Ora che lentamente gli alberi si spogliano disegnando tappeti dorati sul terreno, dalle finestre di casa esposte a meridione posso scorgere l'altana di una villa signorile costruita agli inizi del Novecento o forse sul finire del secolo prima: i decori in stile liberty ne sono testimonianza.
È un'apparizione che ogni autunno mi sorprende, per poi svanire nel rigoglio di aprile, quando le foglie ornano tigli, carpini e noccioli formando una coltre verde che fa piombare nel dimenticatoio la villa. Se mi ricordo della sua esistenza, è quando vi passo davanti sulla stradina ombrosa e fresca e ne intravedo i vecchi muri oltre la cancellata arrugginita ed il lungo viale immerso nel folto giardino quasi come una cicatrice tra le piante.
Guardo quella grande casa in queste giornate d'autunno e ricordo un'altra villa signorile dove andavo a ripetizione di greco dalla giovane figlia di un medico che era stato un elemento locale di spicco del regime fascista. Mi ero sempre meravigliato di quanto giovane fosse la figlia e quanto anziano il padre: allora lei non era neppure trentenne, il genitore era sull'ottantina.
Arrivavo con la mia bicicletta, suonavo con timore al campanello ed aspettavo che mi aprissero il largo cancello, poi entravo nel piccolo giardino all'italiana, sempre ben curato: in attesa che la ragazza scendesse mi sedevo su una panchina di granito consunta dal tempo e annerita dai muschi e dai licheni, osservavo le siepi di martellina e gli altissimi pini, le magnolie che profumavano con i loro fiori bianchi e carnosi quell'ombra che sapeva di muffa.
Mi sentivo catapultato in una poesia di Gozzano: quel posto poteva essere Villa Amarena, dove la Signorina Felicita conduceva la sua esistenza nel sogno di un'attesa vana o la romantica scena dove Carlotta e Speranza a metà Ottocento parlavano rapite dei loro amori. Poteva essere la casa dove Totò Merumeni si chiudeva a lasciarsi vivere, a meditare sull'arte e a scrivere poesie...
Poi la ragazza che mi doveva dare lezioni di greco arrivava con la sua gonna svolazzante o con un vestito estivo a fiori e mi conduceva nel regno segreto, in quelle stanze che odoravano sorprendentemente di cera e di lavanda, ci accomodavamo al grande tavolo dello studio e iniziavamo a tradurre in quella lingua ostica e affascinante, soffermandoci a valutare un aoristo o un ottativo.
Adesso guardo quell'altra villa dalla finestra, una tazza di caffè nella mano e tutti i miei ricordi aggrovigliati nel cuore. Cerco di rammentare il nome di quella ragazza, ma ne rivedo solo le fattezze, il viso bello e rotondo; ne risento la voce correggermi con dolcezza, salutarmi quando inforcavo la bicicletta per ritornare a casa. Mi sento come un altro personaggio di Gozzano, il sopravvissuto che "fissa a lungo la fotografia / di quel sé stesso già così lontano: / «Sì, mi ricordo... Frivolo... mondano... / vent'anni appena... Che malinconia!...»"
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LA FRASE DEL GIORNO
Ricordi: soluzione simbiotica tra allora e adesso.
JAMES ELLROY, Corpi da reato
2 commenti:
Mi sono sentita coinvolta, ad inizio lettura, perchè anche di fronte a casa mia c'è una villa dei primi del 900 con il suo curatissimo giardino verde e fiorito - che spesso e con piacere osservo mutare i suoi magnifici colori, all'alternarsi sorprendente delle stagioni.
Poi, c'è il lato più personale del racconto - che tu hai espresso benissimo - in quell'aura magica di 'vicinanza lontana' che vive una vita propria e indissolubile, nel contesto dei ricordi.
Quante sfumature appaiono ancora vive nei loro profumi, voci, colori, se solo ci sintonizziamo sul passato! Allora, non sembra neppure che gli anni possano essere davvero trascorsi in tal numero. Eppure...
(La chiusa Gozzaniana poi, di per sé è così vera e sentita che tutti noi che possediamo gli "anta" sicuramente possiamo dire di averla condivisa, almeno una volta!)
Luciana - comoinpoesia.com
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Una disamina davvero perfetta. E ieri, quando ho scritto queste poche parole, ero in effetti il ragazzo seduto sulla panchina che aspettava la lezione di greco. Sono ringiovanito...
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