CARLO BETOCCHI
DIARIETTO INVECCHIANDO, VII
Tu, poesia, come serpe in letargo
tardi a destarti, quando siamo vecchi,
e non si sa se son sogni le gemme
che invece ributtano dal cuore secco,
e non si sa se anche questo non sia
già come l’ombra di un ramo fiorito:
o tu che fai compagnia all’età
che s’attarda e s’arrotola
freddolosa e incredula,
e che in desiderio e spavento
sei sempre più sola, poesia e patimento.
(da L’estate di San Martino, Mondadori, 1961)
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La poesia di Carlo Betocchi sorge sovente dal contrasto tra il bene e il male, tra la contemplazione di un mondo ultraterreno in cui lo spirito si innalza e la realtà del vivere quotidiano. In questa lacerazione egli vive tendendo come un mistico a una sorta di armonia religiosa. Questa dunque è la poesia cui si appella invecchiando, in bilico tra una grazia sensibile e una dolorosa intensità.
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DIPINTO DI ISTVAN SÀNDORFI
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LA FRASE DEL GIORNO
La mia anima, dentro, è come / un nòcciolo di pesca, la mia vita / niente di più, senza polpa, rugosa.
CARLO BETOCCHI, L’estate di San Martino
Carlo Betocchi (Torino, 23 gennaio 1899 – Bordighera, 25 maggio 1986, poeta e scrittore italiano. Fra i poeti ermetici è considerato una sorta di guida morale. Tuttavia, contrariamente a loro, fondava le sue poesie non su procedimenti analogici che evocano significati, ma su un linguaggio diretto, sul realismo e sulla tensione morale.
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