PAUL CELAN
GRATA DI PAROLE, III
Occhio tondo tra le sbarre.
Palpebra, sfarfallante animale,
voga verso l’alto,
fa passare uno sguardo.
Iride, natante, opaca e senza sogni:
sarà prossimo, il cielo, grigio-cuore.
Storta, nel beccuccio di ferro,
la scheggia fumigante.
Al senso che la luce prende
tu indovini l’anima.
(Fossi io come te. Tu come me.
Non sottostammo forse
al medesimo vento?
Siamo estranei.)
Pavimento. Sopra,
l’una accanto all’altra, le due
pozzanghere grigio-cuore:
due
bocconi di silenzio.
(da Poesie, Mondadori, 1998 - Traduzione di Giuseppe Bevilacqua)
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L’occhio di Paul Celan indaga – dopo Auschwitz - la condizione di sofferenza e compie una ricerca della realtà attraverso frammenti, puri segni grafici che si presentano come indizi, quasi come spezzoni di un film espressionista. È il tentativo del poeta di ritrovare l’uso delle parole attraverso la grata che le reclude, di recuperarle dopo la deportazione cui sono state sottoposte.
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VLADIMIR KUSH, "ECLISSE"
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LA FRASE DEL GIORNO
La poesia, essendo una manifestazione della lingua, e perciò per sua essenza dialogica, può essere un messaggio nella bottiglia, lanciato nella fiducia, certo non sorretta da ferma speranza, che la corrente la spinga comunque in qualche luogo, ad una terra; terra del cuore forse.
PAUL CELAN
Paul Celan, nato Paul Antschel (Cernauți, 23 novembre 1920 – Parigi, 20 aprile 1970), poeta rumeno di origine ebraica, nato nel capoluogo della Bucovina settentrionale, oggi parte dell'Ucraina. Tormentato da crisi di angoscia, dopo numerosi ricoveri in cliniche psichiatriche, si uccise gettandosi nella Senna.
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