ALBERTO BEVILACQUA
L’ADDIO
Addio. Ti abbraccio perché non ti vedo
che a tentoni, accecato
dai tuoi stessi occhi in me conficcati
per cui non so
se sia mio o tuo questo piangere:
amati giorni
che non ci hanno ricambiato l’amore
e sono
una frattura indicibile: i denti
stringono un grido, il pugno
anche più forte stringe
l’indimenticabile carezza che ti davo
come una moneta scaduta
…per un amore così breve perché,
mio Dio,
questa notte eterna e il filo che traluce
sulla remota ferrovia d’illuminati
treni che ormai corrono nel nulla?
(da Poesie d’amore, Mondadori, 1996)
.
Le poesie di Alberto Bevilacqua hanno sempre un sottofondo carnale, di desiderio puro. In questo caso i versi si tingono anche di una sottile amarezza, quella di un amore che, come succede, finisce. E quella “notte eterna” riporta alla memoria quell’altra notte del Carme V di Catullo: “I giorni che muoiono possono tornare, / ma se questa nostra breve luce muore / noi dormiremo un'unica notte senza fine”. Rimane il sapore di quel buio, alla fine, di quel “nulla” che chiude la poesia.
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MICHAEL ALDOSHIN, “FAREWELL AT STATION TRAIN”
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LA FRASE DEL GIORNO
Amore, il gioco / – aspetta, abbi pazienza – / sta per ricominciare: nessuna / assenza, manchi solo tu, / cosa vuoi / che sia, un’inezia.
ALBERTO BEVILACQUA, Il corpo desiderato
Alberto Bevilacqua (Parma, 27 giugno 1934 - Roma, 9 settembre 2013), scrittore e regista italiano, celebre per i romanzi “La Califfa”, “Questa specie d’amore” e “Il curioso delle donne”, è stato anche sceneggiatore, giornalista e poeta. Sensualità, nostalgia e disillusione sono tra i suoi temi prediletti.
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