Il disco in vinile a 33 giri, noto anche come “long playing” o LP compie sessant’anni: fu presentato al pubblico dalla Columbia Records il 21 giugno 1948 all’Hotel Waldorf Astoria di New York. Il presidente della casa discografica Ted Wallerstein dimostrò la “lunga durata” da cui il disco in vinile prese il nome con un discorso di ventiquattro minuti, iniziato e terminato in coincidenza con la musica incisa, ovvero la Suite dello Schiaccianoci di Ciajkovskij. Anche gli scettici dovettero ricredersi e l’applauso segnò la nascita di un oggetto tecnologico che avrebbe rivoluzionato il modo di ascoltare la musica.
Un punto di forza dei “long playing” è la copertina, spesso diventata un capolavoro di arte moderna: la banana di Andy Wahrol per “The Velvet Underground” dell’omonimo gruppo nel 1966, o il fenicottero rosa di Christopher Cross. Spesso venivano usate come poster. Il difetto invece sono i graffi cui vanno soggetti i microsolchi: già dopo pochi ascolti si rovinano irrimediabilmente causando lo sgradevole suono simile a un friggere d’olio.
Così nel 1982, quando apparvero i primi compact disc perfetti e puliti con la loro tecnologia laser e facilmente impilabili per le loro ridotte dimensioni, iniziò il declino degli LP. Anche poter passare da una traccia all’altra senza bisogno di una ricerca meccanica, sollevando il braccio del giradischi o addirittura voltando il disco, sancì la supremazia del CD.
Così nel 1982, quando apparvero i primi compact disc perfetti e puliti con la loro tecnologia laser e facilmente impilabili per le loro ridotte dimensioni, iniziò il declino degli LP. Anche poter passare da una traccia all’altra senza bisogno di una ricerca meccanica, sollevando il braccio del giradischi o addirittura voltando il disco, sancì la supremazia del CD.
Il 33 giri compie 60 anni ed è ormai un prodotto di nicchia, un vintage per chi non si rassegna al progresso e ritiene che la sonorità dell’adorato “long playing” sia più calda dell’incisione digitale.
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LA FRASE DEL GIORNO
Nella notte del senso, nella solitudine del vivente, la poesia è l’ultimo soffio vitale che resiste.
ANTONIO PRETE, Trattato della lontananza
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