Settembre, il mese dolce dell’uva e dei fichi, che fa di questa sua soavità il malinconico dono dell’estate che finisce: è questo languore che, tra monti e campagne, vigneti e uliveti, colgono i poeti Nicola Moscardelli e Giorgio Caproni.
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FOTOGRAFIA © WALLPAPER FLARE
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NICOLA MOSCARDELLI
SETTEMBRE
Settembre, incanto di convalescente
che giocando con nulla si contenta,
uva d'ambra che imbiondisce lentamente
sotto i soffi del tramonto
veleggiante alto sui monti,
seta tiepida innocente
delle foglie saltellanti
verso qualche ignoto mare
come farfalle gracili rinate
col vestitino d'estate sbiadito,
verde brina di stelle trasparenti
sul giallore della terra illanguidita,
un canto alla lontana che si sente e non si sente
come quando uno sogna e si lamenta
con la sua bocca spenta.
(da Gioielleria notturna, Studio Editoriale Lombardo, 1918)
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GIORGIO CAPRONI
ALTRI VERSI A RINA
Nei tuoi occhi è il settembre
degli ulivi della tua cara
terra, la tua Liguria
di rupi e di dolcissimi
frutti.
Sopra i monti spaziosi
le poche case disperse
invidiano il colore caldo
della tua pelle, all’ora
che fa nostra ancora per poco
la terra.
(da Ballo a Fontanigorda, Degli Orfini, 1938)
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LA FRASE DEL GIORNO
Il mese di settembre dovrebbe esserci sempre.
PROVERBIO BRIANZOLO
Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 – Roma, 22 gennaio 1990), poeta, critico letterario e traduttore italiano. Partito come preermetico attirato da uno scabro espressionismo, approdò a un ermetismo rivestito di un impressionismo idillico. Nella sua poesia canta soprattutto temi ricorrenti (Genova, la madre e Livorno, il viaggio, il linguaggio), unendo raffinata perizia metrico-stilistica a immediatezza e chiarezza di sentimento.
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