento, in una continua tensione rivolta verso il futuro.

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FOTOGRAFIA © PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Ma il più distrutto destino è libertà.
FRANCO FORTINI, Foglio di via




Franco Fortini, nato Franco Lattes (Firenze, 10 settembre 1917 – Milano, 28 novembre 1994), poeta, critico letterario, saggista e intellettuale italiano. La sua poesia è testimonianza anche ideologica delle lotte di classe del primo dopoguerra, voce progressista e coscienza critica del fallimento degli ideali.


domenica 11 ottobre 2020

In corsivo


LUCIO MARIANI

A DISPETTO DEL MENTORE

A dispetto del mentore
la vita non si scrive in stampatello.
È in clinato corsivo, corsivo accidentato
virgole, macchie, late esitazioni
un solo punto fermo.
Nell’impero dispotico del bianco
qualche sorriso incanta.

(da Dispersi gli alleati, Crocetti, 1990)

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Esorcizzare l’oblio è uno dei tentativi che il poeta romano Lucio Mariani affida alla poesia: vivere dunque, secondo la sua analogia, non è il chiaro stampatello con cui i bambini iniziano a scrivere ma un corsivo inclinato talora macchiato dove qua e là si nota l’indecisione della mano nel tracciare una parola. Ma nell’oceano bianco del foglio la parola sa far emergere ogni tanto qualche gioia.

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FOTOGRAFIA © VNEWS24

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LA FRASE DEL GIORNO
Non mi chiede una stella di scrivere la vita / e con le dita stringere il sogno e la memoria. / Ma / la penna e l’ago della mia ferita.
LUCIO MARIANI




Lucio Mariani (Roma, 1936 – 16 ottobre 2016). Poeta e saggista italiano. Il suo linguaggio espressivo – spesso arditamente innovativo – riflette sulla condizione umana e recupera il valore perenne del mito attraverso una poesia che scuote, sovverte i concetti, disorienta le certezze.


sabato 10 ottobre 2020

Essere amato


DAVID MARIA TUROLDO

DIRMI GELOSO

Dirmi geloso è inutile,
non sopporta catene l'Amore.

Invidia invece mi rode
perché a me non hai dato
come a loro il dono
di lasciarmi amare:

essere amato nel modo
che tu solo ami:
rovinoso
              e senza rimedio.

(da Nel segno del Tau, Scheiwiller, 1988)

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Non so se altri passino / per uguali gorghi / di vertigini (…) / e tu / perduto nell’illimite”: la fede di David Maria Turoldo è un continuo ricercare, è una domanda perpetua che non riesce ad avere risposta. Toccano “ad altri, ad altri i divini / giochi per i campi, e i lauti / banchetti e le notti / di magia…” tanto da renderlo quasi invidioso di quelli che invece si sentono pienamente amati.


JAN TOOROP, "DESIDERIO E GRATIFICAZIONE"

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LA FRASE DEL GIORNO
Pare che Dio sia una consonante // e neppure quale /tu sai…
DAVID MARIA TUROLDO, O sensi miei




David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


venerdì 9 ottobre 2020

Nobel 2020 a Louise Glück


L’Accademia Svedese ha assegnato il Premio Nobel per la Letteratura 2020 alla poetessa statunitense Louise Glück con la seguente motivazione: "per la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende l'esistenza individuale esperienza universale". Louise Glück ama infatti trattare temi quotidiani, le vicende dell’esistenza, l’amore, il divorzio, la solitudine rivestendoli con la sua precisione tecnica e spesso con la trasposizione dei miti classici.

Louise Glück, nata a New York nel 1943 è la prima poetessa a vincere il Nobel dopo Wislawa Szymborska. La sua vita è stata caratterizzata per anni dall’anoressia: per superare la malattia, abbandonò dapprima il liceo e poi l’università, affidandosi a un supporto psicanalitico. La sua prima raccolta di poesie, Primogenito, è del 1968; hanno fatto seguito La casa sulla palude (1975) e Il trionfo di Achille (1985), in cui traspose la perdita di tutti i suoi oggetti personali nell’incendio della sua casa in Vermont.

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VENTO CALANTE

Quando vi ho fatto, vi amavo.
Ora vi compatisco.

Vi ho dato quanto vi serviva:
letto di terra, lenzuolo di aria blu…
Mentre mi allontano da voi
vi vedo più chiaramente.
A quest’ora le vostre anime avrebbero dovuto essere
immense,
non quel che sono,
piccole cose vocianti…

Vi ho dato ogni dono,
blu del mattino primaverile,
tempo che non sapevate come usare:
volevate di più, l’unico dono
riservato a un’altra creazione.

Qualsiasi cosa abbiate sperato,
non troverete voi stessi nel giardino,
fra le piante che crescono.
Le vostre vite non sono circolari come le loro:

le vostre vite sono il volo dell’uccello
che inizia e finisce nell’immobilità:

che inizia e finisce, forma che riflette
quest’arco dalla betulla bianca
al melo.

(da L’iris selvatico, 1992 – Traduzione di Massimo Bacigalupo)

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NOSTOS

C’era un melo nel cortile –
questo sarà stato
quarant’anni fa – dietro,
solo campi. Macchie
di crochi nell’erba umida.
Stavo in quella finestra:
fine aprile. Fiori
primaverili nel cortile del vicino.
Quante volte l’albero fiorì
davvero al mio compleanno,
proprio quel giorno, non
prima, non dopo? Sostituzione
dell’immutabile
per ciò che scorre, che evolve.
Sostituzione dell’immagine
per la terra spietata. Cosa
so di questo luogo,
il ruolo dell’albero per tre decenni
assolto da un bonsai, voci
che salgono dai campi di tennis…
Prati. Odore di erba alta, appena tagliata.
Come ci si aspetta da un poeta lirico.
Guardiamo il mondo una volta, nell’infanzia.
Il resto è memoria.

