giovedì 11 luglio 2019

Quelle notti dell’anima


EMILY DICKINSON

CI ABITUIAMO AL BUIO

Ci abituiamo al buio -
quando la Luce è spenta; -
dopo che la vicina ha retto il lume
che è testimone del suo addio,

per un momento ci muoviamo incerti
perché la notte ci rimane nuova,
ma poi la vista si adatta alla tenebra
e affrontiamo la strada a testa alta.

Così avviene per tenebre più vaste -
quelle notti dell’anima
in cui nessuna luna ci fa segno,
nessuna stella interiore si mostra.

Anche il più coraggioso prima brancola
un po’, talvolta urta contro un albero,
ci batte proprio la fronte;
ma imparando a vedere,

o si altera la tenebra
o in qualche modo si abitua la vista
alla notte profonda,
e la vita cammina quasi dritta.


(da Poesie, Cya, 1947 – Traduzione di Margherita Guidacci)

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Una poesia allegorica di Emily Dickinson: il buio, non solo quello reale, in cui a poco a poco ci abituiamo all’assenza di luce e ci lasciamo guidare dai minimi chiarori adattando la vista, ma anche e soprattutto le notti dell’anima, i momenti di tristezza e di sconforto dai quali siamo in grado comunque di emergere, proprio come chi nell’oscurità passo dopo passo ricomincia a percepire gli oggetti intorno a sé.
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FOTOGRAFIA ()) ACTIVE RAIN

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LA FRASE DEL GIORNO
Ti vedo meglio al buio, / non mi occorre altra luce: / l'amore è per me un prisma / che supera il violetto.
EMILY DICKINSON, Poesie




Emily Elizabeth Dickinson (Amherst, Massachusetts, 10 dicembre 1830 –15 maggio 1886), poetessa statunitense, è considerata tra i migliori lirici del XIX secolo. La sua vita fu priva di eventi esteriori: dopo i trent'anni scelse un volontario isolamento nella casa paterna. La sua poesia spazia dalle piccole cose della vita quotidiana – la natura, le stagioni – ai grandi temi dell’anima innestati sul tema della solitudine.

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