"Come parleremo e scriveremo nel Duemila?" si chiedeva il linguista Luciano Satta sulla "Nazione" dell'8 settembre 1962. Sono trascorsi oltre quarantacinque anni e abbiamo omai superato la linea del millennio. Vediamo se il grammatico è stato profeta.
"Non si userà quasi più il congiuntivo, confinato nelle proposizioni ipotetiche dell'irrealtà" - In effetti il suo uso è molto diminuito, ma, grazie a Dio, ancora resiste.
"Avrà trionfato gli al plurale come regime indiretto della terza persona, in luogo di loro" - Non c'è dubbio, previsione azzeccata: loro è usato solo da una isolata congrega di colti e nel parlare quotidiano è definitivamente scomparso. Quanto a gli (maschile) usato al posto di le (femminile) al singolare, è diffusissimo, ma resta comunque un errore, seppur testimoniato in Carducci, Boccaccio e Cassola.
"Ci sarà maggiore libertà nella declinazione del pronome relativo" - Forse sì, ma chi dice "il libro che ti ho parlato" passa ancora da analfabeta.
"Si diffonderà il vezzo romano di far seguire l'indicativo ai verbi di dubbio, incertezza, probabilità" - Ebbene sì, grazie all'espansione del mezzo televisivo romanocentrico: "Credo che può bastare", sembra di sentir parlare Luca Giurato.
"Aumenteranno anche le parole composte" - Non era difficile prevederlo, visto il progressivo diffondersi delle tecnologie: tele-fonino, spara-chiodi, video-registratore, tele-conferenza.
"Nell'ortografia sembra si vada verso un notevole - e utile - incremento dell'accentazione" - Qui il linguista-profeta cade: gli "àceri" di Montale e il "bàttito" di Gadda restano nelle loro pagine; gli italiani sembrano in grado di leggere anche senza accenti, sebbene spesso cadano in ridicole pronunce. Del resto i termini medici derivati dal greco lasciano varie possibilità: da "diùresi" a "diurèsi", secondo la moda del momento.
Satta concludeva: "La lingua italiana va avanti senza passi sconsiderati, e la vigilanza attenta dei linguisti potrà ancora condurla per mano lungo la via giusta. Bisognerà essere caso per caso più rigorosi o più tolleranti, impiantare la grammatica su più solide norme, rinvigorire e rinverdire i dizionari. Soprattutto bisognerà montare la guardia diuturnamente contro i neologismi insulsi e i barbarismi".
Questa, rimasta nella penna o nella tastiera della sua macchina per scrivere, è la profezia mancata: leggere un articolo di giornale o seguire un programma televisivo senza udire inutili termini anglosassoni oggi è impossibile. Cito a caso da un quotidiano: made in China, online, web, ok, privacy, news, boom. E non è che la prima pagina. La lingua italiana non è mutata dal 1962, ha subito un "restyling"...
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LA FRASE DEL GIORNO
Non possiamo cambiare noi stessi. Ma siamo tanto più forti quanto più diciamo sì alla vita, quanto più ci troviamo d'accordo nel nostro intimo con ciò che ci accade al di fuori.
HERMANN HESSE, Lettera alla signorina G. D., 21 luglio 1930
3 commenti:
Hesse: Amor fati.
Più cristiano o più nicciano?
Quello di Hesse è un cristianesimo mistico, non ecclesiastico. La sua spiritualità deriva dalla filosofia e dalla morale. È visione di una sapienza globale che come Dio è molteplice e una. In questa dimensione vedrei il consiglio dato alla signorina G. D., studentessa di filosofia. Nietzsche certo ha la sua parte nell'influenzare Hesse. "Io credo nell'uomo" scrisse Hesse per indicare il suo credo nell'umanità e non in una religione particolare, pur restando nell'ambito del cristianesimo.
Tutto vero, e c'è un errore commesso continuamente che proprio non mi va giù : un apostrofato al maschile...
pure da poeti!
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