GIOVANNI PASCOLI
ARANO
Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra pazïente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinno come d'oro.
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra pazïente;
ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinno come d'oro.
(da Myricae, 1903)
Arano. Ho visto un trattore emerso dalle nebbie nei campi lungo il fiume rivoltare le zolle in maniera regolare, come seguendo un disegno: in realtà non faceva altro che percorrere il solco battuto prima, aderiva alla forma insolita della stradina che costeggia il campo. Dal belvedere del santuario, lo spettacolo era apprezzabile in tutta la sua geometrica precisione: la terra smossa era scura, sembrava fumare anch'essa come l'acqua appena al di là. E mi è sovvenuta alla memoria da tempi scolastici ormai dimenticati, forse le elementari, forse le medie, "Arano", la poesia di Giovanni Pascoli, tratta da "Myricae".
Sullo sfondo nebbioso del mattino d'autunno, quelle terzine dantesche si sono materializzate, sono diventate vive, sebbene il progresso tecnologico abbia allontanato gli uomini dai campi e li abbia forniti di mezzi più efficaci dell'aratro e dei buoi. Sentivo quel grigiore pascoliano, ma sentivo anche quella malinconia sottesa nell'animo. Il realismo si trasformava in un intimo sentimento e lì ho capito Pascoli, ho incominciato ad apprezzare quei versi che ho sempre giudicato ingenui e di maniera, ho intravisto sotto la superficie la vena che scorreva. E la speranza di quelle foglie di vite rosseggianti (i pàmpani) e di quel trillo degli uccelli che pregustano il loro "raccolto" di lombrichi sono diventati la mia speranza, in questa mattina grigia di novembre.
Sullo sfondo nebbioso del mattino d'autunno, quelle terzine dantesche si sono materializzate, sono diventate vive, sebbene il progresso tecnologico abbia allontanato gli uomini dai campi e li abbia forniti di mezzi più efficaci dell'aratro e dei buoi. Sentivo quel grigiore pascoliano, ma sentivo anche quella malinconia sottesa nell'animo. Il realismo si trasformava in un intimo sentimento e lì ho capito Pascoli, ho incominciato ad apprezzare quei versi che ho sempre giudicato ingenui e di maniera, ho intravisto sotto la superficie la vena che scorreva. E la speranza di quelle foglie di vite rosseggianti (i pàmpani) e di quel trillo degli uccelli che pregustano il loro "raccolto" di lombrichi sono diventati la mia speranza, in questa mattina grigia di novembre.
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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico, non maestro, non tribuno o demagogo, non uomo di stato o di corte. E nemmeno è, sia con pace del maestro, un artiere che foggi spada e scudi e vomeri; e nemmeno, con pace di tanti altri, un artista che nielli e ceselli l'oro che altri gli porga. A costituire il poeta vale infinitamente più il suo sentimento e la sua visione, che il modo col quale agli altri trasmette l'uno e l'altra.
GIOVANNI PASCOLI, Il fanciullino
Giovanni Pascoli (San Mauro di Romagna, 31 dicembre 1855 – Bologna, 6 aprile 1912), poeta e accademico italiano, eccelso latinista, figura emblematica della letteratura di fine Ottocento. Nonostante la sua formazione eminentemente positivistica, è il maggiore esponente del Decadentismo.
2 commenti:
Se dovessi far risalire il mio primo incontro emotivo con la poesia, sicuramente sarebbe opera di Giovannino... le prime emozioni "vive" risalgono infatti alle scuole elementari - ricordo ancora adesso, quant'ero affascinata e commossa, in lettura delle sue poesie. Merito indubbio anche della maeastra, che evidentemente "selezionava" e presentava con cura i versi più adatti alla nostra emotività bambina... Fatto sta che la magìa è rimasta: e fu evidentemente un solco assai profondo, come quello di un aratro - che ha dissodato un campo e messo il primo seme
Luciana - comoinpoesia.
Devo dire la tua maestra ha lavorato bene... Ci sono insegnanti che "segnano" un carattere: il mio, don Angelo, l'ho raccontato qui: http://cantosirene.blogspot.com/2008/08/il-maestro.html
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