martedì 31 dicembre 2024

Bagliori per guidare l’anno nuovo


CAROL ANN DUFFY

ANNO NUOVO

Butto l'anno che muore alle mie spalle come uno scialle
e lo lascio cadere. Fuochi d’artificio impellenti si scagliano
contro la notte, fiori di desiderio, impeto d’amore.
Dallo spazio attorno a me, stando qui, do forma
al tuo corpo assente addosso al mio. Mi tocchi come aria benevola.

Più che lontano, più che vicino, le tue braccia sono tenebre, mi stringono,
così mi appoggio, leggo il labiale dei cieli che parlano in luminose,
sillabe stellate. Vedo, alla fine, ci pregano. Il tuo respiro
è di mezzanotte, vivo, sulla mia pelle, per tutte le miglia tra di noi,
campi e autostrade e città, i milioni di casette illuminate.

Questo nostro amore, dolore all'inverso, rima piena, posto sbagliato,
tempo sbagliato, dolce lavoro per le mani, vocazione del cuore, bagliori
per guidare l'anno nuovo, i giorni e le notti remoti su per lo scuro mare
del cielo. Ora la tua bocca è neve sulle mie labbra, fredda, intima, primo bacio,
un voto. Il tempo cade e sprofonda nello spazio infinito, verso quando noi siamo.

(da Poesie d'amore, Crocetti, 2024 - Traduzione di Floriana Marinzuli e Bernardino Nera)

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Nelle feste gli innamorati lontani sentono maggiormente questa distanza: l'amore della poetessa scozzese Carol Ann Duffy è intimo, ma parla dall'infinito, l'abbraccio dell'amata lontana è quello delle stelle, della neve e nella notte che passa dall'ultimo giorno dell'anno all'alba del nuovo, segue il tragitto dei fuochi d'artificio verso il domani, verso quel tempo "quando noi siamo".

Amiche e Amici lettori del Canto delle Sirene, vi giungano i miei auguri per un 2025 di serenità e poesia...

Buon anno!.


FOTOGRAFIA © CIRCE DENYER/PDP

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Il nuovo anno è davanti a noi, come un capitolo di un libro, in attesa di essere scritto. Possiamo contribuire a scrivere quella storia fissando degli obiettivi.
MELODY BEATTIE, Il linguaggio del lasciar andare

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Carol Ann Duffy (Glasgow, 23 dicembre 1955), poetessa e drammaturga scozzese, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009 Poeta Laureato del Regno Unito. Nelle sue poesie dà spesso voce a personaggi di outsiders.


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STATISTICHE DEL CANTO DELLE SIRENE PER L’ANNO 2024


VISITE: 138.258 (+0,17%)

IMPRESSIONI TOTALI: 1.840.000 (+4,55%)

VISUALIZZAZIONI: 619.947 (+14,22%)

TEMPO MEDIO SUL SITO: 2:25 (+27,2%)


LE DIECI PRINCIPALI CHIAVI DI RICERCA
(escludendo “Il canto delle sirene” e simili):

la guardiana del tramonto
ipse valere opto
scordato strumento cuore
mi sono rivolto mi sono voltato indietro
scioglilingua tacchi
si chiamava mohammed sceab
haiku autunno
ho scorto uno per uno negli occhi i miei assassini
ildegarda di bingen poesie
l’isola non trovata gozzano


RECORD DI VISITE: 683, il 28 marzo)
(il più basso 184 il 3 agosto)


I POST PIÙ LETTI IN ASSOLUTO NEL 2024

  1. Scordato strumento (Eugenio Montale, Corno inglese)
  2. Mi sono voltato indietro (Giorgio Caproni, Rivelazione)
  3. Guardiana del tramonto (Renata Correa Botelho, Accosto il viso alla parete)
  4. Un lungo amore (Catullo, Carme 76)
  5. L’Isola-Non-Trovata (Guido Gozzano, La più bella)
  6. La stringi tra le braccia (Gabriel Ferrater, Fede)
  7. Si chiamava Moammed Sceab (Giuseppe Ungaretti, In memoria)
  8. Montale, il vento e le bandiere (Eugenio Montale, Altri versi: Vento e bandiere)
  9. Il bimbo e la mela (Guido Gozzano, Parabola)
  10. Il Cigno di Mallarmé (Stéphane Mallarmé, Il vergine, il vivace, il bell'oggi)

I POST PIÙ LETTI TRA QUELLI SCRITTI NEL 2024
  1. Un museo di apicoltura (Adam Zagajewski, La visita)
  2. Al limitare del bosco (Giorgio Caproni, Su un vecchio appunto)
  3. Anche lei era come il mare (Titos Patrikios, Come il mare)
  4. Mohamed Ghozzi
  5. Un arduo vetro (Jorge Luis Borges, Spinoza)
  6. Un Artemidoro (Konstantinos Kavafis, Le Idi di marzo)
  7. Poesie per novembre XI
  8. Guy Goffette
  9. Poesie per ottobre XI
  10. Tre mondi (Nikifòros Vrettàkos, Il giardino verde)

lunedì 30 dicembre 2024

Il dono dell’ebbrezza


AMALIA BAUTISTA

BRINDISI

Rallegrati con me, festeggiamo la fortuna
di condividere una città e un secolo,
la benedizione del sole dorato di questo inverno,
la birra e la sua schiuma sulle nostre labbra.