(da L’iris selvatico, 1992 – Traduzione di Massimo Bacigalupo)

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LE MIGRAZIONI NOTTURNE

Questo è il momento in cui vedi di nuovo
le bacche rosse del sorbo selvatico
e nel cielo scuro
le migrazioni notturne degli uccelli.
Mi addolora pensare
che i morti non le vedranno –
queste cose su cui facciamo affidamento,
esse svaniscono.
Allora cosa farà l’anima per rinfrancarsi?
Mi dico che forse non avrà più bisogno
di questi piaceri;
forse già non essere basta del tutto,
per quanto sia difficile da immaginare.

(da Averno, 2006)

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LA FRASE DEL GIORNO
Penso che la poesia sia una comunicazione tra una bocca e un orecchio - non una vera bocca e un vero orecchio, ma una mente che invia un messaggio e una mente che lo riceve.
LOUISE GLÜCK, Poets.org, 21 febbraio 2009




Louise Elisabeth Glück (New York, 22 aprile 1943), poetessa statunitense nata da famiglia ebrea ungherese. È stata premiata con il Pulitzer nel 1993 ed è stata Poeta Laureato del Congresso nel 2003. Per anni lettrice d’inglese al Williams College, ora insegna a Yale. Nel 2020 è stata insignita del Premio Nobel per la Letteratura.


giovedì 8 ottobre 2020

Gente come me


NINO PEDRETTI

I NOM DAL STRÈDI

Al strèdi a gli è
tòti ad Mazzini, ad Garibaldi
a gli è di pèpa
ad quei chi scréiv,
chi dà di cmand, chi fa la guèra.
E mai ch’u t’capita d’avdéi
Vea d’éun  che fèva i brétt
Vea d’éun che stèva sòta un zris
Vea d’éun ch’u n’ à fatt gnént
parchè l’andeva a spass
s’una cavala.
E pansè che e’ mònd
l’è fatt ad zénta cume mè
ch’l’a magna i radécc
ma la finestra
cunténta ad stè l’instèda
Si pii néud.

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I NOMI DELLE STRADE

Le strade sono
tutte di Mazzini, di Garibaldi,
son dei papi,
di quelli che scrivono,
che dan dei comandi, che fan la guerra.
E mai che ti capiti di vedere
via di uno che faceva i berretti
via di uno che stava sotto un ciliegio
via di uno che non ha fatto niente
perché andava a spasso
sopra una cavalla.
E pensare che il mondo
è fatto di gente come me
che mangia il radicchio
alla finestra
contenta di stare, d’estate,
a piedi nudi.

(da Al vòuṣi e altre poesie in dialetto romagnolo, Einaudi, 2007)

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Una divertente riflessione del poeta romagnolo Nino Pedretti, una di quelle che riescono meglio se pensate in dialetto: ne nasce un elogio della gente comune, quella che vive la quotidianità e non si cura della fama, del potere, della grandezza, che ritiene essere semplicemente una mancata libertà. 

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GUSTAVE CAILLEBOTTE, “UOMO ALLA FINESTRA”, 1875

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LA FRASE DEL GIORNO
A differenza dell'italiano, arrotolato nei codici, levigato ed illustre, il fratello umile, il dialetto, è vissuto all'aperto come un'erba selvatica, bagnato dalla pioggia dei secoli e come un'erba pertinace di gramigna, si è arrampicato sui monti, si è addentrato nei minimi villaggi, ha coperto ogni metro di terra dove viveva la gente comune del lavoro e dei sacrifici.
NINO PEDRETTI




Giovanni Maria Pedretti, detto Nino (Santarcangelo di Romagna, 13 agosto 1923 – Rimini, 30 maggio 1981), poeta e traduttore italiano. Chiamato alle armi nel 1942, riparò a San Marino dopo l’8 settembre 1943. Dopo aver vissuto vent’anni in Germania, tornò a Cesena, dove insegnò inglese. Nel 1975 pubblicò Al vòuṣi, cui seguirono altre tre raccolte.


mercoledì 7 ottobre 2020

Al sole roseo d’autunno


ALFONSO GATTO

UN’ALBA

Com’è spoglia la luna, è quasi l’alba.
Si staccano i convogli, nella piazza
bruna di terra il verde dei giardini
trema d’autunno nei cancelli.
È l’ora fioca in cui s’incide al freddo
la tua città deserta, appena un trotto
remoto di cavallo, l’attacchino
sposta dolce la scala lungo i muri
in un fruscìo di carta.
La tua stanza
leggera come il sonno sarà nuova
e in un parato da campagna al sole
roseo d’autunno s’aprirà.
La fredda
banchina dei mercati odora d’erba.
La porta verde della chiesa è il mare.

(da Poesie, Mondadori, 1941)

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Mario Lunetta scrisse di Alfonso Gatto che “sembra conoscere della parola solo l’epifania cromatica”. E i colori si manifestano accendendosi in questi versi che raccontano il risveglio della città in un’alba d’autunno in una sinestesia che associa profumi e odori, rumori  e sensazioni, il freddo stesso che si attacca alle ossa, per approdare poi al pensiero dell’amata che, al contrario del poeta, dorme ancora nella sua stanza.

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FOTOGRAFIA © ROMAN BOED/PIXABAY

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LA FRASE DEL GIORNO
Chi stringe i venti, e annebbia le specchiere / oltre i mari d'autunno, nell'alone /
delle polveri cieche?
ALFONSO GATTO




Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.