mercoledì 25 giugno 2008

La lunga infanzia



L'ozio rende lente le ore e veloci gli anni. L'operosità rapide le ore e lenti gli anni. L'infanzia è la massima operosità perché occupata a scoprire il mondo e svariarselo.
Gli anni diventano lunghi nel ricordo se ripensandoci troviamo in essi molti fatti da distendervi la fantasia. Per questo l'infanzia appare lunghissima. Probabilmente ogni epoca della vita si moltiplica nelle successive riflessioni delle altre: la più corta è la vecchiaia perché non sarà più ripensata.
Ogni cosa che ci è accaduta è una ricchezza inesauribile: ogni ritorno a lei l'accresce e l'allarga, la dota di rapporti e l'approfondisce. L'infanzia non è soltanto l'infanzia vissuta, ma l'idea che ce ne facemmo nella giovinezza, nella maturità, ecc. Per questo appare l'epoca più importante: perché è la più arricchita dai ripensamenti successivi.
Gli anni sono un'unità del ricordo; le ore e i giorni, dell'esperienza.

CESARE PAVESE, Il mestiere di vivere, 10 dicembre 1938


L'infanzia forse ci permane tanto nel ricordo perché è il periodo delle scoperte, ha ragione Pavese: è un tempo che si trasforma in una lunga avventura, un'illusione continua paragonabile ad un gioco senza fine.

Per questo, ricordo precisamente il giardino della mia infanzia: potrei disegnare con facilità la disposizione delle piante, il noce, il tiglio, il corbezzolo, la grande magnolia dai fiori bianchi che sembravano fatti di cera, l'araucaria spinosa... Solo quella è rimasta, ma cresciuta in altezza, più che raddoppiata. Potrei indicare i luoghi preferiti, il posto dove con Simonetta mi rintanavo a giocare, la porta fittizia che con Alessandro avevamo scelto come campo di pallone... Potrei entrarvi, chiudere gli occhi e sentire le voci di quei bambini...

Da piccoli si dice "quando sarò grande", si fanno congetture, si favoleggia su quell'età adulta che tanto si agogna senza renderci conto che la vera età dell'oro è quella che stiamo vivendo e che rimpiangeremo per sempre come un Paradiso perduto.


Spencer Coleman, "Bottoms up!"



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LA FRASE DEL GIORNO
L'amore non è fatto di forme, o di parole, è una condizione. Dovrebbe essere come una forza che si irradia.
BANANA YOSHIMOTO, Amrita




Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo, 9 settembre 1908 – Torino, 27 agosto 1950), scrittore, poeta, traduttore, saggista e critico letterario italiano. Nato poeta con Lavorare stanca, si è poi dedicato alla narrativa scrivendo romanzi famosissimi: Paesi tuoi, La luna e i falò, La casa in collina. I suoi temi principali sono il mito e la terra.


4 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

L'infanzia ha mille colori e non intravede davanti a sè alcun confine: l'ingenuità dell'essere e del vivere possiede bagliori d'infinito... che purtroppo si disperdono, archiviati alle nostre spalle, man mano che proseguiamo il cammino...

(E mi ritorna istintivo il confronto con il fanciullino pascoliano, di cui scrivevamo qualche giorno fa...)

DR ha detto...

Inconsciamente credo sia rimasto qualcosa di quel discorso pascoliano.

Leggevo, per altri motivi, "Il mestiere di vivere" e vi ho trovato quella frase. L'idea del post è venuta subito, forse quello è stato l'input, chi lo sa?

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

e chi lo sa...!
Probabilmente, inconsciamente, entrambi vorremmo poter far vivere davvero quel fanciullino - non soltanto farlo abitare nel profondo di noi stessi... poi ne "surroghiamo l'intento" dialogandone - ed erigendo mille palazzi di parole, per appoggiarvi almeno il sogno, pur continuando a vivere la realtà!

DR ha detto...

Il sogno è il nostro paradiso, non ancora perduto. È l'Eden in cui ci rifugiamo, valvola di sfogo dal quotidiano.