Brindiamo contro il tempo delle oscure minacce,
tocchiamoci con audacia, ridiamo compiaciuti,
evochiamo i mostri del dolore e della colpa,
mettiamo a tacere la nostra immensa solitudine.
Possa il dono dell'ebbrezza bagnarci a mezzogiorno.

(da Tre desideri, 2006)

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Il tempo scorre e lascia i suoi fondi, accumula i suoi depositi anche nell'intimità - e ce ne accorgiamo maggiormente alla fine di un anno, quando ne redigiamo il bilancio e ci troviamo a fare i conti con le "oscure minacce", con "i mostri del dolore e della colpa", come nota la poetessa spagnola Amalia Bautista. Ma basta quel brindisi ad avvicinare i calici, a cogliere il bagliore fugace del presente nel "dono dell'ebbrezza", che qui è un chiaro omaggio al poeta Claudio Rodríguez, autore di una raccolta del 1953 intitolata proprio così.

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FOTOGRAFIA © SPLITSHIRE/PEXELS

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Ogni giorno mi dico, sussurrando, / mantieni il tuo equilibrio.
AMALIA BAUTISTA, Fili di seta

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Amalia Bautista (Madrid, 1962) è una poetessa spagnola. Laureata in Scienze dell’Informazione. Con un linguaggio colloquiale esprime una profonda ansia di assoluto, intesa come amore, soprattutto su temi erotici, dove indaga la passione e l’emozione.


domenica 29 dicembre 2024

Il vento parla


RAFAEL CADENAS

PER LA VIA

Il vento parla
la sua lingua di tende.
Forse oggi non vuole che stia a leggere
ma che mi tolga la smorfia dalla faccia
e mi rallegri.

(da Lettera aperta in risposta, Einaudi, 2024 – Traduzione di Laura Pugno)

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"Riassumo il nocciolo di ciò che penso: l'ordinario è, se si guarda da vicino, straordinario, ma poiché ci aspettiamo qualcosa di grande, svalutiamo il comune. A volte non lo vediamo nemmeno. Tutto questo l'ho imparato leggendo, più che attraverso le esperienze; questi, per consuetudine, costano di più. Per averli dobbiamo diventare come bambini": il poeta venezuelano Rafael Cadenas sa che a volte è necessario abbandonarsi, accorgersi che il giorno scorra e coglierlo, secondo l'insegnamento oraziano.

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ANDREW WYETH, "VENTO DAL MARE"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Chiamo Santa Teresa un'insegnante Zen perché quando lascia il suo percorso cattolico, ha detti che rientrano molto in quella corrente buddista. Ti citerò questo: “devi prendere con gioia sia il gustoso che l'amaro”.
RAFAEL CADENAS, El País, 28  marzo 2021 

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Rafael Cadenas (Barquisimeto, 8 aprile 1930), poeta, saggista e docente universitario venezuelano. Fece parte del gruppo «Tavola Rotonda. Dotato di una raffinata sensibilità poetica, ha creato un’opera vincolata al pensiero filosofico.


sabato 28 dicembre 2024

Un cielo di memoria


PIERO BIGONGIARI

ASSENTE DAL PASSATO

Porte di spazio perduto
e luce di tempo che non tiene,
e voi fantasmi al tristemente muto
ricordo che non viene.
Un cielo di memoria ha lacrimato
sulla piena baldoria, ora è mancato
un attimo, e per quello sei entrato
trionfatore assente dal passato.
O assente per sempre? Dal futuro
i fiori sono morti, ormai è seccato
nei vitrei boccali il brindisi, la rissa
dei battimani non ti ha ridestato.

(da La figlia di Babilonia, Parenti, 1942)

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Nella poetica di Piero Bigongiari l'assenza, come sottolinea Giancarlo Quiriconi, “si prospetta in sé come evento assolutizzante, che non rimanda ad altro che a se stesso, e si inscrive in una sorta di cerchio perfetto, dal tu al tu attraverso i riflessi che provoca nell'io”. E dunque, se l'evento metafisico è già lì, anche il corso del tempo assume una sua circolarità unendo al futuro la memoria con i suoi fantasmi e i suoi assenti.

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RENÉ MAGRITTE, "UN AMICO DELL'ORDINE"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Mente / dolcemente così la verità. / È così serio il gioco. Si dilata / come un impasto lievitato ciò / che contiene in sé d’altro.
PIERO BIGONGIARI, La legge e la leggenda

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Piero Bigongiari (Navacchio, 15 ottobre 1914 – Firenze, 7 ottobre 1997), poeta e critico letterario italiano. Insegnò storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze. È considerato esponente di un ermetismo purista in cui dominano metafisicamente il tema dell’assenza, un forte anelito religioso e la trasfigurazione simbolica della realtà.


venerdì 27 dicembre 2024

Il modo di chiamarci


ALFONSO GATTO

IN QUELL'INVERNO

Dicevi: basterebbe restasse tra noi
il modo di chiamarci, il modo di tacere.
Dicevi: tornerà quest’ansia di stare insieme
in ascolto di noi come del vento,
passerà il bicchiere di mano in mano…

Ora la vita non ha più contento,
nel dividerci ognuno alla sua via
che lo porta lontano.

