NIKIFÒROS VRETTÀKOS
LE MANI VUOTE
“Io non ho da darti nulla”, hai detto. “
Nulla, sono vuote le mie mani”.
Ma
il cielo sopra di me, eri tu che me lo portavi.
E la città era bella quella sera.
E tutto aveva un’aria tenera e serena. E la pioggia
come luce cristallina cadeva: fine, delicata,
come dolcezza che piove sui fiori. Una treccia di seta
stillava fin dentro il mio cuore.
Ma camminavamo lenti sulla strada, perché tu
portavi pesantezza di luce, come di granito. Perché tu
avevi le mani piene. A tal punto che
riuscivi appena a sollevare il peso. A stento
potevi muovere i passi.
Perché avevi le mani
cariche di pietre tagliate dalla
latomia del sole.
Da domani
comincerò a costruire.
(da L’abisso del mondo, 1961 - Traduzione di Gilda Tentorio)
.
La poesia di Nikifòros Vrettàkos è tesa alla scoperta del mondo: attraverso l'uso dei sensi ricostruisce pezzo a pezzo l'universo. Qui interagisce camminando con una persona, forse un amico, forse lo stesso di cui scrisse "Vedo le tue mani pronte a farsi grandi / per suonarmi una canzone. Le tue mani / che hai dimenticato là dove eravamo seduti, in riva / al mare. Le tue mani che hai dimenticato / tra i fiori di campo, una mattina che eravamo seduti sull’erba". Ed è un vuoto che in realtà è un pieno, è una base su cui cominciare a edificare.
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ELABORAZIONE GRAFICA © DANIELE RIVA
LA FRASE DEL GIORNO
Che le mie parole zampillino / acqua ed erba. Zampillino vivente / silenzio e sorriso.
NIKIFÒROS VRETTÀKOS, L’abisso del mondo
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