EUGENIO MONTALE
A GALLA
Chiari mattini,
quando l'azzurro è inganno che non illude,
crescere immenso di vita,
fiumana che non ha ripe né sfocio
e va per sempre,
e sta - infinitamente.
Sono allora i rumori delle strade
l'incrinatura nel vetro
o la pietra che cade
nello specchio del lago e lo corrùga.
E il vocìo dei ragazzi
e il chiacchiericcio liquido dei passeri
che tra le gronde svolano
sono tralicci d'oro
su un fondo vivo di cobalto,
effimeri...
Ecco, è perduto nella rete di echi,
nel soffio di pruina
che discende sugli alberi sfoltiti
e ne deriva un murmure
d'irrequieta marina,
tu quasi vorresti, e ne tremi,
intento cuore disfarti,
non pulsar più! Ma sempre che lo invochi,
più netto batti come
orologio traudito in una stanza
d'albergo al primo rompere dell'aurora.
E senti allora,
se pure ti ripetono che puoi
fermarti a mezza via o in alto mare,
che non c'è sosta per noi,
ma strada, ancora strada,
e che il cammino è sempre da ricominciare.
(da Poesie disperse, in Tutte le poesie, Mondadori, 2004)
È una delle prime poesie di Eugenio Montale (1896-1981), questa: datata 1919, scritta mentre è allievo ufficiale al 158º Reggimento di Fanteria Liguria, presenta già tutti gli stilemi montaliani. La mattina diventa un universo liquido nel quale il poeta è immerso, anzi meglio galleggia mentre tutto intorno trascorre la vita, quella “vita che dà barlumi, / è quella sola che tu scorgi” delle Occasioni. Non è però consentito rimanere nel momento, sostare nel carpe diem: l’inquietudine ci spinge continuamente, ci sprona a riprendere il viaggio, a ricominciare.
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KEIKO TANABE, “LAGO MAGGIORE, ITALY, VI”
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LA FRASE DEL GIORNO
E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meravigli / com’è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
EUGENIO MONTALE, Ossi di seppia
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