Non è rimasto nulla, la memoria
a volte accende il fuoco, chiama le ombre
a sedere, a tacere in quell’inverno.

(da La storia delle vittime, Mondadori, 1966)

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Quell'inverno che Alfonso Gatto evoca è un inverno lontano, un periodo che resta nella memoria e talora riaccende le sue braci. Ma, ahimè, il fuoco non riesce più a divampare, soffocato dagli anni di separazione, dalla lontananza: è solamente un fumo dove si trascinano le stanche ombre del ricordo.

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FOTOGRAFIA © RAWPIXEL

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Che senso, dimmi, ha il numero degli anni? / Puoi chiederlo, ma vedi sul mio volto / passare l'ombra rapida, nei chiari  / occhi che se ne sgombrano stupiti.
ALFONSO GATTO, La storia delle vittime

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Alfonso Gatto (Salerno, 17 luglio 1909 – Orbetello, 8 marzo 1976), poeta e scrittore italiano. Ermetico, ma di confine, giornalista e pittore, insegnante di Letteratura all'Accademia di Belle Arti, collaboratore di “Campo di Marte”, la sua poesia è caratterizzata da un senso di morte che si intreccia al vivere.


giovedì 26 dicembre 2024

Ondate


MARIA LUISA SPAZIANI

LA FATICA INUTILE

Giunse a contare, Anassagora il Saggio,
trecento stelle nella notte più oscura.
Un suo seguace ne contò duemila.
Qualche secolo dopo un altro astronomo,
Arcesilao, centuplicò quel numero
ma corse all’Akademia e scoppiò in lacrime:
“Nessun calcolo umano le contiene”.

E oggi lo Sri Lanka, l’Indonesia,
piangono quell’angoscia dell’abisso.
I morti risucchiati dalle ondate
non li contiamo più, fatica inutile.
Impotenti computer, telescopi.
Quante fosse comuni, quanti roghi,
– come le stelle – smettiamo di chiederci.

(da Poesia, 191 - Febbraio 2005)

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Il 26 dicembre del 2004 si verificò uno dei più catastrofici eventi naturali dell'epoca contemporanea: un terremoto con conseguente maremoto colpì una vasta fascia dell'Oceano Indiano causando 230.210 morti, 500.000 feriti e 20.000 dispersi in Indonesia, Thailandia, Myanmar, India, Sri Lanka, Bangladesh, Maldive, Seychelles, arrivando a interessare anche Somalia, Kenya, Tanzania, Madagascar e Sudafrica. Le notizie della catastrofe iniziarono ad arrivare alle tavole imbandite per Santo Stefano e colpì molto la coincidenza tra quel tempo di festa e quel tempo di tragedia. Mario Luzi scrisse che "È impossibile non disorientarci e mantenere le proprie elementari certezze al cospetto di carneficine e devastazioni che superano la nostra capacità di misurarle e di comprenderle, per non dire poi della nostra sopportazione. Siamo oltre il suo limite, non sopportiamo, subiamo". Maria Luisa Spaziani, come altri poeti in tutto il mondo, scrisse questi versi, rimanendo turbata dallo smisurato numero di vittime.

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LO TSUNAMI DEL 26 DICEMBRE 2004 SI ABBATTE SULLA THAILANDIA

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Ahimè, Tsunami, sei tutta / un’altra cosa. / Alito feroce della terra / sfuggito alla ronda celeste.
ARNALDO EDERLE




Maria Luisa Spaziani (Torino, 7 dicembre 1922 – Roma, 30 giugno 2014), poetessa italiana formatasi nel clima postermetico di chiara ascendenza montaliana. La sua poesia è venuta via via distendendosi dal mottetto o epigramma a forme narrativo-discorsive.


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mercoledì 25 dicembre 2024

Bimbo che dormi


SALVADOR ESPRIU

PREGHIERA DI NATALE

Guarda come vengo attraverso la notte
del mio popolo, del mondo, senza canti
né sogni, ormai, a mani vuote:
ti porto solo il mio gran grido.

Bimbo che dormi, non l'hai sentito?
Svegliati con me, guidami la paura
di viandante, questo dolore
di occhi di cieco in mezzo alla notte.

(da Il viandante e il muro,  in Linea d'Ombra, n. 29, 1988 - Traduzione di Alberto Cristofori)

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Cosa suggerisce il Natale alla gente moderna, a quella del XX secolo - come Salvador Espriu, poeta catalano che scrisse questi versi in occasione della Natività 1963 - a noi che viviamo questo tormentato e vacuo XXI secolo? Cosa significa festeggiare il Natale nelle nostre solitudini, nelle nostre famiglie, nella nostra società profondamente cambiata? Al di là dell'effimera opulenza di luci delle nostre città, che cosa rimane del messaggio di quel Bimbo che dorme nella notte di Natale?

