venerdì 17 maggio 2019

Non odi l’usignolo


EUGÉNIO DE ANDRADE

POESIE SOLARI, IV


Appoggi il viso alla malinconia e nemmeno
odi l’usignolo. O è l’allodola?
Reggi male l’aria, diviso
tra la fedeltà che devi

alla terra di tua madre e all’azzurro
quasi bianco dove l’uccello si perde.
La musica, diciamo così,
è sempre stata la tua ferita ma anche

è stata esaltazione sulle dune.
Non odi l’usignolo. O l’allodola.
È dentro di te
dove tutta la musica è uccello.


(da Bianco nel bianco, 1984)

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I versi del poeta portoghese Eugénio de Andrade hanno la limpidezza del paesaggio mediterraneo, il biancore secco dei paesi del sud: ricrea un'atmosfera bruciata dall’estate, in cui si esaltano i sensi. Qui, nel sole del Fundäo, la terra dove passò l’infanzia, rievoca quel tempo come un retaggio ancestrale in cui il vento e la luce sembrano divorare ogni cosa, anche il canto dell’usignolo – o dell’allodola – che è però ben saldo nella memoria: “Scrivo per portare alla bocca / il sapore della prima / bocca che baciai tremante. / Scrivo per arrivare / alle origini. / E tornare a nascere”.

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FOTOGRAFIA © WALLUP

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LA FRASE DEL GIORNO
Respiro la terra nelle parole, / nel dorso delle parole / respiro / la pietra fresca della calce.
EUGÉNIO DE ANDRADE




Eugénio de Andrade, pseudonimo di José Fontinhas Rato (Póvoa do Atalaia, 19 gennaio 1923 – Porto, 13 giugno 2005), poeta e scrittore portoghese, tradusse García Lorca, Borges, Saffo e Ritsos. Della sua opera José Saramago disse che è una "poesia del corpo cui si arriva attraverso una depurazione continua”.

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