EUGENIO MONTALE
VALMORBIA, DISCORREVANO IL TUO FONDO
Valmorbia, discorrevano il tuo fondo
fioriti nuvoli di piante agli àsoli.
Nasceva in noi, volti dal cieco caso,
oblio del mondo.
Tacevano gli spari, nel grembo solitario
non dava suono che il Leno roco.
Sbocciava un razzo su lo stelo, fioco
lacrimava nell'aria.
Le notti chiare erano tutte un'alba
e portavano volpi alla mia grotta.
Valmorbia, un nome e ora nella scialba
memoria, terra dove non annotta.
(da Ossi di seppia, 1925)
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Eugenio Montale (1896-1981) fu riformato quattro volte prima di essere arruolato – quando la disperazione e i troppi morti pesavano sugli alti comandi – nel settembre del 1917. Terminato il corso e nominato sottotenente di fanteria, nel gennaio 1918 chiede di essere inviato al fronte in Vallarsa ed è ufficiale di comando in un posto avanzato presso il forte di Valmorbia, in un’aspra valle tra il Carega e il Pasubio in cui scorre il torrente Leno. Questa, tra l’altro rimasticata dal passare di qualche anno, è una delle pochissime testimonianze di guerra lasciate dal Premio Nobel. Un’atmosfera quasi sospesa, fuori dal mondo, dove la guerra è solo il vago accenno a quel razzo fiorito nel buio: “Per me i ricordi più indimenticabili sono quelli di certe notti, nella buona stagione, che passavo sdraiato sull’ingresso della mia grotta. Con la luna sembrava che la valle salpasse” disse il poeta in un’intervista del 1968. Del resto, “era come un sogno, un grande sogno in cui tutto poteva accadere. Io avanzavo come un sonnambulo”.
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FORTE POZZACCHIO/WERK VALMORBIA – FOTOGRAFIA © TRENTINO
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LA FRASE DEL GIORNO
Voi, mie parole, tradite invano il morso / secreto, il vento nel cuore soffia. / La più vera ragione è di chi tace.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia
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