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IMMAGINE © GERALT/PIXABAY

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Sotto il notturno nembo del Natale / ecco una luce che non ha l'eguale.
CARLO BETOCCHI, L'estate di San Martino




Salvador Espriu i Castelló (Santa Coloma de Farners, 10 luglio 1913 - Barcellona, ​​22 febbraio 1985 ), poeta, drammaturgo e romanziere catalano, considerato uno degli innovatori della prosa catalana con le formule del Noucentisme.  La sua poesia si distingue per la natura ermetica e simbolica.


martedì 24 dicembre 2024

Natale ferroviario


ANDRÉ FRÉNAUD

NATALE FERROVIARIO

San Giuseppe non aveva mai visto locomotiva
e aveva paura di perdere i biglietti.
Era una sera di grandi partenze,
la stazione febbrile di folla e di fischi, di luci.
Giunti troppo presto, si erano gingillati al buffet…
Non avevano prenotato i posti,
e ci fu anche chi disse che avevano sbagliato treno.

Nessuno ad augurargli buon viaggio.
Gli amici non erano stati avvertiti.
Vomitando fumo giallo e turchino come un drago,
il treno cambiava binario agli scambi,
e ancora cambia, va più svelto, va.
Scompaiono i sobborghi ed i segnali.

In piedi nel corridoio. Chi avrà compassione
di una donna incinta e così bella e che geme?

Nello scompartimento vicino alcuni zeloti
s’accapigliarono spartendosi le provviste.
Dei richiamati facevano i finti tonti.
Un pubblicano tronfio di esose esazioni
e la sua signora, una nera bellissima,
occupavano i posti d’angolo sul corridoio.
Un gran sacerdote faceva finta di leggere.

Un treno passa fragoroso e il bambino
già ne sbigottisce nella notte materna.
Via dritti per la grande distesa,
nevica, piove, che importa,
fa caldo fin sui ponti rumoreggianti
quando rinfresca l’aria il fiume attraversato.
Già il tempo s’addormenta e le città diradano.
Foreste son superate e borghi, la valle rimonta.
Alle stazioni sconosciute le sbarre
s’abbassano e si rialzano nella campagna
arrotondata di lassù dalla volta stellata.
Il canto degli angeli attutito dalle nuvole
non ce la fa a trapassare i boati del vagone.
La Vergine chiude gli occhi contro il vetro, vede.

— Tutti scendono — Albeggia.
San Giuseppe ha radunato le valigie.
Il ferroviere apre gli sportelli.
Sul marciapiede l’asino e il bue
sono pronti e già parlottano.
“Ah, dice Maria, umilmente,
è qui che ha da compiersi la parola”.

(da Il silenzio di Genova e altre poesie, Einaudi, 1967 – Traduzione di Giorgio Caproni)

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Il poeta francese André Frénaud attualizza la vicenda di San Giuseppe e di Maria: se nel Vangelo di Luca, Giuseppe si reca a Betlemme a dorso di asino con la sua sposa incinta a farsi registrare per il censimento, qui si trovano in una stazione febbrile e caotica, un moderno caravanserraglio dove, ugualmente sembra che "non c'era posto per loro", e in un viaggio sconcertante che li porterà inevitabilmente al luogo dove "ha da compiersi la parola".

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IMMAGINE GENERATA CON INTELLIGENZA ARTIFICIALE

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Così / li aveva fatti / ben dentro il plasma umano / flagrando / quella profetizzata / e temuta natività / che essi vedevano e adoravano / perduti /nella raggiante oscurità.
MARIO LUZI, Frasi e incisi di un canto salutare

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André Frénaud (Montceau-les-Mines, 26 luglio 1907 – Parigi, 21 giugno 1993),  poeta francese. La sua poesia è classicheggiante, ma improntata spesso a una segreta negligenza espressiva. Evitando la retorica, mira a esprimere la ricerca dell'assoluto, l'unità e la complessità del mondo, il mistero dell'uomo su questa terra.


lunedì 23 dicembre 2024

Un tenue lume


DIEGO VALERI

L’AVE

La campana ha suonato
e l'Angelo è venuto.
Lieve lieve ha sfiorato
con l'ala di velluto

il povero paese;
v'ha sparso un tenue lume
di perla e di turchese
e un palpito di piume;

ha posato i dolci occhi
sulle più oscure soglie...
Poi, con gli ultimi tocchi
cullàti come foglie

dal vento della sera,
se n'è volato via:
a portar la preghiera
degli umili a Maria.

(da Poesie vecchie e nuove, Mondadori, 1930)

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I grandi chef stellati dicono che la semplicità paga solo quando è perfetta. Il rischio della semplicità è naturalmente l’ingenuità. Ma Diego Valeri con i suoi giochi di rime e i suoi paesaggi naturali percorre un’altra via: la sua semplicità è una propagazione della coscienza, un diffondere tutto intorno il respiro dell’anima come quel suono di campane che porta la sera e spande tutt’intorno il messaggio dell’angelo.

