Padre sardo, madre emiliana, nato a Genova nel 1930. Eppure, Franco Loi, scomparso ieri alla soglia dei 91 anni, si è imposto come il poeta in milanese del XX secolo dopo gli “antenati” Carlo Porta e Delio Tessa.
Arrivato alla poesia a 35 anni dopo un apprendistato da autodidatta, il ragioner Loi, contabile e responsabile dell’ufficio stampa della Rinascente e poi della Mondadori, militò nel PCI prima di abbandonarlo e mantenersi nell’orbita della sinistra, avvicinandosi a una spiritualità derivata dal Vangelo. Loi così scrisse su Avvenire, ricordando i suoi esordi: «Nel 1965 sono stato spinto alla poesia, scrivevo sia in tram o in bus o per strada quel che mi si agitava dentro, e poi a casa rivedevo, correggevo, riascoltavo con stupore. Nel 1970, quando nel giugno-luglio sentii ancora l’impulso dello scrivere, dirò soltanto che mi aggiravo per le stanze di casa e recitavo ad alta voce quanto veniva detto dal mio essere intero, preoccupandomi soltanto di ritenere a memoria per certi tratti le parole che sentivo e come le sentivo».
Nella sua poesia, in un milanese non puro ma contaminato dall’incontro con il proletariato locale e gli immigrati della campagna lombarda, l’esperienza si intreccia con l’immediatezza bruciante del vissuto, esprime quei contatti umani e politici, raccontando il ricordo personale della giovinezza, gli anni eroici dell’Italia di allora e raffrontandolo con la sconfitta del presente di un mondo popolare senza via d’uscita.
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FOTOGRAFIA © BOATO
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AQUA LESSÌVA…
Aqua lessìva, aqua che nel tòrbed
ghe va de candùr el zìgn, ‘me se livràss
te rìet dré i mè spall e, verdesina,
la pulver sfria di zéder, olt, squasi un sigà,
e l’àneda s’inbusca a la frascada
e mì, sò germanòtt, suspiri alà
tra ‘l sifulà, i smerg, quel spers di öcc
che la mia gura vurarìss ciamà…
Bej öcc virtûs, amur che la giuinessa
te pasma ai làver ‘me ‘n dulur de dàss,
«varda i cujùmber, varda ‘me lifrònen…»
e mi me vegn pavüra de vardàt,
me vegn medan quj ciasm che, ne l’inverna,
te fan murì pe ‘l troppo lüsùr che g’àn.
Acqua lisciva sporca, acqua che nel torbido
ci va immacolato il cigno, come vi scivolasse senza ritorno,
tu scorri alle mie spalle e, verdeorata,
la polvere pulviscola dei cedri, alta, quasi un grido,
e l’anatra s’intrica tra i cespugli di frasche
e io, suo anatro, sospiro volare con le mie ali
tra lo zufolare, i gemiti, quello smarrimento degli occhi
che la mia gola vorrebbe chiamare…
Begli occhi virtuosi, amore che la giovinezza
ti spasima alle labbra come il dolore di darsi,
«guarda i colombi, guarda come amoreggiano sciocchi…»
e a me viene la paura di guardarti,
mi colgono come quei mancamenti accecanti che, nell’inverno,
ti fanno morire per il troppo luccichio che riflettono.
(da Poesie d’amore, Edizioni Il Ponte, 1874)
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SE SBROFFI DI PAROL…
Se sbroffi di paroll l’è per piasèm,
e per piasè al Diu che m’à creâ,
a l’Angel che sta drè a quèl che fèm,
aj òmm che stan scundü tra i so pecâ…
L’è un sumenà de tütt la buttunera,
un fresch giardin de rös che se culura,
un sfàss ne l’aria d’un’aqua mia sincera…
L’è inscì, amîs, che canta la speransa,
dèm libertà aj penser, fèm che sia vera
la carna ch’un quaj diu g’à dâ in sumensa.
Se spruzzo fuori parole è per piacermi,
è per piacere al Dio che mi ha creato,
all’Angelo che vigila su quel che facciamo,
agli uomini che stanno nascosti tra i loro peccati…
E un seminare di tutto ciò che germina in noi,
un fresco giardino di rose che si colora,
uno sfarsi nell’aria d’un’acqua mia sincera…
E così, amici, che canta la speranza,
diamo libertà ai pensieri, facciamo sia vera
la carne che un qualche dio ci ha dato per frutto.
(da I niül, Interlinea, 2012)
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Di Franco Loi sul Canto delle Sirene:
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LA FRASE DEL GIORNO
Scrivere è insieme conoscersi e conoscersi di più. Sembra quasi che la parola scavi dentro di noi – togliendo incrostazioni ed impedimenti di varia natura sino ad agevolare il rapporto tra la nostra coscienza e la memoria inconscia – che è memoria del corpo, delle emozioni e dei pensieri che tutto il nostro essere elabora indipendentemente nella nostra volontà.
FRANCO LOI
Franco Loi (Genova, 21 gennaio 1930 – Milano, 4 gennaio 2021) poeta, scrittore e saggista italiano. Autore in dialetto milanese, i temi ricorrenti nelle sue poesie di sono la guerra, la scoperta della presenza del male nella storia, la sensazione di un tradimento perpetrato e di ferite non rimarginabili, l'energia dell'invettiva, il rimpianto di un paradiso perduto, ma anche la costanza dell'invocazione della preghiera.
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