venerdì 11 giugno 2021

La parola esatta


JOSÉ WATANABE

I VERSI CHE CANCELLO

Le parole non ci riflettono come specchi, esattamente,
ma lo vorrei.
Scrivo con una domanda ossessiva nelle orecchie:
è questa la parola esatta o è il tranello di un’altra
che verrà
                  non più bella ma più speculare?
Per questa incertezza
cancello,
tutta la notte cancello, e nello specchio davanti al quale insisto
resta solo una figura sfocata, incompleta, sventurata.
È come se si compisse la minaccia sibillina
della madre
al figlio che si stava scoprendo, curioso,
nella sua immagine:
“Ti guardi così tanto nello specchio
che un giorno finirai con il non vederti più”.
I versi che irrefrenabile cancello
        si prenderanno sempre la mia poesia.

(da Il fuso della parola, 1989)

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Jorge Luis Borges, uno che di specchi se ne intendeva non poco, scrisse: “Non senza una certa logica amarezza / penso che le parole essenziali / che mi esprimono sono in quelle pagine / che non sanno chi sono io, non in quelle che ho scritto”. È un po’ anche l’essenza di questi versi del poeta peruviano José Watanabe sulla costruzione della parola poetica,  sulla consonanza tra senso e significato per un uomo in profonda crisi: “Di notte piangevo pensando di aver deciso di fare il poeta, lasciando gli studi, tutto, e improvvisamente non avevo più il linguaggio. Quando uno è depresso pensa che la depressione non passerà mai, tende a pensare che questo stato non passerà mai, e io piangevo, è come se da pittore fossi rimasto senza mani”.

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KATHLEEN STEEGMANS, "UOMO ALLO SPECCHIO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Chiunque scrive si chiede perché scrive, cosa lo motiva, cos'è veramente, in sostanza, poesia. E mi sono posto questa domanda e ho cercato di dare diverse risposte, ma se devo sceglierne una, è questa: Bandiere nella nebbia, dove la realtà si apre all'improvviso – come se ci fosse una fessura nella realtà - e tu vedi che c'è qualcosa lì, c'è un messaggio, qualcuno che vuole dirci qualcosa.
JOSÉ WATANABE, La Primera, Gennaio 2007




José Watanabe Varas (Trujillo, 17 marzo 1945 - Lima, 25 aprile 2007) poeta peruviano. Voce dei “poeti del ‘70”, al tipico colloquialismo e allo sperimentalismo della corrente mescolò lo zen, il taoismo, il buddhismo e la cultura degli haiku che gli derivavano dalle sue origini giapponesi.


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