GUIDO GOZZANO
SPERANZA
Il gigantesco rovere abbattuto
l’intero inverno giacque sulla zolla,
mostrando in cerchi, nelle sue midolla
i centonovant’anni che ha vissuto.
Ma poi che Primavera ogni corolla
dischiuse con le mani di velluto,
dai monchi nodi qua e là rampolla
e sogna ancora d’essere fronzuto.
Rampolla e sogna − immemore di scuri −
l’eterna volta cerula e serena
e gli ospiti canori e i frutti e l’ire
aquilonari e i secoli futuri...
Non so perché mi faccia tanta pena
quel moribondo che non vuol morire!
(da La via del rifugio, 1907)
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“Non so perché mi faccia tanta pena / quel moribondo che non vuol morire” dice Guido Gozzano, ma in realtà lo sa bene: in quella vecchissima quercia abbattuta che ora prova comunque a risvegliarsi nei tepori di primavera rivede se stesso, vede il suo destino di malato di tisi. L’illusione di verde e di vita della quercia, che sogna i nidi e il vento, le ghiande e il futuro, è l’illusione di vita che anch’egli prova: “Io penso talvolta che vita, che vita sarebbe la mia, / se già la Signora vestita di nulla non fosse per via. / Io penso talvolta...”
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JOSEPH THORS, “A FALLEN OAK IN A LANDSCAPE”
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LA FRASE DEL GIORNO
Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v'è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni.
GIACOMO LEOPARDI, Zibaldone
Guido Gustavo Gozzano (Torino, 19 dicembre 1883 – 9 agosto 1916), poeta italiano, fu il capostipite della corrente letteraria post-decadente del crepuscolarismo. Inizialmente si dedicò alla poesia nell'emulazione di D'Annunzio e del suo mito del dandy. Successivamente, la scoperta delle liriche di Giovanni Pascoli lo avvicinò alla cerchia di poeti intimisti, accomunati dall'attenzione per "le buone cose di pessimo gusto". Morì di tisi a 32 anni.
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