JORGE LUIS BORGES
ELOGIO DELL’OMBRA
La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l’animale è morto o è quasi morto.
rimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritorno.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.
(Elogio de la sombra, da Elogio dell’ombra, 1969 – Traduzione di Livio Bacchi Wilcock)
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“Agli specchi, ai labirinti e alle spade che prevede il mio rassegnato lettore si sono aggiunti due temi nuovi: la vecchiaia e l'etica”: Jorge Luis Borges (1899-1986) presentava così Elogio dell’ombra. Dal principio degli Anni ‘60 al termine della sua vita ebbe problemi di vista, che nonostante svariati interventi chirurgici, lo condussero alla cecità. Eppure, in quest’ombra, in questo buio calato sulla sua vita, riesce a trovare la strada del sogno e della più fervida immaginazione, la luce del ricordo è in grado di forare l’oscurità, il chiarore dell’io si fa largo con tutta la sua lucidità.
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ENRIQUE LEMUS, “PORTRAIT OF A BORGES’S DREAM”
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LA FRASE DEL GIORNO
Son cieco e niente so, ma intuisco / Che molte sono le strade.
JORGE LUIS BORGES, La rosa profonda
Jorge Francisco Isidoro Luis Borges Acevedo (Buenos Aires, 24 agosto 1899 – Ginevra, 14 giugno 1986), scrittore, poeta, saggista, traduttore e accademico argentino. Creatore di un genere oggi designato “borgesiano”, a definire una concezione della vita come storia, come finzione, come opera contraffatta spacciata per veritiera, come fantasia o come reinvenzione della realtà.
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