Lunedì scorso è morto a Milano lo scrittore Giorgio Soavi. Era nato a Broni, nell'Oltrepò pavese nel 1923. Collaborò per anni alla terza pagina del Giornale di Indro Montanelli con la sua scrittura di raffinato osservatore della realtà, che venava di ironia, sempre in maniera garbata.
La sua passione principale però erano le arti figurative, soprattutto dell'amico Alberto Giacometti, scultore svizzero. La sua sensibilità lo portò a tracciare con le parole i ritratti di grandi artisti contemporanei: Giorgio De Chirico, Francis Bacon, Balthus, Velly. Un esempio del suo stile è questa descrizione dello studio di Giacometti:
"L'ultima volta che ho dato un'occhiata allo studio di Giacometti a Parigi per poter guardare avevo messo una sull'altra delle cassette di birra trovate per strada e di lassù, guardando in quella stanzetta ormai vuota avevo visto posato su un piccolo tavolino un bouquet di fiori che un'ammiratrice aveva messo là. Erano i fiori, le ossa, i fili, i rammendi, la siepe d'aria, l'imbastitura dei suoi disegni. Non erano fiori qualsiasi, perché si erano immedesimati in lui".
Le poesie si concentrano in tre raccolte: "La moglie che dorme" del 1963, "Poesie per noi due" del 1972 e "Femminile" del 2002. La sua poetica ironica e scanzonata è chiara in questo testo:
NOVITÀ DEL GIORNO D'OGGI
Ho parlato con Dante
il quale mi ha giurato
che Beatrice non è mai esistita.
Ho sentito, al telefono, Petrarca,
il quale, sotto giuramento,
dice che Laura non si è vista mai.
Ma tu ci sei.
Perché mi togli il sonno,
o ti lamenti per il mal di gola.
E quando, piena di raffreddore,
vorresti delle mele,
dici: abore, portami delle bele.
Quindi esisti, perché si ride:
anzi: si scoppia a ridere
coniugando la emme di amore
che diventa abore:
tu sei il nuovo alfabeto italiano,
tu sei la risata intorno ai tuoi dolori,
alla tua febbre, al tuo gran bale.
(da "Femminile", 2002)
La sua opera narrativa più riuscita è "Un banco di nebbia" del 1955, che disegna un bozzetto del Ventennio fascista: "La storia di chi, vivendo in modo incolpevole e felice, può trovarsi da una parte sbagliata o colpevole" come definì egli stesso l'opera. Il fascismo resta però sullo sfondo, è un'atmosfera nella quale cresce il protagonista - e Soavi era un ventenne ai tempi di Salò e racconta la guerra "dall'altra parte". La presa di coscienza si fonde con il bisogno di evadere dalla provincia, che confluirà poi nell'intramontabile sogno americano.
La sua capacità di cogliere l'essenza di una persona, affinata con i "medaglioni" sugli artisti, gli ha consentito di scrivere due importanti biografie: quella di Adriano Olivetti, "Una sorpresa italiana" gli valse nel 2002 il Premio Biella Letteratura e Industria; quella dell'amico Indro Montanelli, "Due complici che si sono divertiti a vivere e a scrivere" è un omaggio che mette in risalto anche la vita privata del grande giornalista. Nella poliedrica opera di Soavi va segnalata anche una curiosa collaborazione, "Lettere d'amore sulla bellezza", romanzo epistolare scritto a quattro mani con Vittorio Gassman.
Giorgio Soavi - Immagine da Il Giornale dell'Arte
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LA FRASE DEL GIORNO
Italiani, così ingenui, immaturi, proprio come popolo. Intendi? Vogliono soprattutto l'ordine e credono di riceverlo dalle categorie che stanno sotto di loro, glielo dovrebbe mandare il Signore attraverso le sue mani, bello e fatto. Hanno capito che per averlo bisogna combattere e allora rinunciano. Preferiscono ogni sorta di compromesso, fosse anche Gesù, ma non sono mai in piena luce, come dovrebbero stare i fanatici.
GIORGIO SOAVI, Com'erano loro
Giorgio Soavi (Broni, 26 novembre 1923 – Milano, 1º dicembre 2008), scrittore, poeta e giornalista italiano. È noto soprattutto come ironico narratore delle debolezze e dei peccati della borghesia (Le spalle coperte, 1951; Un banco di nebbia, 1955; Virus, 1967; Il Conte, 1983; Passioni, 1993).
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