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WILLIAM SAUNDERS, "CHIESA DI CAMPAGNA"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Angelo. Forse / t'ho per sempre perduto. O forse splendi / ancora, senza forma, nella vuota / aria d'intorno; sei la poca luce / che ancora dura…
DIEGO VALERI, Metamorfosi dell’Angelo

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Diego Valeri (Piove di Sacco, 25 gennaio 1887 – Roma, 27 novembre 1976), poeta, traduttore e accademico italiano, fu ordinario di Letteratura Francese all’Università di Padova per oltre vent’anni, tranne nel periodo 1943-45 quando riparò in Svizzera come rifugiato politico.


domenica 22 dicembre 2024

Un muro in inverno


CÉSAR SIMÓN

SOBBORGO

L'anima è un muro
in inverno.

Vaghi pensieri, ombre
di panni, che il vento scuote.

Un freddo logorarsi, il sole
dentro.

(da Erosione, 1971)

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Il muro, le ombre, il vento e il sole: quattro elementi esterni che il poeta spagnolo César Simón interiorizza facendo proprio il paesaggio asciutto di un inverno in periferia, giustapponendolo agli stati d'animo in una dialettica tra dentro e fuori, tra intimo e cosmico.

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ALEXIS LAVINE, “DANZA SUL FILO”

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Sì, il mistero non ci lascia, viene a noi. La nostra ombra è misteriosa, la nostra ombra, che si staglia sul pavimento di una stanza soleggiata, col sole pomeridiano, una stanza di una casa che dà sulla campagna…
CÉSAR SIMÓN, In nome del nulla




César Simón (Valencia, 16 agosto 1932 - 11 dicembre 1997), poeta e scrittore spagnolo. La sua opera Simón appartiene cronologicamente alla cosiddetta "generazione del secondo dopoguerra" e  presenta uno stile di scrittura austero e uno sguardo profondo nell'analizzare ciò che trascende il quotidiano.


sabato 21 dicembre 2024

Il primo giorno d’inverno


LAURA LUSH

IL PRIMO GIORNO D'INVERNO

Il primo giorno d'inverno,
la terra si risveglia alla sua stessa carezza gelida.
La neve non ha altra scelta
che cadere, lasciandosi andare all'improvviso
sopra i piccoli gnomi dei cespugli, sugli alberi che si svuotano.
La neve restituisce bellezza a ciò che è avvizzito e denutrito,
al desiderio di morte della natura e al modo deliberato
che ha l’inverno di insistere nientemeno che sulla deferenza.
Aspettando tutta la sua vita, la neve dice: Lascia che ti copra.

(da Il primo giorno d'inverno, 2003)

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Con il solstizio - oggi alle 10.20 - entriamo ufficialmente nell'inverno, anche se quello meteorologico si è già installato all'inizio di dicembre. È tempo, come ci ricorda la poetessa canadese Laura Lush, di avere cuori grati per abbracciare la bellezza dell'inverno, per riflettere e riposare, in attesa di una nuova primavera, annunciata dalla luce che d'ora in avanti, sera dopo sera, sarà sempre di più, un passettino alla volta.

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FOTOGRAFIA © LARISA KOSHKINA/PDP

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   LA FRASE DEL GIORNO   

In inverno ammiriamo il fascino della solenne maestosità e della nuda grandezza.
JAMES ELLIS

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Laura Lush (Brantford, 1959),  poetessa e scrittrice di racconti canadese. È particolarmente nota per il suo libro di poesie Città natale (1991), che è stato finalista per il Governor General's Award. Da allora ha pubblicato le raccolte di poesie Linea di faglia (1998), Il primo giorno d'inverno (2002) e Carapace (2011).


venerdì 20 dicembre 2024

Lune grandi e giorni piccoli


ÁNGEL GONZÁLEZ

L'INVERNO

L’inverno
delle lune grandi e dei giorni piccoli
è alle porte. Tanto tempo fa
ero bambino e nevicava tanto,
tanto. Lo ricordo
vedendo la terra nera che riposa,
appena illuminata dal ghiaccio
di una pozzanghera.
È incredibile: ma tutto ciò
che oggi è terra addormentata al freddo,
domani sarà grano
al vento. E papaveri
rossi. E tralci...
Senza speranza:
la terra di Castiglia attende
- i fiumi crescono -
con convinzione.

(da Parola dopo parola, 1965)

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I versi del poeta spagnolo Ángel González inneggiano a un altro inverno che arriva, un altro periodo di riposo vegetativo in cui la terra che sembra desolata e disperata in realtà sta ricaricando le batterie per tornare a risplendere nel nuovo verde di primavera. Come in tutte le cose umane e come recita saggiamente il Qoelet: "Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo".

