ALFONSO GATTO
VIVI
Una casa da nulla, ma ragazza alle persiane
e il meriggio era dolce di vivere,
d’aver speranze e paure.
Il meriggio era vapori che lavorano
e gli uomini del canale
che mostrano il bianco degli occhi, ma vivi.
Una casa da nulla pareti accostate
fragile ma viva,
e sera che lascia aperta la porta
e s’ode la fontanina
s’ode la lampada apparsa sulla tovaglia.
Non venga la notte, non venga la morte
degli oziosi re di pietra,
non venga la legge delle paure.
Chi vive è leggero,
è stanco in tutto il mondo.
Chi vive è senza gloria.
(da Amore della vita, 1944)
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Un rigoglioso desiderio di vita permea questa poesia di Alfonso Gatto scritta a Milano nell’inverno del 1944, mentre intorno infuriava più crudelmente la guerra con la sua “legge delle paure” e i “re di pietra” immortalati nelle statue. Eppure brilla ancora quel “credere alle cose”, quella felicità di poco nel ritrovare, come scrive lo stesso Gatto “i disperati segni del vedere, del ricordare, del connettere (…) come lumi di convivenza accesi nella notte che tornava a farsi tepida e umana”.
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FOTOGRAFIA © STEPHEN SPILLER
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LA FRASE DEL GIORNO
O sera umana di noi raccolti / uomini stanchi uomini buoni, / il nostro dolce parlare / nel mondo senza paura.
ALFONSO GATTO, Amore della vita
Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.
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