DINO BUZZATI
APRILE 1945
Ecco, la guerra è finita. Si è fatto silenzio sull’Europa. E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi. Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle. Come siamo felici. A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia, nessuno era più capace di andare avanti a parlare. Che da stasera la gente ricominci a essere buona? Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi, ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate. Felicità su tutto il mondo è pace! Infatti quante cose orribili passate per sempre. Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più cosi immobili e nere. Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali, Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni. Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso, e sentirle perennemente nell'aria, notte e dì, capricciose tiranne. Non più, non più, ecco tutto; Dio come siamo felici. E non avremo più gli anni di ieri, non incespicheremo più per le scale col batticuore insorgente, non fisseremo più le altre facce, tacendo al fioco lume, tra gli stillicidi di salnitro, in attesa del colpo, ambigue parole di ufficiali in coperta non ci daranno più l’orgasmo, per tutta la restante vita non sirene, né detonazioni, né fughe, né notti insonni di paura. Addio dunque per sempre. Ricominciamo, o amici, a dormire senza soprassalti, a dire “domani”, a dimenticare la morte. Ecco tutto. Ieri, ancora eravamo giovani, bene o male pronti alla sorte, da stasera non più. Buon riposo, pane bianco, ristoranti illuminati sul golfo, eccetera, dolci cose di un tempo andato, e sia pure!, ma una fossa nera ci separa, e qui abbiamo lasciato la vita. Giovani fino a ieri, da stasera vecchi e prudenti, e lo dovevamo sapere, ce lo potevamo aspettare, idioti che non siamo altro. Che felicità, vero? Ma perché queste facce? Perché non ridete dunque? Fate il vostro dovere.
(da In quel preciso momento, Neri Pozza, 1950)
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C’è questo brano di Dino Buzzati che gira in rete, mutilato dopo il “Dio come siamo felici”, arbitrariamente separato in versi e spacciato per una sua poesia. In realtà è un brano di diario che testimonia quei giorni di aprile del 1945 che portarono alla Liberazione dell’Italia, che si celebra oggi, alla fine di Mussolini, alla caduta di Hitler e alla resa della Germania. È la fotografia di un momento storico e celebra quel senso di libertà che tutti quanti provarono quel 25 aprile, tra “spari di gioia per le vie e finestre accese a sterminio” dopo i lunghissimi anni dell’oscuramento e del timore che i bombardieri venissero a lanciare il loro carico sulle città. Ma Buzzati pensa anche al futuro – una situazione che, molto più in piccolo è la nostra di adesso, con il Covid-19 e i timori per l’avvenire economico: la guerra è finita, dice lo scrittore bellunese, che allora ha 39 anni, ed è stata uno spartiacque tra la gioventù e l’età adulta.
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LA FRASE DEL GIORNO
Cessati l'assalto al potere e la smania del predominio, si vide che dovunque si stabilivano automaticamente la giustizia e la pace.
DINO BUZZATI, Il colombre e altri racconti
Dino Buzzati, all'anagrafe Dino Buzzati Traverso (San Pellegrino di Belluno, 16 ottobre 1906 – Milano, 28 gennaio 1972), scrittore, giornalista, pittore, drammaturgo e poeta italiano. Fu cronista e redattore del Corriere della Sera. Autore di un grande numero di romanzi e racconti surreali e realistico-magici, è celebre per il suo romanzo Il deserto dei Tartari.
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