JORGE LUIS BORGES
AMOROSO AUSPICIO
Né l’intima grazia della tua fronte luminosa come una festa
né il favore del tuo corpo tuttora arcano e tacito e fanciullesco,
né l’alternarsi delle tue vicende in parole o in silenzi
saranno offerta così misteriosa
come rimirare il tuo sonno coinvolto
nella veglia delle mie braccia.
Di nuovo miracolosamente vergine per la virtù assolutoria del sonno,
serena e splendente come fausto ricordo trascelto,
mi offrirai quella sponda della tua vita che tu stessa non possiedi.
Proiettato nella quiete,
scorgerò quella riva estrema del tuo essere
e ti vedrò forse per la prima volta
quale Iddio deve ravvisarti,
annullata la finzione del Tempo,
senza l’amore, senza di me.
(da Luna di fronte, 1925 - Traduzione di Umberto Cianciolo)
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Guardare l’amata (l’amato) che dorme è forse la più grande delle intimità: si coglie l’altro indifeso, lo si segue sognare, abbandonato in un territorio arcano e remoto, che non può appartenerci neppure in minima parte. È un tema che ricorre spesso in poesia e nell’arte: penso subito alla Dormiente di Edgar Allan Poe o a quella di Paul Valéry e alle donne addormentate ritratte da Tamara de Lempicka. Così il poeta argentino Jorge Luis Borges (1899-1986), appassionato cultore dei sogni, si iscrive al club di quanti riescono a trovare nel sonno dell’amata qualcosa che va oltre il visibile.
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TAMARA DE LEMPICKA, “DONNA CHE DORME”
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LA FRASE DEL GIORNO
I nostri sogni mostrano l’agilità e la perfezione proprie delle facoltà della mente quando sono sganciate dal corpo.
JOSEPH ADDISON, Sui sogni
Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.
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