VITTORIO SERENI
FINESTRA
Di colpo – osservi – è venuta,
è venuta di colpo la primavera
che si aspettava da anni.
Ti guardo offerta a quel verde
al vivo alito al vento,
ad altro che ignoro e pavento
– e sto nascosto –
e toccasse il mio cuore ne morrei.
Ma lo so troppo bene se sul grido
dei viali mi sporgo,
troppo dal verde dissimile io
che sui terrazzi un vivo alito muove,
dall’incredibile grillo che quest’anno
spunta a sera tra i tetti di città
– e chiuso sto in me, fasciato di ribrezzo.
Pure, un giorno è bastato.
In quante per una che venne
si sono mosse le nuvole
che strette corrono strette sul verde,
spengono canto e domani
e torvo vogliono il nostro cielo.
Dillo tu allora se ancora lo sai
che sempre sono il tuo canto,
il vivo alito, il tuo
verde perenne, la voce che amò e cantò –
che in gara ora, l’ascolti?
scova sui tetti quel po’ di primavera
e cerca e tenta e ancora si rassegna.
(da Gli strumenti umani, Einaudi, 1965)
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C’è nella poetica di Vittorio Sereni una predilezione per i mesi più freddi e decadenti dell’anno, oltre che per il suo lago Maggiore: invece la primavera che irrompe da una finestra milanese incute al suo cuore – altrove diviso da una “campagna che annotta e si sfa / o strido che sgretola l’aria” – il timore della stagione della rinascita, della speranza, delle premesse per il futuro che però in lui, come nell’Eliot che canta “Aprile è il mese più crudele, genera lillà da terra morta”, suscita cupi pensieri.
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ANNA ROSE BAIN, "UNA PORTA APERTA A MILANO"
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LA FRASE DEL GIORNO
Sul lago le vele facevano un bianco e compatto poema / ma pari più non gli era il mio respiro / e non era più un lago ma un attonito / specchio di me una lacuna del cuore.
VITTORIO SERENI, Frontiera
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