mercoledì 2 dicembre 2020

Nel quotidiano


WISŁAWA SZYMBORSKA

SCRITTA IN UN ALBERGO

Kyoto ha fortuna,
fortuna e palazzi,
tetti alati,
gradini in scala musicale .
Attempata ma civettuola,
di pietra ma viva,
di legno, ma come crescesse dal cielo alla terra.
Kyoto è una città bella
fino alle lacrime.
vere lacrime d’un certo signore,
un intenditore, un amatore di antichità,
che in un momento decisivo
al tavolo delle conferenze
esclamò
che in fondo ci sono tante città peggiori –
e d’improvviso scoppiò in lacrime
sulla sua sedia.
Così si salvò Kyoto,
decisamente più bella di Hiroshima.
Ma questa è storia vecchia.
Non posso pensare sempre solo a questo
né chiedere di continuo
cosa accadrà, cosa accadrà.
Nel quotidiano credo alla durata,
alle prospettive della storia.
Non riesco ad addentare le mele
in un continuo orrore.
Sento dire che certi Prometei
girano con l’elmetto da pompiere
e gioiscono dei loro nipotini.
Scrivendo questi versi
mi chiedo
cosa in essi fra quanti anni
sembrerà ridicolo.
Ormai solo a volte
mi prende la paura.
In viaggio.
In una città straniera.
Con un muro di mattoni come tutti i muri,
una torre vecchia perché vecchia,
una buccia di intonaco sotto un cornicione sciatto
scatole d’abitazione di nuovi quartieri,
nulla,
un alberello impotente.
Cosa avrebbe fatto qui
quel signore sensibile,
quell’amatore, quell’intenditore.
Dio di gesso, abbi pietà.
Sospira, classico,
col tuo busto in serie.
Ormai solo a volte
in una città, una delle tante.
In una stanza d’albergo
con vista sulla grondaia
e il grido da neonato
d’un gatto sotto le stelle.
In una città dove c’è molta gente,
più che su brocche,
tazze, piattini, paraventi.
In una città di cui so
questa sola cosa,
che non è Kyoto,
di certo non è Kyoto.

(da Uno spasso, 1967 - Traduzione di Pietro Marchesani)

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Sull’aneddoto del “signore sensibile” e amante delle antichità che al tavolo delle conferenze muta il destino di milioni di persone facendo in modo che a essere distrutta dalla bomba atomica sia Hiroshima e non Kyoto, salvandola per la sua bellezza, la poetessa polacca Wisława Szymborska imbastisce una poesia-riflessione sul quotidiano, sull’eterno presente in cui siamo immersi.

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EDWARD HOPPER "FINESTRA DI UN HOTEL"

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LA FRASE DEL GIORNO
Anche un semplice buongiorno  / scambiato con un pesce, / àncora alla vita  / te, il pesce, chiunque.
WISŁAWA SZYMBORSKA, Appello allo yeti




Wisława Szymborska (Kórnik, 2 luglio 1923 – Cracovia, 1º febbraio 2012), poetessa e saggista polacca, insignita del Premio Nobel per la Letteratura nel 1996 “per una poesia che, con ironica precisione, permette al contesto storico e biologico di venire alla luce in frammenti d'umana realtà”.


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