MICHAEL DONHAUSER
E VI ERA UN CULLARE
E vi era un cullare, vi era un
respiro e trascorreva nelle chiome
degli alberi sì che le foglie si
piegavano, si rizzavano, impetuose
e tremanti quando il vento dell’autunno
comprimeva i rami finché lentamente
il fremito si affievoliva e più leggero
fluttuava solo il bordo di un giardino:
io ero vissuto vicino a questo fremere
singhiozzare, precipitare e più fredde erano
ora le notti sì che le dalie erano appannate
di brina bianca, scendevano
le cornacchie dai monti nel villaggio
e stavano sulla sommità dei tetti
però invano si allineava immagine
ad immagine per formare un racconto, ché
del tutto solo restava l’oscuro gorgogliare
della fontana e abbandonati se ne stavano
i luoghi con l’odore del freddo, dei
cavalli – sentivo mettergli la ferratura
nelle stalle, sentivo l’odore del fumo della
ramaglia bruciata, la coperta di nuvole ora
si strappava, ora si ricomponeva e così
se ne andavano i giorni, se ne andava l’anno
(da Poesia, n. 215, Aprile 2007 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)
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Una cronaca dell’autunno, delle sensazioni che esso provoca, delle emozioni poetiche che fa sorgere: questa successione di immagini e di espressioni sensoriali è del poeta austriaco Michael Donhauser, traduttore di Charles Baudelaire e Arthur Rimbaud.
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FOTOGRAFIA DA GOOGLE PLUS
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LA FRASE DEL GIORNO
Le ore ingialliscono anche esse, come le foglie.
MARIO RIVERO, L’amore e la sua impronta
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