OCTAVIO PAZ
L’ASSETATO
Per trovarmi, Poesia,
mi cercai in te:
stella d’acqua che si sfalda,
l’essere mio s’annegò.
Per cercarti, Poesia,
feci naufragio in me.
Poi presi a cercarti, per
fuggire da me:
oh quel folto di riflessi
in cui mi perdei!
E quando feci ritorno
quello che trovai fu
lo stesso volto perduto
nella stessa nudità,
le stesse acque specchianti
alle quali non berrò
e alle sponde dello specchio
me stesso morto di sete.
(El sediento, da Libertà sulla parola, 1958 - Traduzione di Francesco Tentori Montalto)
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“In mutamento perenne, la poesia non avanza” scrisse il Premio Nobel messicano Octavio Paz. È un buono spunto di lettura per questi suoi versi: il poeta come un esploratore che circumnaviga se stesso, che gira intorno alla parola trovandosi e perdendosi, riconoscendo qua e là un barbaglio di verità per poi di nuovo naufragare: “L’attività poetica nasce dalla disperazione di fronte all’impotenza della parola e termina nel riconoscimento dell’onnipotenza del silenzio”.
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MIHAI ADRIAN RACEANU, “CASTAWAY FROM MEMORIES”
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LA FRASE DEL GIORNO
È il poema a dire noi.
OCTAVIO PAZ, Ritorno
Octavio Irineo Paz Lozano (Città del Messico, 31 marzo 1914 – 20 aprile 1998), poeta, scrittore, saggista e diplomatico messicano, premio Nobel per la letteratura nel 1990. La sua poesia è fatta di sperimentazione e anticonformismo, un continuo mettersi in discussione del linguaggio, “lotta continua contro la significazione”.
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