GIORGIO CAPRONI
VENERE
Dal fondo delle odorose
scogliere, al refrigerio
limpido del bel colore
marino, tu sorti accese
d’opaco lume le tenere
carni. E con trine
e con marmi
candidi e con sorrisi
di spume labili, doni
fatuo alle brezze un gioco
di prime voglie: sapori
casti di sale ai labbri
che tentano già i tuoi pii errori.
(da Ballo a Fontanigorda, 1937)
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La nascita di Venere (o di Afrodite, la corrispettiva dea greca) è una pagina del mito che affascina i pittori e i poeti, colpiti probabilmente dal sorgere della bellezza: vi ci sono cimentati, ad esempio Sandro Botticelli, Alexandre Cabanel e William-Adolphe Bougereau sulle tele e Omero, Esiodo, Gabriel Zaid, Jaroslav Seifert, Osip Mandel’štam con i versi. A questi aggiungiamo anche un giovane Giorgio Caproni.
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ALEXANDRE CABANEL, “NASCITA DI VENERE”
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LA FRASE DEL GIORNO
Rimani quel che sei – schiuma, o Afrodite, / tu, parola, rifluisci in musica, / vergognati del cuore, o cuore, fuso / con l’elemento primo della vita!
OSIP EMIL’EVIČ MANDEL’ŠTAM, Cinquanta poesie
Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.
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