sabato 6 dicembre 2008

Quel turco di Babbo Natale


Babbo Natale, per gli anglosassoni Santa Claus, non è come vuole una leggenda metropolitana il parto dei pubblicitari della Coca Cola negli Anni Trenta che portò alle famose immagini di Haddon Sundbloom riprodotte ovunque: non è in effetti altri che San Nicola, di cui oggi ricorre la venerazione.

Per inciso, la Coca Cola non fece altro che appropriarsi a fini promozionali della poesia di un oscuro autore newyorkese, "La notte di Natale", scritta nel 1823: San Nicola vi è raffigurato come un uomo tarchiato dagli occhi scintillanti e dalla barba bianca, con dei vestiti rossi bordati di pelliccia e lucidi stivali neri. La fantasia di un illustratore, Thomas Nast, creò l'immagine iconografica tuttora in auge. L'idea dello scrittore portò invece a spostare la tradizionale venuta di Santa Claus dal 6 dicembre al 25.

Dunque, spazzato via l'equivoco, la slitta con conseguente serie di renne e di casa in Lapponia, a Rovaniemi per la precisione, Babbo Natale è San Nicola, che fu vescovo di Mira, città della Turchia identificata con l'odierna Demre. Il santo era un taumaturgo, ovvero compiva miracolose guarigioni, spesso di bambini. La sua figura si fuse qua e là nell'Europa con miti antichi ed oscuri, come lo "Spazzacamino" tedesco, e adottandone altri in qualità di assistenti, ad esempio i folletti o il truce "Pietro il Nero" olandese o il "Cavalier Rupprecht", un uomo dalla faccia paurosa tinta di nero.

Il San Nicola più tradizionale, quello che si attaglia in maniera più precisa, è il Saint Nicholas svizzero, abbigliato come un vescovo con lunga veste bianca, mantello rosso, cappello a punta e bastone pastorale. Il Père Noël francese è una via di mezzo tra San Nicola e Babbo Natale: alto e magro, ha una veste vescovile rossa, copricapo di pelo e rumorosi zoccoli di legno.

Che sia un ciccione vestito di rosso, un vescovo che si circonda di personaggi inquietanti, una bambina con una corona di luci, una vecchietta che vola a cavallo di una scopa o Gesù Bambino, si può concludere che, se ci sono tanti modi di rappresentare un simbolo, unico e comune a tutto il mondo è il gesto d'affetto, il dono.




Sandi Gore Evans, "Tis the season to be Jolly"




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LA FRASE DEL GIORNO
Qualche bambino affacciato per caso alla finestra si metteva a gridare: «Mamma! Mamma! Guarda! C'è Babbo Natale che arriva!» E lungo il suo itinerario i cuori all'improvviso si sentivano lieti, gli uomini perdonavano agli uomini, gli occhi inesplicabilmente si riempivano di tenero pianto, vecchi esosi usurai sentivano nel petto qualcosa di strano come non avevano mai provato.
DINO BUZZATI, Il panettone non bastò

2 commenti:

Luciana Bianchi Cavalleri ha detto...

San Nicolò, Santa Claus, Babbo Natale...sempre bello, sognare e ritornare un po' bambini...

DR ha detto...

Sì, è quello che si è detto a proposito di Gozzano e del "bambino che è in noi": credo sia il modo più semplice di trascendere il tempo, di lasciarsi portare sulle onde del passato. Ricordo sempre con nostalgia i Natali passati - a differenza di quel taccagno di Ebenezer Scrooge del "Canto di Natale" di Dickens. Ed evidentemente è un sentimento molto diffuso... La frase di Buzzati che ho posto alla fine è un po' il condensato di tutta questa atmosfera.