Dopo il “maggio francese” il socialismo dal volto umano conobbe un altro lato: nella notte tra il 20 e 21 agosto 1968 l’Unione Sovietica usò l’opzione militare per stroncare la “primavera” di Praga. Dall’inizio dell’anno il governo Dubcek aveva instaurato riforme che non alteravano il sistema di stato-satellite di Mosca, ma che garantivano libertà di stampa e di espressione e la possibilità futura di un pluralismo partitico.
Quella notte di tarda estate, 600.000 soldati sovietici e 7.000 veicoli corazzati invasero la Cecoslovacchia mentre l’esercito nazionale era stato strategicamente schierato al confine tedesco-orientale su ordine del Patto di Varsavia. I comunisti riformisti tentarono invano di resistere all’ala stalinista e di promulgare comunque le riforme: Mosca li sostituì con una nuova dirigenza paranoica, fedele all’U.R.S.S., ben rappresentata in tanti romanzi di Milan Kundera, scrittore ceco che dovette subire i soprusi del regime.
La popolazione ceca lottò e scoprì l’allegria dello stare insieme: ragazze baciavano passanti sconosciuti davanti ai soldati dell’Armata Rossa, molti cercavano di fotografare quello che stava accadendo per fare poi arrivare le immagini in Occidente.
Milan Kundera in “L’insostenibile leggerezza dell’essere” scrive: “I fotografi e gli operatori cechi capirono che proprio loro potevano fare l’unica cosa che si potesse ancora fare: conservare per un lontano futuro l’immagine di una violenza. […] L’invasione russa non fu solo una tragedia, fu anche una festa dell‘odio piena di una strana euforia che nessuno riuscirà mai a spiegare”.
Quell’euforia non era altro che la voglia di libertà.
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LA FRASE DEL GIORNO
La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia: anche la ghigliottina.
MILAN KUNDERA, Il libro del riso e dell’oblio
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