JOHN DONNE
NOTTURNO NEL GIORNO DI SANTA LUCIA,
IL GIORNO PIÙ BREVE DELL’ANNO
È la mezzanotte dell'anno.
È la mezzanotte del giorno di Lucia,
per sette ore a stento si disvela.
Il sole è sfinito e dalle sue fiasche
non raggi costanti, ma deboli bagliori
ora manda.
La linfa del mondo tutta fu assorbita.
Bevve la terra idropica l'universale balsamo.
Morta e interrata la vita si è ritratta,
là, ai piedi del letto, quasi. Eppure,
tutto ciò non par che un riso
rispetto a me che sono il suo epitaffio.
E allora studiatemi, voi che sarete amanti
in un altro mondo, in un'altra primavera,
perché io sono ogni cosa morta
che nuova alchimia d'amore ha trasmutato.
Perché anche dal nulla la sua arte
ha distillato una quintessenza,
da opaca privazione, da povera vuotezza.
Annichilato, ora rinasco
dall'assenza, dal buio, dalla morte,
cose che non sono.
Da ogni cosa, ogni altro prende ciò che è bene,
vita, anima, forma, spirito, ne trae esistenza.
Dall'alambicco dell'amore così fatto,
sono la tomba io, di tutto quel che è nulla. Spesso
fu un diluvio il nostro pianto,
ne sommergemmo il mondo. Noi due. E spesso
siamo mutati sino a essere due caos
quando parve che d'altro ci curassimo. E spesso
l'assenza ci privò dell'anima. Fece di noi carcasse.
Ma per la sua morte (parola che le fa torto)
del primigenio nulla un elisir son fatto.
Se fossi un uomo, che sono uno
dovrei di necessità saperlo. Seguirei,
se fossi un animale, un fine, un mezzo.
Le stesse piante, le stesse pietre
odiano, amano; e tutto, tutto possiede
una proprietà.
Se fossi un qualunque nulla,
come lo è un'ombra, vi dovrebbe pur essere
una luce, un corpo.
Ma io sono il Nulla; il mio sole non si rinnoverà.
E voi amanti, voi per cui il sole minore
è trascorso ora in Capricorno
per prendere nuova passione, e a voi donarla,
godete intera la vostra estate perché lei gode
la festa della sua lunga notte.
Io a lei mi disporrò e chiamerò quest'ora
la sua vigilia, la sua veglia,
in questa profonda mezzanotte
del giorno e dell'anno.
(A nocturnal upon St. Lucy’s day, being the shortest day of the year, da Canzoni e sonetti, 1633 – Traduzione di Rosa Tavelli))
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Il buio e la luce, in perenne contrasto, risaltano soprattutto il giorno del solstizio d’inverno, quando il sole raggiunge la sua declinazione massima più lontana dalla terra nell’emisfero boreale. Il poeta inglese John Donne in questo suo Notturno scritto nel 1611 dopo che la moglie Anne More diede alle luce un bimbo morto, coniuga con pensiero sofferente amore e morte in consonanza con la luce e il buio del giorno tradizionalmente più corto dell’anno – secondo il calendario giuliano, in vigore fino al 1582 e ancora rimasto nel proverbio su Santa Lucia. Il calendario gregoriano, per superare il disallineamento dell’anno civile con quello ecclesiastico, aggiunse dieci giorni, passando dal 4 ottobre direttamente al 15 ottobre del 1582, facendo slittare in avanti dunque anche il giorno del solstizio.
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FOTOGRAFIA © EWAN TOWNHEAD.
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LA FRASE DEL GIORNO
Perché l'amor controlla amor d'ogni altra vista / E fa di una stanzetta un universo.
JOHN DONNE, Canzoni e sonetti
John Donne (Londra, 22 gennaio 1572 – 31 marzo 1631), poeta, religioso e saggista inglese, avvocato e chierico della Chiesa d'Inghilterra. Scrisse sermoni e poemi di carattere religioso, traduzioni latine, epigrammi, elegie, canzoni, sonetti e satire. Considerato come il rappresentante inglese del concettismo durante il Siglo de Oro, incarnò la reazione all’uniformità dell’epoca elisabettiana e l’apertura al barocco.
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