GIOVANNI GIUDICI
DIVERSA
Diversa e così sola
Nel non-mondo che a ogni
Sillaba trasalisci dubitando
E svanisce l'idea dove mi sogni
Amato che a ritroso ti figura
Nel remoto orizzonte donde esplori
Noi persone-lumini moltitudine
Specie consunta e tuttavia futura
Di quel barluminare io appena uno
Separato persisto se tu mai
A frugarti infinita
In me ti posi e sposi e vieni e vai.
(da Empie stelle, Garzanti, 1996)
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Una figura femminile che contamina sogni e ricordi e fantasia nella poesia di Giovanni Giudici – la madre, emblema di una ferita ancestrale, metafora di un’inquietudine che è impossibilità e si realizza solo nell’impasto tra vita reale e mondo onirico, nell’effetto combinato di “lingua, sentimenti e nulla” che altro non è se non poesia.
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DIPINTO DI ERIC ZENER
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LA FRASE DEL GIORNO
Il rancore è di chi non ha speranza: / dunque è pietà di me che mi fa credere /essere altrove una vita più vera?
GIOVANNI GIUDICI
Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011), poeta e giornalista italiano. Della sua formazione cattolica e del suo lavoro nell'industria ha fatto i poli di una tensione che lo trascende e caratterizza il suo impegno civile. Numerose le sue traduzioni: Frost, Sylvia Plath, Orten, Pound, Ransom e Puškin.
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