CARLO BETOCCHI
A CUCI E SCUCI, 3
Non sei contento del possesso dei giorni?
Temi di perderlo? Credi d’esser da più
di ciò che sempre muta e viene disfatto?
Non ti basta quel po’ di sole che ancora
investe il tuo corpo che invecchia? Guarda,
stamani disfano il tetto della casa di fronte.
Mettono a nudo i correnti, ch’erano marci.
Li mutano. E intanto ripiove. Lesti li ricoprono,
con le tegole vecchie. E i coppi restano,
a mucchi, sul colmigno. E subito il sole
che torna luccica sulle tegole ignude,
e tu ti senti in cuore un di più che ti strugge
- vergógnati - d’amore per te, mentre in cielo
rulla un tamburo lontanissimo, azzurro,
per la tua libertà, che è un grido che vola.
(da Un passo, un altro passo, Mondadori, 1967)
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Carlo Betocchi è poeta cattolico che fa dell’umiltà una virtù dominante. Qui si interroga con un fuoco di fila di domande non fini a se stesse ma inserite nella realtà oggettiva: quel lavorare dei carpentieri sul tetto della casa vicina, quel mutare del tempo si inseriscono nella riflessione del poeta sulla propria esistenza, sulla paziente attesa di quel premio finale che la sua fede attende: “a cuci e scuci, dicono i muratori/ quel metter le mani ad un muro che sgretola,/ antico, e rappezzarlo a frammenti:/ e dentro i vecchi pertugi dell'anima/ così mi canticchia una lunga pazienza”.
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FOTOGRAFIA © BBB
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LA FRASE DEL GIORNO
Non guardatemi, che son vecchio, / ma nel mio mutismo pietroso ascoltate / come gorgheggia, com’è fiero l'amore.
CARLO BETOCCHI, Un passo, un altro passo
Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.
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