“Poetessa è una parola dolce, che abbiamo messo da parte perché ci imbarazzava, e tuttavia ancora torna nel fazzoletto che le nostre antenate legavano alla gola delle loro liriche rauche”: rivendicava la libertà di essere poetessa e non “una poeta”, l’orrendo termine che va di moda adesso per indicare una donna che scrive poesie, l’argentina Tamara Kamenszain scomparsa l’altro ieri dopo aver lottato contro il cancro. Le sue poesie sono intense, barocche, e fanno pensare, contestualizzare, elaborano le tesi dei suoi ispiratori, Alejandra Pizarnik e Nicanor Parra. Sullo scrivere femminile, disse in un’intervista: “Le donne non scrivono per convincere nessuno. Ecco perché la poetessa che è in ognuna di noi cerca di uscire allo scoperto in questo momento, verso un nuovo destino che era già scritto e che sull'orlo della sua stessa storia rivisitata, non si è mai stancato di aspettarci".
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SCUDO DI DAVID
Sotto al suo basco nero
c’è un tetto infiammabile
turbolenze
le nubi rosse del tropico
sventolano furiose
a mezz’asta su l’Avana vecchia
dove nessuno sa dire
dove riposino i resti
ciò che resta di me
mi lascia in balia
del mio personale mausoleo
jinetera
prigioniera dei propri piedi
non aspetto nessuno
e insisto che qualcuno
deve venire
un messia
sul suo basco nero inclinato
l’occhio del ciclone
il manto celestiale che strappa
punte stellate
dagli occhiali di Trockij
schegge che un eroe si affonda
tra il petto e la spalla
una maglietta strappata
fa da scudo.
(da Il ghetto, 2012 – Traduzione di Chiara De Luca)
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CON MIA SORELLA PARLIAMO DI LEI
Con mia sorella parliamo di lei.
Hai visto quel che ha detto hai sentito quel che non dice
ti ricordi quel che diceva.
Con mia sorella le diamo
una vita da bambola la investiamo
di ciò che ci resta delle sue grandezze passate
continuiamo a decorarla
di ciò che permane della sua dignità presente
non sappiamo che altro fare è la nostra protagonista
la sua lettera ci esce dalla bocca
e diciamo cose che nessuno
che non provenga da una stirpe panica
potrebbe arrivare a comprendere.
Sono monologhi di due perdite in famiglia
mandiamo segnali ammiccamenti ad altri tempi
quando il padre ascoltava e rispondeva
quando la madre sosteneva l’eco della sua voce
ciao ciao diceva al telefono
ciao le rispondevamo all’unisono
Novità?
niente niente niente ripete ora
in questo limbo che giorno dopo giorno la ripete
quella che legge annunci funebri al contrario
dio rovescia La Nación al mattino
e la lascia stremata finché non si addormenta
perché non si è accorta di niente.
Prima non era così diciamo con mia sorella
questo ci consola seguiamo questa traccia
e anche noi stesse ci componiamo
come bambole dell’altra
poste nella pancia della matrioska
soppesiamo quell’oscurità
che mia madre decifra senza occhiali
la accompagniamo ovunque vada
gli annunci funebri non la trovano ancora
e lei, da poco analfabeta, si difende bene
mettendo noi a coprirle le spalle.
(da L’eco di mia madre, Kolibris, 2014 – Traduzione di Chiara De Luca)
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LA FRASE DEL GIORNO
Leggere e scrivere sono un binomio che può essere separato solo quando sollevi la testa dalle pagine di altre persone per appoggiarla sulle tue.
TAMARA KAMENSZAIN, Piccoli libri
Tamara Kamenszain (Buenos Aires, 9 febbraio 1947 – 28 luglio 2021), poetessa e saggista argentina. Laureata in Filosofia, si dedicò al giornalismo e all’insegnamento della letteratura. Ispirata dalle poesie di Alejandra Pizarnik e Nicanor Parra, fu inserita nella corrente poetica degli Anni ‘70 chiamata “noebarocca”.
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