DARIO BELLEZZA
APPUNTI
Non m’accende amore.
Più non m’incanta il dolore.
Senza pietà è mia vita.
Passano i giorni e grida
l’anima mia smarrita.
Forse la giovinezza
è camminando.
Nel buio della notte
la tempesta s’ascolta
lacrimando.
Di notte al tavolino, per morire
decisi di mai più scrivere
ma ricordare vivendo
gli amori di un tempo.
Chi vive di ricordi
s’innamora.
(da Serpenta, Mondadori, 1987)
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“La mia poesia è mentale: / non si riempie di decadenti splendori /né fagocita l’indistinto universo / per rappresentarlo”: la poesia di Dario Bellezza oscilla tra provocazione e sublime, è talora eccessiva, al limite del teatrale. In lui l’amore, come rilevò Giorgio Manacorda è “estasi e condanna”. Non meraviglia allora questa specie di addio all’amore, questa poesia in cui ogni amore è inghiottito, imbozzolato in sé, nella crisalide della memoria, che fa scaturire la bellissima chiusa aforistica.
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ILLUSTRAZIONE DI CHRISTIAN SCHLOE
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LA FRASE DEL GIORNO
Il poeta è uno che abusivamente occupa spazi interiori per allargarli, che cattura l'istante per renderlo eterno.
DARIO BELLEZZA
Dario Bellezza (Roma, 5 settembre 1944 – 31 marzo 1996), poeta, scrittore e drammaturgo italiano. Con l’avallo di Pasolini, esordì nel 1971 con Invettive e licenze, affermandosi come una delle figure più rappresentative di una nuova generazione di poeti, non compromessa con le ragioni della neoavanguardia. Tradusse per Garzanti l’opera omnia di Rimbaud.
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