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FOTOGRAFIA © ARTEM MELETOV/PEXELS

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Molti dei fenomeni dell'inverno sono suggestivi di una tenerezza inesprimibile e di una delicatezza fragile. Siamo abituati a sentire questo re descritto come un tiranno rozzo e chiassoso; ma con la gentilezza di un amante adorna le chiome dell'estate.
HENRY DAVID THOREAU, Walden

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Ángel González Muñiz (Oviedo, 6 settembre 1925 – Madrid, 12  gennaio 2008), poeta spagnolo della Generazione del ‘50. Premio Principe delle Asturie nel 1985 e Premio Regina Sofia nel 1996. La sua opera mescola intimismo e poesia sociale con un tocco ironico. Il passare del tempo, l’amore e la civilizzazione sono i suoi temi ricorrenti, giocati su toni di un’ottimistica malinconia.


giovedì 19 dicembre 2024

Centenario di Alexandre O’Neill


Alexandre O'Neill, poeta portoghese di discendenza irlandese, nacque il 19 dicembre 1924 a Lisbona. Fondatore del movimento surrealista lusitano con Cesariny e Domingues, nelle sue poesie combina un atteggiamento di avanguardia vicino al concretismo con l''influenza della tradizione letteraria del Portogallo. I suoi giochi di parole pongono in risalto il lato surreale del vivere e sferzano il paese e i suoi abitanti con una satira intensa, distruggendo l'immagine neorealista del proletariato e contrapponendovi la meschinità e il dolore della vita quotidiana, con l'umorismo e l'ironia come unici mezzi a disposizione per contrastarli.

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FOTOGRAFIA © TERESA PATRÍCIO GOUVEIA

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CANZONE

Che esca l’ultima stella
dall’avarizia della notte
e la speranza venga a bruciare
venga a bruciare nel nostro petto

E anche i fiumi escano
dalla pazienza della terra
È nel mare che l’avventura
ha le sponde che merita

E escano tutti i soli
imputriditi nel cielo
di quelli che non vollero vedere
– ma che escano in ginocchio

E che dalle mani escano gesti
di trasformazione pura
Fra il reale e il sogno
saremo noi la vertigine

(da Tempo di fantasmi, 1951 - Traduzione di Antonio Tabucchi)

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PRETESTI PER EVADERE

A una luce pericolosa come acqua
di sogno e di assalto
salendo al tuo corpo reale
ti ricordo
e sei la stessa
tenerezza quasi impossibile da sopportare.
Perciò chiudo gli occhi
(L' amore mi fa recuperare incessantemente il potere
di provocazione È così  che ti faccio ardere trionfalmente
dove e quando voglio. Mi basta chiudere gli occhi)
 
Perciò chiudo gli occhi
e invito la notte al mio letto
la invito a ridiventare commovente
familiare concreta
come un corpo decifrato di donna

E con la forma desiderata
la notte si sdraia con me
ed è la tua assenza
nuda tra le mie braccia

Sperimento un grido
contro il tuo silenzio
sperimento un silenzio
Entro ed esco
le mani pallide in tasca

Fischietto alle piccole speranze
che vengono a lambirmi le dita

Mi perdo nel tuo ritratto
ore ed ore di seguito

E al trotto della gelosia faccio il bilancio
faccio il bilancio della vita

(da Nel Regno di Danimarca, 1958 - Traduzione di Joyce Lussu)

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Altre poesie di Alexandre O’Neill sul Canto delle Sirene:

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   LA FRASE DEL GIORNO   

C'è un momento in cui, dopo aver saputo tutto, devi disimpararlo. È lo stesso con la scrittura.
ALEXANDRE O'NEILL, Una cosa così

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Alexandre Manuel Vahia de Castro O'Neill de Bulhões, (Lisbona, 19 dicembre 1924, – 21 agosto 1986), poeta portoghese. Fu tra i fondatori del gruppo surrealista del suo paese, unendo però al tipico linguaggio metaforico l’influsso sarcastico e satirico del neorealismo.


mercoledì 18 dicembre 2024

La neve cade


BORIS PASTERNAK

LA NEVE CADE

La neve cade, la neve cade.
Alle bianche stelline in tempesta
si protendono i fiori del geranio
dallo stipite della finestra.

La neve cade e ogni cosa è in subbuglio,
ogni cosa si lancia in un volo,
i gradini della nera scala,
la svolta del crocicchio.

La neve cade, la neve cade,
come se non cadessero i fiocchi,
ma in un mantello rattoppato
scendesse a terra la volta celeste.

Come se con l’aspetto d’un bislacco
dal pianerottolo in cima alle scale,
di soppiatto, giocando a rimpiattino,
scendesse il cielo dalla soffitta.

Perché la vita stringe. Non fai a tempo
a girarti dattorno, ed è Natale.
Solo un breve intervallo:
guardi, ed è l’Anno Nuovo.

Densa, densissima la neve cade.
E chi sa che il tempo non trascorra
per le stesse orme, nello stesso ritmo,
con la stessa rapidità o pigrizia,

temendo il passo con lei?
Chi sa che gli anni, l’uno dietro l’altro,
non si succedano, come la neve,
o come le parole di un poema?

La neve cade, la neve cade,
la neve cade e ogni cosa è in subbuglio:
il pedone imbiancato,
le piante sorprese,
la svolta del crocicchio.

