mercoledì 7 novembre 2018

C’è chi la chiama spleen


EUGENIO MONTALE

INCONTRO

Esitammo un istante,
e dopo poco riconoscemmo
di avere la stessa malattia.
Non vi è definizione
per questa mirabile tortura,
c'è chi la chiama spleen
e chi malinconia.
Ma se accettiamo il gioco
ai margini troviamo
un segno intellegibile
che può dar senso a tutto.

(da Diario postumo, Mondadori, 1991)

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La stessa malattia è naturalmente quello spleen, quell’impasto di pessimismo e solipsismo alla base della “teologia negativa” che compare nelle poesie di Eugenio Montale, che qui si rivolge alla sua ultima musa, quella Annalisa Cima che diede alle stampe il Diario postumo, ritenuto da alcuni filologi, quali Dante Isella e Giovanni Raboni, un apocrifo o un collage di varie altre poesie del Premio Nobel. Un incontro che è il riconoscersi di due anime simili.

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Montale

EUGENIO MONTALE E ANNALISA CIMA

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LA FRASE DEL GIORNO
Forse un mattino andando in un'aria di vetro, / arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo: / il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro / di me, con un terrore di ubriaco.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia




Eugenio Montale (Genova, 12 ottobre 1896 – Milano, 12 settembre 1981), poeta e scrittore italiano, Gli fu conferito il Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”, ovvero la “teologia negativa” in cui il "male di vivere"  si esprime attraverso la corrosione dell'Io lirico tradizionale e del suo linguaggio.


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