mercoledì 22 ottobre 2008

Lo strazio di Ungaretti


GIUSEPPE UNGARETTI

SAN MARTINO DEL CARSO


Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro


Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto


Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato


(da Allegria di naufragi, Vallecchi, 1919)


La poesia nasce anche dalla simmetria, dalla similitudine. È il caso di questa lirica di guerra di Giuseppe Ungaretti, scritta in zona bellica il 27 agosto 1916. Le prime due quartine sono uno specchio: la prima esprime lo strazio provocato sul mondo immateriale, mostrando le rovine delle case di San Martino del Carso bombardate o devastate dalle granate - significativo quel "brandello" che è un pezzo strappato, che sia carta, stoffa o carne, rende perfettamente l'idea della violenza. La seconda quartina descrive invece gli effetti sugli esseri umani, sui tanti che parlavano e vivevano con il poeta, che dividevano il rancio e i momenti di attesa, che si lanciavano con lui all'assalto e provavano le sue stesse emozioni, soffrivano i medesimi dolori e coltivavano le identiche speranze. Di loro neanche quei ruderi visibili sono rimasti, conclude amaramente Ungaretti.

Nei versi finali, due endecasillabi spezzati, c'è un nuovo confronto: al mondo esteriore presentato finora il poeta paragona il mondo interiore, ovvero il suo animo. In esso ritrova i volti e le parole di coloro che sono caduti e in quel cimitero che è la sua memoria li rivede tutti: il suo cuore è allora il paese più devastato dalla guerra, perché non di forme inanimate, per quanto utili e preziose come le case, è composta, ma dai sentimenti per degli esseri umani che non esistono più. Spiegava egli stesso nelle note al Porto Sepolto: "Nella mia poesia non c'è traccia d'odio per il nemico, né per nessuno: c'è la presa di coscienza della condizione umana, della fraternità degli uomini nella sofferenza, dell'estrema precarietà della loro condizione".

Per valutare quanto un poeta debba limare e tagliare e sfrondare, è utile qui riportare il finale della prima versione, pubblicata a Udine nel 1916 dallo Stabilimento Tipografico Friulano: al posto degli ultimi due versi si legge: "Innalzata / di sentinella / a che? // Sono morti / cuore malato // Perché io guardi al mio cuore / come a uno straziato paese / qualche volta". La sintesi compiuta in seguito da Ungaretti è un vero capolavoro.



Foto di pubblico dominio


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LA FRASE DEL GIORNO
Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un'altra cosa.
EMILIO LUSSU, Un anno sull'Altipiano



Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.


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