(da Poesie, Einaudi, 1960 - Traduzione di Angelo Ripellino)

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La neve cade nei versi di Boris Pasternak, la neve cade sulla Russia, sulle sue campagne, e uniforma ogni cosa: “Solo tetti, neve e tranne / i tetti e la neve, nessuno”. Il mondo viene trasfigurato, il consueto paesaggio muta e persino il tempo scorre in una maniera diversa. Il poeta russo, davanti alla neve, medita sull’esistenza umana e sulla transitorietà del vivere.

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FOTOGRAFIA © KINKATE/PIXABAY

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Quella cosa monotona infinita / che tutto avvolge di bianchezza ondosa.
GUIDO GOZZANO, I colloqui.

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PasternakBoris Leonidovič Pasternak (Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960),  poeta e scrittore russo, è universalmente noto per il suo primo e unico romanzo, Il dottor Živago. Insignito del Nobel per la Letteratura nel 1950, fu costretto dal regime sovietico a rifiutare il premio.


martedì 17 dicembre 2024

La felce


RUSSELL EDSON

UN POMERIGGIO SOLITARIO

Poiché la felce non può andare al lavandino per bere un po' d'acqua,
mi sottometto gentilmente all'incarico,
portando due bicchieri dal lavandino.
E così ci sediamo, io e la felce, a sorseggiare acqua insieme.

Naturalmente sono più complesso di una felce,
pieno di pensieri profondi. Ma metto da parte tutto questo
per la facile compagnia di un'amicizia pomeridiana.

Non mi dispiace sorseggiare acqua con una felce, anche se,
se potessi, sfreccerei nel cielo verso Stoccolma,
sorseggiando un bloody mary con una fetta di lime.

E così ci sediamo un pomeriggio solitario sorseggiando acqua insieme.
La felce che guarda dalle sue fronde, e io, che guardo dalle mie…

(da La moglie del gallo, 2006)

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La solitudine è alla fine quello che traspare da questi versi di Russell Edson. Il poeta statunitense trova conforto nella cura e nella compagnia di una felce, in una specie di tregua dalla fatica di vivere: "Io sono colui che cammina da solo / e tutto il mondo non è che una pietra / che devo far rotolare in salita".


FOTOGRAFIA © ELLEN CHAN/PIXABAY

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Meglio lasciare che sia la poesia a pensare mentre ci preoccupiamo di quella che viene chiamata la vita personale.
RUSSELL EDSON

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Russell Edson, pseudonimo di Russell Edelstein (Manhattan, New York, 12 dicembre 1928 – Darien, Connecticut, 29 aprile 2014), poeta, romanziere, scrittore e illustratore statunitense. L'uso di creature antropomorfe e di azioni  surreali conferisce ad alcune delle sue poesie la stravaganza sostenuta dei vecchi cartoni animati della Warner Bros.


lunedì 16 dicembre 2024

Il vecchio specchio


KONSTANTINOS KAVAFIS

LO SPECCHIO DELL'INGRESSO

La casa lussuosa aveva nell’ingresso
un grande specchio molto antico;
comprato almeno ottant’anni fa.

Un ragazzo bellissimo, lavorante di un sarto
(la domenica atleta dilettante),
stava lì con un pacco. Lo consegnò
a qualcuno di casa, che rientrò
a prendere la ricevuta. Il lavorante del sarto
restò solo ad aspettare.
Si avvicinò guardandosi allo specchio,
s’aggiustò la cravatta. Cinque minuti dopo
portarono la ricevuta. La prese e se ne andò.

Ma il vecchio specchio che durante
la sua lunga esistenza aveva visto e visto
migliaia di oggetti e volti,
ora gioiva il vecchio specchio
fiero di aver accolto in sé
per pochi istanti la bellezza perfetta.

(Traduzione di Filippomaria Pontani)

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Lo specchio nell'ingresso di una casa lussuosa come in una fiaba si trasforma in un essere vivente capace di apprezzare, ammirare e deliziarsi con la bellezza. Per il poeta greco Konstantinos Kavafis quel puro riflesso della bellezza e della gioventù diventa nella memoria una perfetta gioia.

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DAVID HOCKNEY, "SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio. / Ma tu sei l'eternità, e tu sei lo specchio.
KAHLIL GIBRAN, Il Profeta

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Konstantinos Petrou Kavafis, (Alessandria d'Egitto, 29 aprile 1863 – 29 aprile 1933), poeta e giornalista greco. Pubblicò 154 poesie, spesso ispirate all'antichità ellenistica, romana e bizantina, percorre, mirando al sublime, i vari gradi di un'esperienza estetica congiunta alla pratica dell'amore omosessuale.


domenica 15 dicembre 2024

Tra il suono e il silenzio


ALBANO MARTINS

FORSE

Sì, hai detto, ma poi
hai corretto: forse. Questo
è l'unica parola
chi non ha una casa. Che vive
nell'intervallo
tra il suono e il silenzio.

(da Palinodie, palinsesti, 2006)

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Il poeta portoghese Albano Martins gioca con le parole, le analizza, le corteggia per scoprirne il significato recondito. "Forse" è certamente l'espressione del dubbio, in equilibrio tra il vuoto e il pieno, tra il silenzio e la parola stessa.

