PIERLUIGI CAPPELLO
SERA
Le nove, la sera, e un poco il nero che ti sporca le mani
è tutta la terra passata di qui
a che ora le api vanno a dormire, pensi, ti chiedi,
premi il cavo del palmo sull’orlo del ginocchio
nel dirti senti come sono nuove le foglie
da quale maniera di essere solo sono volate
adesso guardi le cose come sono venute
come si sono fissate, quando nella tua persona
e appena pieghi la testa nel vuoto,
nella domanda a che ora le api vanno a dormire
quando sono passati il sapore di terra e le nuvole
davanti ai miei anni, insieme.
(da Assetto di volo. Poesie 1992-2005, Crocetti, 2006)
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Una sera come queste che ci avvicinano all’estate e si allungano fino a tardi, trovandoci stanchi - magari per qualche lavoro in giardino o nei campi. Una sera così è quella che racconta il poeta friulano Pierluigi Cappello, una sera di primavera in cui sostare a rimirare il tramonto ponendosi domande, giocando un po' con i pensieri e con il senso della vita.
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FOTOGRAFIA © DWS4.ME
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LA FRASE DEL GIORNO
Il futuro è quello che rimane, ciò che resta delle cose convocate nello scorrere dei volti chiamati.
PIERLUIGI CAPPELLO, Azzurro elementare
Pierluigi Cappello (Gemona del Friuli, 8 agosto 1967 – Cassacco, 1º ottobre 2017), poeta italiano. La sua vita è stata gravemente segnata da un incidente stradale occorsogli quando aveva sedici anni: dallo schianto della sua moto contro la roccia uscì con il midollo spinale reciso e una perenne immobilità. Ha scritto numerose opere, anche in lingua friulana.
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