JAKOB HARINGER
RITRATTO
Ma io non so scrivere che i miei poveri versi,
non ho l’estro per drammi e romanzi,
la vita trova spazio anche in otto righe –
e scribacchiare volumi mi sembra una follia.
Perché comprimere il dolore in atti?
La piccola felicità riesce più bella in un piccolo canto –
noi comunque dimentichiamo sempre tutto,
e quel che ieri ci esaltava, oggi appassisce;
così voglio restare un piccolo nessuno
e mai la mia anima godrà spensierata ed eccessiva:
io non so scrivere che i miei poveri versi,
essi mi vogliono eternamente estraneo, orfano.
Nessuno sa come addolori questo sanguinare
ed è bene che nessuno mi riconosca.
Nel fondo della notte brucio il mio cuore come la candela,
perché non vidi stella in terra.
Così mi piace restare un piccolo nessuno,
anche se meglio di voi conosco forse la vita.
Io non so scrivere che i miei poveri versi –
grande cuore su piccolo foglio.
(da Poesia, 356 - Febbraio 2020 - Traduzione di Gio Batta Bucciol)
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Vagabondo per posa e necessità, il poeta tedesco Jakob Haringer, nato espressionista e tramutatosi in qualcosa a metà tra il crepuscolare e il poeta maledetto, non a caso definito da Bonaventura Tecchi “un piccolo François Villon in pantofole, un Corazzini con un giubbetto di pelle di lupo”, oscilla tra realismo e intimità, tra umiltà e sogno. Questo è il suo autoritratto in versi, la sua rivendicazione di essere poeta magari misconosciuto ma comunque capace di interpretare il mistero della vita.
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ILLUSTRAZIONE DI CHRISTIAN SCHLOE
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LA FRASE DEL GIORNO
Sognare è la mia preghiera, pregare è il mio sogno.
JAKOB HARINGER
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