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AKIANE KRAMARIK, "DECISIONE"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Di questi tempi, in un certo senso, non so che cosa voglio; forse non voglio quel che so e voglio quel che non so.
MARSILIO FICINO

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Albano Dias Martins (Fundão, 6 agosto 1930 – Vila Nova de Gaia , 6 giugno 2018), poeta portoghese. Fu uno dei fondatori della rivista Árvore e collaboratore di Colóquio-Letras e Nova Renascença. La sua poesia mostra  una maggiore attenzione alla parola, alla ricerca di un'espressione raffinata e non discorsiva, che trova nella brevità e in un certo minimalismo nominale una forma originale.


sabato 14 dicembre 2024

Un momento tranquillo


WILLIAM STAFFORD

PERCHÉ SONO FELICE

È arrivato adesso, un momento tranquillo. Lo lascio
rotolare. C'è un lago da qualche parte
così azzurro e lontano nessuno lo possiede.
Passa il vento e un salice ascolta
con grazia.
Provo tutto questo, ogni estate. Rido
e piango per ogni giro del mondo,
ogni sua rotazione terribilmente fredda e innocente.
Quel lago resta azzurro e libero; continua
incessante.
E so dov'è.

(da Chiedimi, 1977)

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Una felicità così lontana e segreta, ben rintanata all'interno della consapevolezza di sé e della propria solitudine: il poeta statunitense William Stafford, del resto, aveva dichiarato che "Il più grande possessore di tutto è chi si guarda attorno e comprende”. Così, quel lago azzurro e lontano è dentro di noi, ed è il posto tranquillo dove ci rifugiamo.

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FOTOGRAFIA © SIMONE PH/PIXABAY

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   LA FRASE DEL GIORNO   

C'è un filo che segui. Va tra / le cose che cambiano. Ma non cambia. / Le persone si chiedono cosa stai inseguendo. / Devi spiegare il filo. / Ma è difficile per gli altri vederlo.
WILLIAM STAFFORD, Chiedimi

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William Edgar Stafford (Hutchinson, Kansas, 17 gennaio 1914 – Lake Oswego, Oregon, 28 agosto 1993), poeta statunitense. La sua scrittura, gentile e quotidiana, si concentra sull'ordinario, le sue poesie sono accessibili, a volte ingannevolmente, con un modo colloquiale che è vicino al linguaggio di ogni giorno.


venerdì 13 dicembre 2024

Amo mille eccetera


ANA MARÍA DRACK

AMO LA BELLEZZA

Amo la bellezza,
l'equilibrio, l'universo,
i grandi girasoli
di Van Gogh, gialli,
i canali scuri
di una Venezia rosa,
la luce sugli alberi
del tuo freddo paesaggio.
Adoro le magnolie
e il bizzarro unicorno,
gli efebi, Mykonos,
la magia dei giorni,
il cuore selvaggio
del Brasile verde scuro,
il suono di Cuba,
con il son e la salsa.
Amo il canto profondo,
la giava, le sonate,
quasi tutte le fughe
di Bach e Scarlatti,
Vivaldi, Mozart, Mahler,
Honegger, Stravinskij,
Ravi Shankar, I Beatles
e Chavela fuori orario.
E mi piacciono le arie
di Puccini e il canto
di qualsiasi uccello raro
A me sembra musica.
Adoro i dipinti
di Goya e Kandinskij,
di Chagall, Klee, Rubens,
Picasso, gli egizi,
i loro templi misteriosi,
le sfingi, le piramidi,
il mondo geroglifico
delle loro pareti color crema,
le città degli Inca,
gli Aztechi, i Maya,
Parigi, il quartiere latino
negli anni Sessanta,
l'esistenzialismo
di Kierkegaard, Brassens,
Piaf, Greco, le poesie
di Prévert, il mistero.
Adoro i poeti
della mia terra e la sua gente,
i cantanti liberi
quando rischiano la penna.
Amo mille eccetera,
il silenzio, il teatro
e il cinema d'essai
compreso Visconti.
E amo me stessa
e te, quando lo permetti.

(da A due a due, 1996)

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Un lungo elenco delle musiche, dei poeti, dei pittori preferiti, delle atmosfere, delle città, delle cose amate: la poetessa spagnola Ana María Drack ci guida attraverso il labirinto delle sue predilezioni per farci giungere finalmente al suo centro: "Amo me stessa, / e te, quando lo permetti".

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HARALD SLOTT MØLLER, "CHIARO DI LUNA"

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   LA FRASE DEL GIORNO   

Sono quella ragazza di cui parlava Neruda, / anche se i fiori secchi che erano tra i miei libri / si sono polverizzati in attesa di un poeta.
ANA MARÍA DRACK

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Ana María Drack (Elche, 20 settembre 1941) , cantautrice, poetessa e attrice spagnola. Iniziò come attrice nel 1968 per diventare cantautrice nel 1972. Negli anni '80 si ritirò dal canto per dedicarsi alla scrittura e pubblicare quattro raccolte poetiche tra il 1984 e il 2006.