martedì 7 agosto 2018

Un mio fardello


ANTONIA POZZI

SOLITUDINE

ad A.M.C.

Ho le braccia dolenti e illanguidite
per un’insulsa brama di avvinghiare
qualche cosa di vivo, che io senta
più piccolo di me. Vorrei rapire
d’un balzo e poi portarmi via, correndo,
un mio fardello, quando si fa sera;
avventarmi nel buio per difenderlo,
come si lancia il mare sugli scogli;
lottar per lui, finché non rimanesse
un brivido di vita; poi, cadere
nella più fonda notte, sulla strada,
sotto un tumido cielo inargentato
di luna e di betulle; ripiegarmi
su quella vita che mi stringo al petto -
e addormentarla – e anch’io dormire, infine…
No: sono sola. Sola mi rannicchio
sopra il mio magro corpo. Non m’accorgo
che, invece di una fronte indolenzita,
io sto baciando come una demente
la pelle tesa delle mie ginocchia.

Milano, 4 giugno 1929

(da Parole, Mondadori, 1939)

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La dolce dolorosa malinconia che ha attraversato la breve vita della poetessa milanese Antonia Pozzi si manifesta spesso nella solitudine – nel 1929, quando scrive questi versi, ha 17 anni – a dispetto della presenza di familiari e amici: “andare verso un domani /  che la solitudine chiude / in fondo al deserto…” scriverà quattro anni dopo dal buen retiro di Pasturo; e ancora “solitudine e pianto / solitudine e pianto / dei larici”, fino a definirsi nel dicembre del 1934 una “barca di solitudine”. È una solitudine amorosa, testimoniata dalla dedica ad A.M.C., ovvero al professore di latino e greco Antonio Maria Cervi, con cui ebbe una relazione travagliata interrotta per volontà dei genitori. Quel desiderio di possedere qualcosa, quel senso di maternità, quella continua ricerca di qualcosa nell’esistenza è un peso troppo grande per lei: è già presaga questa poesia, prefigura la sua fine, il suicidio nel prato dell’abbazia di Chiaravalle, “nella più fonda notte, sulla strada, / sotto un tumido cielo inargentato di luna e betulle: ripiegarmi / su quella vita che mi stringo al petto”.

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Liepke

DIPINTO DI MALCOLM T. LIEPKE

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LA FRASE DEL GIORNO
Perché non per astratto ragionamento, ma per un’esperienza che brucia attraverso tutta la mia vita, per un’adesione innata, irrevocabile, del più profondo essere, io credo alla poesia. E vivo della poesia come le vene vivono del sangue.
ANTONIA POZZI




Antonia Pozzi (Milano, 13 febbraio 1912 – 3 dicembre 1938), poetessa italiana. Laureatasi in Filologia con una tesi su Flaubert, si tolse la vita dopo una contrastata storia d’amore. Il suo diario poetico Parole fu pubblicato postumo, nel 1939: composto a partire dai diciassette anni, riflette un'amara e inquieta sensibilità in cui si avverte l'influsso della lirica di Rilke.


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